lunedì 31 gennaio 2011

Intervista con Paola de Caro

Oggi incontriamo la Maestra Paola de Caro, una delle pochissime SiFu elette in Europa, Allieva del Maestro Alessandro Messina, fondatore della Scuola di WingTzun "Giunca Rossa".

Ci puoi dire qualcosa sulla tua vita? Quando hai iniziato a praticare Arti Marziali e perché?

Sono arrivata alle Arti Marziali (AM) per puro caso. Sono sempre stata una sportiva, ma non mi ero mai interessata di AM, finché non mi è capitato di assistere a una lezione di WingTsun (WT). È stata una folgorazione. Ho capito immediatamente che era qualcosa che funzionava nella realtà e che era adatta a me. Da quel momento non ho più lasciato il WT.

Con chi iniziasti a studiare lo stile WingTsun?

Ho iniziato a praticare il WT con il mio attuale CapoIstruttore, Sifu Alessandro Messina.

Chi sono stati i tuoi Maestri nel passato? E chi è il tuo attuale Maestro? 

Ho avuto la fortuna e l'onore di studiare con i migliori Maestri del mondo, da SiJo Leung Ting a Sifu K.K. Kernspecht, Sifu Emin Boztepe, Sifu Oliver König, Sifu Giuseppe Schembri...la lista è talmente lunga che preferisco non continuare, soprattutto per non correre il rischio di dimenticare qualcuno.

Come ci si sente ad essere una delle pochissime SiFu in Europa? 

Sinceramente non mi sono mai posta il problema. Mi fa piacere pensare che nel 2011 non si facciano più questo tipo di distinzioni.

Come si diventa SiFu nella tua Associazione? 

Il titolo viene attribuito per merito dal CapoIstruttore. Bisogna essere un buon insegnante e dimostrare capacità tanto tecniche che comunicative.

Quante ore ti alleni al giorno? Durante la settimana hai una scheda di allenamento particolare?

Faccio lezione tutti i giorni, e mi alleno con il mio Sifu, ma non seguo una "tabella di marcia" prestabilita.

Hai mai combattuto in contesti sportivi? Nel caso, che risultati hai ottenuto? 

Il wingtzun, almeno quello che pratico io, non prevede incontri sportivi. Mi è capitato di dovermi difendere da aggressioni reali, e per fortuna è finita bene per me...

Quante ore a settimana dovrebbe praticare uno studente per progredire in maniera seria? 

Cosa vuoi che ti risponda? È ovvio che più ci si allena prima e meglio si progredisce. Purtroppo siamo tutti un po' legati alla disponibilità delle sale nelle palestre e ai mille impegni quotidiani. Di solito i corsi prevedono 3 ore di lezione a settimana, che sono poche. Chi ha tempo e buona volontà fa bene a integrare più che può allenandosi da solo o con i compagni al di fuori dell'orario di palestra.

Cosa ne pensi degli altri SiFu e dei loro metodi di insegnamento, nelle altre associazioni e Famiglie di Wing Chun? 

Ho la massima stima di tutti quelli che sono stati i miei Maestri, quelli che ti ho citato e molti altri ancora.

Possiamo sapere la differenza tra il tuo WingTzun e le altre interpretazioni?

Nella Giuncarossa abbiamo cercato di tornare all'essenza di quelle che dovrebbero essere le Arti Marziali, sfrondata da logiche commerciali. Cerchiamo di dare ai nostri allievi gli strumenti per difendersi in tempi ragionevoli, spero concorderai che non possono volerci 30 anni per finire il sistema.
 
Essendo una realtà ristretta rispetto alle grandi organizzazioni, possiamo fare un lavoro importante sulla psicologia dei singoli allievi e cercare di condurli a superare limiti e paure attraverso la pratica dello stile.
Qualunque cosa se ne dica sui forum e sui blog, abbiamo una grande attenzione all'efficacia perchè vogliamo che chi lavora con noi entri in possesso di un sistema realmente adeguato alla difesa personale.

Quali sono i concetti di combattimento su cui è focalizzata la tua Scuola?

I concetti di combattimento sono comuni a tutti le scuole di Wingtzun, poi ognuno li interpreta a modo suo.

Pensi che l'allenamento di una donna debba essere diverso da quello di un uomo?

E perchè mai?

'Luk Dim Poon Kwan' e 'Bart Cham Dao' sono ritenuti attrezzi meramente tradizionali dalla vostra Scuola. Puoi chiarire bene questo punto?

Prima di tutto mi preme chiarire che non ho nessuna intenzione nè voglia di scatenare polemiche. Ognuno è libero di avere le proprie convinzioni, compresa me...spero.

La storia del wt risponde in buona parte a questa domanda.

In ogni caso noi riteniamo che le armi possano essere un'estensione del corpo, sicuramente non il contrario. C'è chi afferma che i coltelli a farfalla siano l'essenza del wt.. mi chiedo allora come mai si studino dopo decenni in tutte le grandi organizzazioni.

Ad ogni modo, ribadisco, non amo le polemiche, per cui semplicemente ti dico che chi vuole studiare le armi tradizionali del wt, non farà certo fatica a trovare scuole dove gliele insegnino.

martedì 25 gennaio 2011

[Allenamenti] Avviso: sabato 29/01/11 non c'è lezione

Per i miei ragazzi: sabato 29 gennaio non ci sarà la consueta lezione, perché ho un impegno fuori Roma. Sicuramente recupereremo le due ore perse un sabato pomeriggio, nel mese di febbraio.

domenica 23 gennaio 2011

La distanza ravvicinata del Chi Sau

La pratica del Chi Sau è stata spesso ritenuta inutile, alcune volte addirittura controproducente. Come sapete, io ho scritto diverse volte quale sia il senso di una pratica tradizionale, che possiamo ritrovare in diversi stili, con alcune varianti, ma oggi ne vorrei elogiare in maniera particolare l'ambito del corpo a corpo. Ho visto in pochissime Scuole la pratica del Chi Sau a distanza ravvicinata, eppure la possibilità di usarlo in un contesto lottatorio sono parecchie, perché ne ritroviamo l'essenza nel Chap Ko della Muay Thai, così come nella schermaglia della Lotta, nonché in tutti gli stili che utilizzano le tecniche di proiezione (Judo, Shuai Jiao, etc.).

Il combattimento corpo a corpo dovrebbe essere parte integrante del Wing Chun Kuen, perché spesso si impone la riduzione della distanza di combattimento, raggiungendo le corte distanze della lotta, specialmente quando si ha di fronte una persona più alta, con un peso maggiore. Il confronto alla corta distanza impone all'atleta un riadattamento dei parametri fisici e psichici, perché ci si trova di fronte ad uno scoglio che, all'inizio, pare insormontabile.

In primo luogo, ci troviamo spesso all'interno della guardia dell'avversario, sia per volontà nostra sia per il suo attacco dall'esterno all'interno. Spesso la rottura della destanza dall'interno impone un attacco deciso ed irrefrenabile, che permetta di insinuarsi nel primo varco possibile offerto dagli errori dell'altro. La scelta del tempo e del punto in cui inserire il proprio attacco è chiaramente fondamentale. Il praticante deve infatti cogliere il vuoto psicologico e fisico dell'avversario per inserirsi con precisione e destrezza chirurgica in mezzo alla guardia. 

Per ottenere precisione e destrezza, la pratica deve dirigersi verso la ricerca del proprio Centro, sia spirituale che fisico, ma deve anche permetterci di aumentare la nostra capacità di gestione dello spazio circostante, a parte il lavoro tecnico sulle possibilità di attacco dell'avversario. Non si tratta tanto delle differenze tra le tecniche di entrata (Chuen Sau, Man Sau, Biu Bong Sau, etc.), ma della focalizzazione del problema nel proprio assetto strutturale, che va potenziato, in vista dell'impatto corpo a corpo. 

Andare verso l'altro e sfondare i muri protettivi che usiamo per tenere la distanza, non è un processo psicologico scontato, ma necessita di una messa a punto se dovesse esserci una resistenza inspiegabile dell'atleta nello sfondare l'area dell'avversario più ostica, quella interna alla guardia. Su questo bisogna allenarsi bene, perché si corre il rischio di essere presi di sorpresa nella distanza cortissima, soprattutto a livello psicologico.

L'azione che ci può portare a sfondare la guardia dall'interno deve essere paragonata ad un trattore che passa sopra ogni cosa. Non si può dare tregua all'avversario, una volta all'interno della guardia (Bik Bo Tip Da), si deve lavorare d'astuzia, confondendo chi ci sta di fronte togliendogli ogni possibilità di agire, costringendolo alla sola reazione di difesa. Questa capacità d'azione è il motore propulsore di qualsiasi lottatore, il quale, dal momento in cui decide di sferrare l'attacco, deve contare solo sulla propria determinazione.

Nella fase di contatto (Chi Sau), l'atleta deve modificare la modalità di gestione della propria potenza che passa da propulsiva e "assertiva" a sensibile e "plastica". Il contatto con il corpo dell'avversario (o del compagno di allenamento) necessita di avere una grande sensibilità nel sentire contemporaneamente se stessi e l'altro. Le braccia, le gambe, il bacino e l'intero corpo devono diventare come un grande radar capace di captare il movimento e l'intenzione dell'altro, ancor prima che si verifichi il movimento. 

Spesso il contatto è fonte di disagi di varia natura. Di solito si vedono dalla tensione corporea generalizzata, che impedisce lo sviluppo della sensibilità, dal blocco del respiro e dallo spostamento dell'energia verso le sole parti alte del corpo, provocando il distacco del contatto dei piedi dalla terra. Per ovviare a questi inconvenienti è necessario procedere attivamente, imparando a rilassare la tensione muscolare, scaricando il peso del corpo su entrambe i piedi e rompendo il blocco respiratorio portando l'aria verso il diaframma. Bisogna sempre distribuire equamente in tutto il corpo l'energia.

La corta distanza impone una specifica modalità di gestione dell'energia necessaria nei colpi, che necessita un coinvolgimento tanto fisico quanto psichico. Non potendo utilizzare la forza prodotta dallo spostamento del corpo in avanti, come avviene in tutte le altre distanze, il praticante deve trovare nuove modalità per utilizzare la propria energia. 

Avendo appurato che il movimento è comunque una condizione fondamentale per l'utilizzo dell'energia corporea e non avendo spazio davanti a sé, l'atleta deve utilizzare uno spostamento corporeo che va dal basso verso l'alto o viceversa. Nella corta distanza, dunque, per utilizzare al meglio le tecniche di attacco e di difesa è necessario che l'atleta apprenda la modalità per distendere l'irrigidimento muscolare, operare con morbidezza e viscosità dei movimenti, oltre che acquisire la sensibilità del corpo per svilupparne potenza. Deve, in sostanza, utilizzare tutte le articolazioni a disposizione per generare quell'energia che nelle altre distanze partiva dallo spostamento del corpo attraverso il footwork

Nella distanza del clinch, quindi, il Wing Chun Kuen non finisce. Non sono d'accordo con tutti quelli che ritengono efficace questo sistema solo dalla distanza pugni-gomiti. Non si spiegherebbe tutto il lavoro di Chi Sau "Earth" che è presente in parecchi punti del sistema, partendo dalle forme (penso alla sequenza Man Geng Sau -> Sheung Lan Sau della Chum Kiu, per esempio, per non parlare del manichino!), passando per tutto il lavoro di Qin Na ed arrivando alle tecniche di proiezione (partiamo dallo Huen Bo, passiamo per la Gwai Ma, arriviamo al motivo dello studio della Ma Bu). 

Questa distanza di combattimento, oltre tutto, è bellissima da praticare, perché ti mette di fronte alle tue carenze di natura psicologica (paura di farsi male, senso di soffocamento, etc.) o fisica (perdita di equilibrio, sensazione di impotenza, etc.). Mi pare indispensabile, ad un certo punto della pratica, studiare anche questo tipo di Chi Sau, che aiuterà sicuramente a sorpassare tante paure iniziali che sono generate dal contatto ravvicinato.

PS: mi scuso per la presenza di immagini non direttamente collegate al Wing Chun, ma purtroppo in rete non ho trovato niente di quello che mi serviva nel nostro mondo.

venerdì 21 gennaio 2011

La finalità della pratica del Wing Chun Kuen

Parto dalla fine, tanto per chiarire subito la mia posizione. La finalità ultima della pratica del Wing Chun Kuen è quella di ottenere un perfetto equilibrio fra il corpo e la mente attraverso la pratica (sul Tatami o altrove) di un'ampia gamma di tecniche fisiche e di movimenti a corpo libero. 

Uno può arrivare stanco e preoccupato all'allenamento, ma ne esce sempre stimolato, sia fisicamente che psicologicamente, soprattutto per il lavoro svolto per scaricare la propria aggressività. Raggiungere tale scopo implica tutta una serie caleidoscopica di obbiettivi intermedi, con una trascendenza umana e sociale che è alquanto bella e sconosciuta. 

Anzitutto dobbiamo prendere coscienza del nostro corpo, per poterlo accettare, con la rottura di tutti gli impedimenti ossessivi sia a livello individuale che di gruppo, che possono impedire il nostro sviluppo. La presa di coscienza comincia quando si sentono i primi indolenzimenti muscolari, allo stesso modo di quando si percepisce l'irrigidimento muscolare o il rilassamento.

Stare a sentire il corpo e il modo in cui lavorano i muscoli, in accordo con il principio della massima stabilità e del risparmio energetico è un altro punto molto importante per la nostra pratica. Nello stesso momento è fondamentale rieducare la capacità corporea al gioco, con i vari esercizi di Chi Sau e Lat Sau, per esempio. 

Se ci pensate bene, durante gli allenamenti rivitalizziamo la sfera sensitiva e sensoriale attraverso il lavoro della colonna vertebrale, del basso addome e della zona pelvica, per avere una percezione sempre migliore del movimento di questa macchina perfetta ed imperfetta allo stesso tempo chiamata corpo umano.

Il controllo del corpo è un obbiettivo assai difficile da raggiungere. In tutti gli anni di pratica ho conosciuto solo due o tre persone in grado di muoversi con estremo controllo di ogni singola parte del corpo. La conoscenzadel proprio asse corporeo, del volume (dimensione corporea) e del movimento con il massimo risparmio energetico permette un utilizzo corretto del corpo nello spazio; parlo sia del corpo individuale che di quello del gruppo, il che significa che il rapporto con gli altri nonché i movimenti si addolciscono e si fanno meno convulsi.

Attraverso la pratica dobbiamo riuscire ad acquisire la capacità per passare dal rilassamento totale all'esplosione del Ch'i per ritornare subito al rilassamento, come fanno gli animali in natura. Con un serio allenamento è possibile migliorare i bioritmi e l'utilizzo della propria energia vitale, sia per la conoscenza interna del corpo che per l'ottimizzazione del respiro, riuscendo a fare in modo che le costanti vitali - ritmo respiratorio, flusso sanguigno, etc. - raggiungano un valore più equilibrato.

Sin dall'inizio, attraverso la pratica delle forme, il praticante viene stimolato a sviluppare la volontà, la costanza, il desiderio di superarsi, l'umiltà nell'accettare le proprie limitazioni e la capacità per sopportare il dolore fisico (con le pratiche connesse al condizionamento - 打三星 (Da Saam Sing), etc. -. Con lo stesso lavoro e con quello in coppia, si sviluppa un'armonica coordinazione muscolare, in sequenza progressiva, per dare potenza all'istante del possibile impatto, il che obbliga il praticante a controllare il suo sistema nervoso, impiegando soltanto quei muscoli che richiede la tecnica e mantenendo rilassati gli altri per evitare di disperdere la forza. Questa coordinazione ha il vantaggio immediato di dare all'allievo una vera sensazione di piacere fisico, il sentirsi completamente padrone del proprio corpo.

Eppure i benefici non finiscono qui. Il Wing Chun Kuen facilita la iberazione ed il controllo dell'aggressività nella pratica normale nel combattimento senza KO, grazie a un rigoroso autocontrollo psicosomatico.  Ricordiamo che l'adrenalina si libera con il grido e l'esplosione violenta della tecnica, ma per questo bastano un paio di minuti. Mantenere quella tecnica più a lungo ha un effetto negativo che annulla la liberazione ottenuta.

Mi spiego meglio: l'allievo arriva alla lezione con la dose di adrenalina accumulata durante la sua attività giornaliera (lavorativa, familiare, sociale, affettiva). Quella quantità si libera facilmente nel tempo suddetto, ma se persistiamo nello stimolare la sua aggressività, arriva un momento in cui la stanchezza e l'imposizione cominciano di nuovo ad agire su di lui, attivando ancora la secrezione di adrenalina. Ci sono casi di comparsa di vero e proprio odio per l'istruttore che pungola in modo ingiustificato l'allievo, che lo considera una figura onnipotente, al contempo amata e temuta. Un esempio chiaro, come nelle terapie, di rapporto
asimmetrico.
La liberazione di energie negative, come gli eccessi di calorie, le angosce e le paure fisiche e psichiche attraverso il movimento corporeo aiutano ad ottenere un perfetto equilibrio e controllo del respiro e, di conseguenza, della concentrazione e del rilassamento, nonché un adeguato sfruttamento dell'energia che immettiamo nel corpo durante l'inspirazione.

Pian piano si genera una gradevole sensazione di sicurezza che facilita in grande misura il vivere sociale. Quando dedichiamo tempo a sufficienza alla pratica, viene fuori un'eccellente flessibilità, elasticità, forza muscolare e ringiovanimento del corpo, nonché una grande resistenza muscolare per tutti i tipi di sport o lavori fisici.
In merito alla comunità con la quale si vive e si entra in simbiosi, troverete una calda sensazione di solidarietà dovuta alla pratica collettiva, al frequentarsi stabile e duraturo. In questa famiglia ci si potrà sentire davvero a casa, però, solo se saranno chiariti sin dall'inizio i punti fondamentali per la convivenza, altrimenti si rischierà sempre di cadere in un clima da sètta o in una collettività impersonale o, peggio, spersonalizzata, dove ci si sentirà solo numero tra numeri.

giovedì 20 gennaio 2011

Le limitazioni fisiche: conoscere le proprie possibilità

Generalmente la cultura fisica si fonda sul presupposto della competenza del proprio corpo e della rivalità rispetto agli altri. Si suppone che questo costituisca uno stimolo al superamento dei propri limiti, ma si dimentica che è precisamente questa concezione quella che inibisce molte persone ad utilizzare il loro corpo ed a sperimentare cosa siano in grado di fare con lo stesso. A nessuno piace sentirsi inferiore, ovviamente, men che meno si vuole provare la sensazione di essere ridicolo o non "servire" a niente. Proprio per questo bisogna conoscersi per valorizzare i punti di forza.

Il proposito che mi sono imposto quando ho iniziato ad insegnare si fonda sul fatto che ciascuno deve avere come punto di riferimento se stesso, prima di tutto, proprio come io ho messo al centro della mia ricerca il mio corpo. Sarebbe bene abituarsi ad accettare i nostri limiti, senza considerarli un peso, senza mascherarli o prendersi in giro da soli pensando di non averne. Analizzarsi ed accettarsi significa iniziare a scalare una montagna, per raggiungerne la vetta, la quale non è altro che la corretta percezione di sé.

L'ideale della perfezione è un'ottima spinta a migliorarsi, sempre che non supponga l'autodistruzione sotto forma di un atteggiamento di rifiuto di noi stessi, nel momento in cui percepiamo che è impossibile essere perfetti. L'unico strumento di cui ognuno dispone è il suo stesso corpo e con lui deve lavorare, esprimersi e comunicare. Non c'è via di scampo. Proprio per questo continuo a studiare ed a sperimentare, perché vengono fuori sempre miglioramenti nella percezione di me stesso.

Esistono differenze individuali, come esistono differenze di statura, peso, colore dei capelli, etc.,  ma ciò che è comune a tutti è la capacità di imparare, anche se, naturalmente, il tempo richiesto ed il livello massimo al quale ognuno può arrivare è diverso. Per questo motivo bisogna sempre fare propria l'Arte Marziale, perché non si tratta solo di scimmiottare dei movimenti vuoti, ma di capire il limite del proprio corpo e della propria mente, dove si possono spingere insieme, coordinati.

Rendersi conto delle proprie limitiazioni è quindi molto importante tanto quanto lo sforzarsi nell'apprendistato delle tecniche, delle forme, delle varie combinazioni. Se sin dal principio esigiamo la perfezione da noi stessi, il cammino sarà pieno di dispiaceri e di frustrazioni: molto probabilmente finiremo con l'abbandonare, come è successo a tantissimi e come ho rischiato di fare io più volte, anche nel corso degli ultimi mesi. Bisogna accettarsi e tentare di migliorare. Anche se non ci sarà una notevole evoluzione, avremo fatto la cosa giusta, perché avremo speso delle energie per noi stessi, per conoscerci meglio e per tentare di crescere.

Ci sono tre condizioni necessarie che sono antecedenti all'accettazione dei nostri limiti fisici. Queste condizioni non vengono date per diritto divino, si acquisiscono e si sviluppano con la pratica. In primis, le attività proposte vanno dirette verso la presa di coscienza del proprio corpo e, insieme a questo, al riconoscimento dei suoi limiti. Ecco perché la maggior parte degli esercizi di base dei primi mesi servono per percepire lo spazio, per sondare il proprio equilibrio e per coordinarsi. Non a caso le basi vanno ripetute sempre e comunque, senza mai abbandonarle.

In secondo luogo, ci si deve indirizzare verso la coordinazione nelle sue due modalità: in quella che si riferisce alla relazione pensiero-azione e in quella che ha per oggetto l'interazione delle distinte parti dell'organismo in un'unità attiva. Mi pare evidente che esista una relazione dialettica tra i due termini della relazione: non si può giungere ad accettare il proprio corpo se prima non si è sperimentato cosa si possa fare con lo stesso e viceversa. 

Quanto meglio si conoscere il corpo, più forte è la disposizione a metterlo in gioco, a sperimentarsi. Di conseguenza, non esiste auto-coscienza se questa si appoggia esclusivamente sulla passività e sulla riflessione concettuale. Bisogna provare, sperimentare e sentire sulla propria pelle per poter prendere coscienza delle possibilità del corpo.

Fondamentale è capire i limiti del proprio corpo durante tutte le nostre attività quotidiane, con un sincero spirito di miglioramento, senza voler esagerare e forzare le proprie capacità. Infatti, uno degli scopi dell'apprendimento del Wing Chun Kuen è quello di eseguire le posture tenendo conto delle proprie possibilità individuali, poiché i benefici effetti della pratica non dipendono dalla perfezione della postura stessa, perché siamo tutti diversi. Di sicuro, ci dobbiamo allontanare dalla pratica che ci costringe a tenere posizioni che accentuino lordosi o cifosi, perché la nostra schiena e le nostre articolazioni ne risentirebbero sicuramente.

martedì 18 gennaio 2011

Lavorare sull'aggressività

È opinione abbastanza diffusa quella di considerare le pratiche sportive da combattimento e le Arti Marziali come generatrici di aggressività, nonché come culle per persone propense alla violenza. Si tratta di una credenza, lo sappiamo bene, eppure è talmente diffusa da risiedere addirittura nelle teste dei parenti di parecchi praticanti, che si preoccupano quando il figlio o il nipote si recano in palestra per allenamenti intensivi.

Una semplice constatazione dei fatti ci permette di verificare che la violenza si trova nel seno della società in cui viviamo, cioè quella occidentale, post-industriale, quella del capitalismo finanziario, per intenderci bene. L'aggressività non è altro che il risultato di frustrazioni, di imposizioni subìte durante il processo educativo e problemi psicologici derivati dallo stesso vivere in questa società, a livello individuale. 

Nella pratica delle Arti Marziali (tradizionali o meno), l'aggressività viene canalizzata senza palesi conseguenze negative. I conflitti personali possono esprimersi senza danni, cosa abbastanza difficile nella sfera delle relazioni sociali e familiari. Si lavora di continuo sull'aggressività in modo spesso ludico e ricreativo, perché le frustrazioni che non trovano espressione attraverso gli atti provocano risentimenti e personalità esplosive, per cui è sempre bene sfogare la propria carica in palestra.

La proibizione di mostrarci agli altri come in realtà siamo, espressa o tacita che sia, produce solitamente individui eccessivamente controllati, non a caso molto rigidi, che si dibattono tra il bisogno di essere autentici e quello di evitare i conflitti interpersonali, generalmente dolorosi. Da tutto questo si origina l'aggressività, la cui espressione è considerata sempre male, nonostante sia un dato naturale dell'uomo.

Nello sviluppo dell'attività marziale bisogna lavorare sulla manipolazione, sul controllo e sull'espressione non nociva di questa aggressività, con il fine di integrarla in modo non patologico nella cornice della condotta del praticante. Si tratta di un lavoro molto serio, duro e, forse, di uno dei più difficili, ma è necessario per costruire un ambiente di allenamento sano, sereno e serio.

In sostanza, dobbiamo lavorare sull'equilibrio tra corpo e mente, troppo spesso lasciato in secondo piano dagli Insegnanti di Arti Marziali, ma che avrebbe bisogno di essere sempre messo al centro della pratica, specialmente nelle nuove generazioni di atleti.

La rivista Psychipharmacology ha pubblicato nel 2008 uno studio condotto alla Vanderbilt University (Nashville) dalla laurenda Maria Couppis, nel quale si spiega che l'aggressività rovoca piacere alla stregua di sesso, droghe e cibo. L'aggressività viene tradotta nel cervello in stimoli neurochimici che attivano gli stessi centri nervosi che generano le sensazioni di piacere. Ciò indurebbe a compiere nuovamente la stessa azione provocando assuefazione.

L'aggresività, considerata una reazione naturale svilluppatasi nell'uomo per la conservazione della specie, potrebbe essere "controllata" inibendo la dopamina, il neuro ormone rilasciata dall'ipotalamo che causa la sesazione di piacere, ma rischieremmo di ritrovarci nel film Arancia Meccanica! La pratica del Wing Chun Kuen, invece, solo per rimanere all'Arte Marziale che pratico, ci aiuta a ritrovare uno stato di benessere dove l'aggressività viene canalizzata, eliminandola quasi completamente dalla vita quotidiana e rialsciandola nelle giuste dosi in palestra.

lunedì 17 gennaio 2011

I motti sulla mente del Wing Chun

Ringrazio il buon Vito Armenise, che ha accettato il mio invito a pubblicare un breve articolo sui motti che riguardano la mente, durante la pratica del Wing Chun. Come sapete, lui appartiene al lineage CRCA di SiFu Randy Williams, ma, come vedrete, vi ritroverete nella maggior parte dei concetti espressi, al di là della provenienza. Buona lettura e ancora grazie a Vito, che rimane uno dei pochi praticanti appassionati di Wing Chun con la voglia di condividere le sue conoscenze!

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E' noto a tutti che nel Wing Chun ci sono i motti. Questi motti fanno riferimento a come assumere correttamente le posizioni, come eseguire le tecniche, come gestire la forza, come applicare strategie e così via. Alcuni motti riguardano la mente. Servono a dare indicazioni al praticante del Wing Chun sul ruolo che ha la mente nel combattimento e come deve essere gestita. Vediamone alcuni.


Boh Lay Tau, Meen Fa Toh, Teet Kiu Sau

Testa di cristallo, corpo di cotone, mano di ferro.

Cominciamo da questo motto molto famoso e prendiamo in considerazione solo la prima parte: "boh lai tau", la testa di cristallo. La spiegazione più diffusa è quella che si vuole far intendere la testa fragile come un cristallo e quindi va protetta il più possibile. Un'altra interpretazione di questo motto, però, fa maggior riferimento alla trasparenza del cristallo. La trasparenza del cristallo, riferito alla testa, fa intendere che la mente del praticante deve essere "vuota" nel senso buddista del termine (ricordiamo infatti che il buddismo è una delle filosofie che influenzano il Wing Chun). La mente deve essere libera da condizionamenti, specialmente quelli negativi.


Doang Joong Kau Sum Jing Soang Gay Shue Sum Ching

Impara a rimaner calmo nel centro dell'azione. Rilassa i muscoli e rilassa la mente.

Ecco un motto che mette in relazione la mente ed il corpo. La prima parte ci esorta alla calma, anche nel pieno del combattimento. Sembra facile, ma chi c'è passato, sa che proprio facile non è. Nel centro dell'azione si accavallano varie emozioni e vari pensieri. La rabbia o la paura potrebbero prendere il sopravvento e questo non favorisce il combattimento.

La seconda parte del motto dice che la mente deve essere rilassata e così anche i muscoli. Nel Wing Chun c'è una cosa su cui tutti i lineage sono d'accordo: non bisogna irrigidire i muscoli.

Quello che dice questo motto è che per mantenere i muscoli rilassati, anche la mente deve essere rilassata. E la mente deve essere rilassata anche nel pieno del combattimento. Per mantenere la calma e il rilassamento, è però utile far riferimento al motto precedente e svuotare la mente.



Ling Gay Hau Been See Pui Boon Goang

L'essere attento e adattabile alla situazione permette il massimo risultato con il minimo sforzo.

Randy Williams dice sempre che il Wing Chun è come il bravo commerciante che riesce sempre ad avere il massimo risultato con il minimo sforzo, facendo riferimento proprio a questo motto.

Uno dei modi per raggiungere questo obiettivo è essere adattabile alla situazione che si presenta e al suo evolversi. Come fare ad essere adattabile alla situazione? Bisogna sempre essere attenti!

Per essere sempre attenti ci si rifà sempre ai motti precedenti: serve mantenere la calma. Per mantenere la calma serve rilassare e svuotare la mente



Soon Sum Kui Bay Hay Ding Sun Hoang

Sii fiducioso e rimani freddo per dominare la situazione.

Ecco un motto che introduce un nuovo elemento: la fiducia. E' assolutamente necessario avere fiducia nei propri mezzi. Questa fiducia, unita alla capacità di rimanersi sempre freddi e attenti (nei modi spiegati nei motti precedenti) aiutano il praticante di Wing Chun a dominare il combattimento.



Moh Tom Da Moh Wai Da Pa Da Joong Bay Da

Non essere impaziente di colpire. Non aver paura di colpire.

L'aver paura di essere colpito, ti porterà ad essere colpito.

La fiducia e la freddezza mentale sono la base di questo motto. Chi è freddo, attento e fiducioso, non è impaziente di colpire e aspetta il momento giusto. L'altra cosa da evitare è la paura di essere colpiti. La paura prenderebbe il sopravvento, minando la fiducia in se stessi e alla fine si realizzerebbe proprio ciò di cui si ha paura: si verrebbe colpiti!

Per non essere preda della paura, bisogna coltivare la fiducia in se stessi, bisogna mantenere sempre l'attenzione al momento e essere adattabili. Per far tutto questo bisogna prima di tutto essere in grado di rilassare la mente e liberata da tutti i pensieri che possono nuocerci.

E si ritorna al primo dei motti...

Vito Armenise

giovedì 13 gennaio 2011

[Allenamenti] Aumentano le ore di allenamento!

Come alcuni sanno già, da questo mese entra in vigore il nuovo orario nella palestra dell'A.S.D. Aurelio. Il martedì ed il giovedì ci alleneremo assieme dalle 17:00 alle 19:30, cioè 5 ore alla settimana. Il costo del corso è stato portato dai gestori a 60 euro al mese. La sala è a disposizione prima delle 17:00, quindi approfittiamone per vederci un po' prima e lavorare ancora di più...

Per quanto riguarda la New Freestyle, l'orario, purtroppo, non può cambiare, quindi ci vedremo sempre il martedì ed il giovedì dalle 21:00 alle 22:30, mentre il sabato dalle 10:00 alle 12:00. Possiamo iniziare anche alle 9:00, se volete, perché la sala è libera, portando a 6 il monte ore settimanali. La cosa buona è che il costo dell'abbonamento mensile rimane di 50 euro, a parte i lavoratori delle aziende convenzionate, che pagano 40, e gli studenti universitari, che pagano 45 euro.

Per tutto il resto del mese di gennaio e per quello di febbraio, se volete, sono disponibile ad organizzare ulteriori allenamenti di gruppo, seminari o lezioni individuali, perché sono libero dal lavoro. Fatevi sentire.

Alla New Freestyle le lezioni facoltative (individuali o di gruppo) possono essere fatte:
lunedì, mercoledì, venerdì, dalle 10 alle 18
martedì e giovedì, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17
sabato, dalle 9 alle 10 o dalle 13 alle 16

All'Aurelio le lezioni facoltative (individuali o di gruppo) possono essere fatte:
tutti i giorni dalle 10 alle 16

mercoledì 12 gennaio 2011

拍手 - Paak Sau - La Mano che sbatte (2)

Pubblico con molto entusiasmo il pezzo che segue dell'Amico ed Allievo Pasquale Mazzotta, perché, oltre a raccontare un pezzetto di storia recente del nostro sistema, pone interrogativi e spunti di riflessione per tutti i praticanti di WingTsun Leung Ting system. Sarebbe bello se tutti si impegnassero un po' di più per condividere questo genere di appunti e riflessioni, dal momento che questo spazio è aperto ai contributi esterni! Grazie ancora, intanto, al caro Pasquale!

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Approfitto del recente discorso che è stato fatto sul 拍手 (Paak Sau) da Riccardo, per mettervi al corrente di alcune riflessioni personali sul soggetto in questione. 

I primi contatti che ebbi col Paak Sau riguardano gli esercizi in cui come drill si faceva Pak-Bou-Kuen, ovvero il mio compagno mi aspettava in guardia Man/Wu Sau classica e io gli davo questa "pezza" sull'avambraccio, per poi aggiungere il (拍打) Paak Da, un colpo unito al Paak Sau. 

Un movimento simile lo ritrovai nella Prima Sezione di Chi Sau. Molti di noi la conoscono. Dai libri di Leung Ting seppi che bisogna fare attenzione quando si tira un (內拍手) Noi Paak Sau (cioè interno alla guardia dell'avversario, 內門 - Noi Moon -), perché si è "sotto schiaffo" rispetto al Wu Sau del compagno. 

Trovo impossibile non esporsi a un contrattacco dell'altro braccio, in quel tipo di (拍打) Paak Da usato come attacco su chi sta fermo. Ancora oggi mi chiedo che senso abbia: la mia risposta me la diede Leung Ting stesso, quando lo vidi fare Paak Sau sul polso del compagno, mentre questi tirava pugno tipo Jab. Eppure all'epoca tutti gli Insegnanti che incrociavo dicevano che il Paak Sau non aveva questo uso così "pugilistico", ma resta il fatto che Leung Ting lo faceva e lo fa tuttora!

Tutti all' epoca eravamo influenzati dal famoso libro di Kernspecht, per cui vedevamo il 拍手 (Paak Sau) soltanto come una reazione propriocettiva fondamentale rispetto a un certo tipo di attacco. Sicuramente i "vecchi" sanno a cosa mi riferisco. Ma in questo modo il Paak era limitato ad essere semplicemente una reazione da contatto, talvolta lottatoria, e non anche un'azione a se stante, con l'intento di accompagnare e bilanciare l'azione del pugno. Insomma non (拍) Paak e poi Da (打), ma (拍打) Paak-Da. Le braccia agiscono insieme fra di loro ed insieme alle gambe! Tassativamente da evitare l'andare diritto per diritto! L'azione assomiglia più a un taglio dal basso che ad una stoccata.

Nella Seconda Sezione di Chi Sau vediamo una cosa particolare, vediamo il (外拍手) Ngoi Paak Sau (cioè esterno rispetto alla guardia avversaria, 外門 - Ngoi Moon -), che può essere un'azione sia attiva che passiva. Questo tipo di Paak è basato sul motto (一伏二) Uno controlla due (Yat Fook Yi). Normalmente siamo portati a pensare che il Paak della Seconda Sezione è l'azione a schiaffo che esercitiamo sul braccio lontano dell'avversario, ma a ben vedere noi stiamo ripulendo l'area prima di entrarci dentro, quindi il (外拍手) Ngoi Paak Sau lo abbiamo già sul primo braccio, quello a contatto, e non sullo slap al secondo!

Ricordo ancora che ripulire l'area non ha niente a che fare con il lottare con le braccia del compagno, ma è un'azione autoreferenziale, se posso dire così, basata sulla difesa del proprio spazio (il nostro vero obbiettivo) e, solo come conseguenza, sul togliere spazio all'avversario. Questo o il compagno orientano la nostra azione, ma, in realtà, "non esistono" e non lottiamo con loro, non dovremmo sentire attriti nelle nostre azioni, ma andare oltre, come l'acqua di un ruscello gira intorno alle rocce.
Ricapitolando, mentre nella Prima Sezione abbiamo (內拍手) Noi Paak Sau e lavoriamo da lunga distanza schiaffeggiando il polso, nella Seconda abbiamo un (外拍手) Ngoi Paak Sau e lavoriamo a distanza media, tant'è che andiamo a prendere ambo le braccia del nostro compagno, arrivando a schiaffeggiare il suo gomito lontano.

Per questa azione sinceramente non ho mai trovato un'applicazione che mi piacesse, probabilmente perché,  mentre ha un suo senso per costruire un movimento corretto in Chi Sau e quindi nelle dinamiche generali del corpo, a livello applicativo è necessario che il nostro avversario faccia esattamente Wing Chun, altrimenti non ci troveremmo nella possibilità di intrappolare ambo le sue braccia.

Ma come indicazione potremmo certamente ricavarne quella di lavorare sul nostro braccio esterno per porci "fuori dai guai", in maniera tale da avere a disposizione tutto il nostro corpo "contro" metà del suo. In particolare, se una persona volesse realizzare questa azione in modo realistico, dovrebbe seguire il discorso non di sfondare per linee centrali, ma di lavorare dal lato verso il centro (Yau Pin Yap Ching) con un movimento anche piccolo, ma necessario, onde evitare di rimanere con un Pa...co di mosche in mano e con un buco al centro della faccia!

Detto questo, tutte le considerazioni esposte fin qui portano a riflettere sul rapporto tra le Sezioni e la realtà. Qual è il valore delle Sezioni? E perché hanno l'aspetto formale che hanno? Ma questa è già un'altra storia...

Pasquale Mazzotta

martedì 11 gennaio 2011

Ridimensionare il Wing Chun per valorizzarlo

Alcune volte mi viene chiesto il motivo per cui continuo ad utilizzare parecchio del mio tempo per scrivere e portare avanti questo blog. Me lo chiedo pure io! Ahahah... Scherzo, ovviamente, perché un motivo c'è e voglio spiegarlo a chi legge ciò che scrivo (detto tra noi, sono state superate le 51 mila visite), magari da poco tempo, non conoscendomi dal vivo. Cercai di spiegare il motivo della nascita di questo spazio virtuale, chiarendo subito il punto focale: "questo diario di bordo virtuale rappresenta una vera e propria raccolta di appunti, perché penso che il mondo che ruota attorno al Kung Fu - in special modo al Wing Chun - sia davvero in cattive condizioni, sia dal punto di vista conoscitivo, sia da quello economico".

Mi cito nuovamente, per tornare a sottolineare il senso del mio lavoro: "io penso che ci sia assoluto bisogno di abbattere il sistema mercantile che sta dietro a quest'arte marziale. [...] Qual è il mio obiettivo principale? Tentare di arginare il settarismo, che è la morte di questo sistema!", scrissi all'ora. Lo penso ancora di più oggi, anche se non ho raggiunto i risultati che mi ero prefisso, cioè di creare una rete di collaboratori per mettere in piedi un sito internet ed una rivista specializzati, per affrontare anche dal punto di vista teorico la nostra Arte Marziale.

Ad oggi, ritengo necessario ridimensionare il Wing Chun, perché è stato eccessivamente esaltato da troppe persone, facendone quasi l'Arte Marziale Suprema (?!), senza mai dimostrare con i fatti che lo fosse. Non parliamo, poi, di ciò che viene pubblicato in rete sotto il nome Wing Chun, perché ho più volte puntato il dito su questa manìa di protagonismo che ha portato la nostra Arte Marziale alla rovina. Non è un caso che per aprire un corso in una palestra, se i gestori conoscono ciò che viene spacciato per Wing Chun, ti creano parecchi problemi, fino a quando sei costretto a dimostrare le tue capacità... Io li capisco perfettamente, alla luce dei fatti.

Di solito, i soggetti che praticano una disciplina non capiscono bene sin dall'inizio cosa fanno. Spesso passano anni prima di comprendere cosa si sta allenando, con precisione. Per questo è bene continuare a chiarire di cosa si tratta quando si pubblicizza il Wing Chun. Però, come in tutte le cose, la coscienza di sé viene spesso acquisita tramite ciò che gli altri ti dicono, perché abbiamo sempre bisogno di uno specchio che rifletta la nostra immagine.

Lì non si può, poi, intervenire, dicendo che si è particolarmente diversi. Purtroppo il giudizio esterno, di chi ti vede, è insindacabile, perché è la percezione che si è data di se stessi. A quel punto, allora, bisogna porsi delle domande serie su ciò che si pratica. Questo è uno dei motivi che hanno condizionato la mia scelta di allenare il Wing Chun in modo via via diverso da quando inziai a studiarlo.


Sicuramente le critiche degli amici che praticano Sport Da Combattimento, così come quelle di chi si cimenta nei circuiti più spinti delle Arti Marziali Miste, hanno portato i loro frutti. Non è un caso, infatti, che il mio allenamento vede un 50% di lavoro tradizionale - armi, manichino, forme, Chi Sau, Lat Sau - e un altro 50% di lavoro con colpitori, esecuzione di circuiti, etc. L'unica cosa che continua a lasciarmi perplesso è il ring.

Non so se una preparazione specifica per affrontare un combattimento sul ring sia l'unica cosa che mi spinge a non considerarlo fra le mie aspirazioni. Alcuni pensano si tratti di semplice e genuina paura, ma non credo che sia questo il punto. Il problema principale, forse, è la mancanza di una tradizione consolidata di combattimenti sportivi e, quindi, di una schiera di Maestri di Wing Chun preparati per questa opzione.

Sicuramente incide anche il lavoro, che spesso non permette di affrontare i contesti sportivi, perché questi abbisognano di un tipo di allenamento sostanzioso anche dal punto di vista atletico, che non tutti si possono permettere. Non sarebbe bello, poi, presentarsi il giorno successivo all'incontro al lavoro con il naso rotto, il sopracciglio tagliato o con il viso gonfio... In effetti mi sono sempre chiesto come facciano a vivere gli agonisti degli Sport Da Combattimento alle prime armi. Ci sono premi così bassi in palio che proprio non capisco come facciano a campare.

Eppure, la ragione principale non sta nelle cose appena dette. Per me il Wing Chun rimane una grande passione, che prende la maggior parte della mia giornata, il pensiero fisso da quando mi sveglio a quando vado a dormire, ma, soprattutto, un'Arte Marziale dalla tradizione centenaria - o millenaria, a seconda se lo si consideri o meno uno stile di Siu Lam -, con un codice di condotta che va sempre rispettato. 

Salire su un ring o entrare in una gabbia significa giocare al massacro con un'altra persona. Per quale motivo? Nessuno di quelli che mi vengono in mente corrispondono al Mou Dak, 武德, all'etica marziale. Ai più suonerà come una scusa, a pochi come il richiamo ad una tradizione da seppellire, ma, forse, e sottolineo forse, nella testa di qualcuno ci sarà maggiore chiarezza, perché si tratta del proteggere e del perseguire un codice d’onore.

Il Wing Chun si pratica per ottenere livelli più elevati di consapevolezza di sé e di ciò che interagisce con noi. Oltretutto il nostro codice ci impone lo Jin Bao (禁暴), il trattenersi dalla violenza, quando non è necessaria. Fino ai giorni nostri, lo studio dell’arte del combattimento è stato oggetto di osservanza delle cinque virtù fondamentali Wu Chang (五常) indicate dal Confucianesimo: Ren (仁), la benevolenza, l’umanità e la bontà; Yi (义), la giustizia, la rettitudine e l’equità; Li (礼), l’ordine, le regole di condotta e l’ideale; Zhi (智), la saggezza, l’intelligenza e l’ingegno; Xin (信), la verità, il tener fede alla parola data, la sincerità e la coerenza. Queste virtù regolano sia i rapporti all’interno del Kwoon (la Scuola) sia il comportamento del praticante in seno alla società e costituiscono una caratteristica per poter proseguire il proprio cammino nelle Arti Marziali Tradizionali.

Se queste sono le nostre norme, allora tutto appare più chiaro. Il codice non va lasciato da parte. Possiamo valorizzare la nostra Arte Marziale solo rispettandone la tradizione, non tanto dell'allenamento o delle tecniche, ma, cosa ben più profonda, utilizzandola solo in situazioni di vero pericolo e non per vincere premi, per avere riconoscimenti o fama.

Ciò non esclude che l'ammirazione ed il rispetto per chi si cimenta nei circuiti di combattimento sportivo rimangano immutati, perché il coraggio che serve a chi sale su un ring o entra in una gabbia è indubbiamente da elogiare. Però non si chieda di provare ciò che si studia in un contesto come quello. Non si tratta di andare a vedere se un Paak Sau è funzionale quanto un Jab o se un Diretto è migliore di un pugno verticale lanciato... Sono cose che a me non interessano, perché la funzionalità va sperimentata nel quotidiano allenamento in palestra, con più persone possibili, del proprio stile o di altri. Concorriamo tutti nel ridimensionare il Wing Chun, sono d'accordo, ma per valorizzarlo, non per metterci una pietra sopra!

lunedì 10 gennaio 2011

拍手 - Paak Sau - La Mano che sbatte

Oggi voglio affrontare il problema relativo alla tecnica definita 拍手 (Paak Sau - solitamente scritto "Pak Sao" -). Si tratta di uno dei movimenti tipici del Wing Chun Kuen, eppure c'è un dibattito abbastanza acceso sull'effettivo utilizzo in combattimento. Spesso, a mio modo di vedere, bisognerebbe ricorrere alla lettura dell'ideogramma per capire quanto sia semplice questa beneamata Arte Marziale. Facciamolo insieme.

Tralascio 手 [shǒu] (Sau), perché lo conosciamo a memoria: la 'mano' o, per estensione, il 'braccio'. 拍  [pāi], invece, è l'ideogramma che più ci interessa in questa sede. Considerato verbo, solitamente significa 'applaudire' o 'picchettare', 'dare un colpetto'. Inteso in senso marziale significa 'sbattere' o 'battere'. Viene usato anche come sostantivo per intendere la 'paletta' o la 'racchetta'. Viene da 扌(o 手) [shǒu] e dall'uso fonetico di 白 [bái], che ha molti significati tra cui 'chiaro', 'bianco', ma che ora non ci interessa approfondire. In cantonese è /Paak/, ma spesso lo troviamo scritto contratto /Pak/ nel mondo del Wing Chun.
A questo punto abbiamo tutti gli elementi per tradurre letteralmente, sebbene non sia proprio appropriato, il termine Paak Sau, per poi andarne a vedere il senso: 'mano che sbatte'. Per una volta, la traduzione inglese che ci è arrivata - Slapping Hand - ha un senso! Evviva! Se questo è il suo significato reale, come mai alcuni perseverano nel chiamare con questo nome le tecniche in cui la mano è già a contatto con l'avversario? Non lo so.

Per quanto ci riguarda, possiamo sicuramente dire che il Paak Sau viene utilizzato moltissimo nella lunga e nella media distanza, perché costituisce uno degli elementi cardine per una difesa attiva contro pugni Diretti e Jab, anche doppiati. Quando si lancia, segue una traiettoria semicircolare, che può portarlo in varie direzioni, senza limiti: alto-basso, basso-alto, esterno-interno, interno-esterno, etc. Non ha limiti di applicazione se non i pochi che scrivo - spero che qualcuno integri le mie lacune -.


Di solito viene lanciato verso il Centro, in modo da costituire un attacco ed una difesa allo stesso tempo. Alcune volte, infatti, viene spiegato come un pugno che, lungo il suo tragitto, incontra un altro pugno e si trasforma in Paak Sau. L'idea c'è, mi sta bene, ma l'importante è capirsi: è difficilissimo se non impossibile, in combattimento, lanciare un pugno e poi aprire la mano per 'schiaffeggiare'. 

Per quanto riguarda l'esecuzione tecnica viene allenata sin dalla Siu Nim Tau, ma è con la Chum Kiu che si approfondisce, con almeno tre modi diversi di tirarlo: dall'interno all'esterno (e viceversa), in diagonale in avanti e dall'alto al basso. Al manichino ce ne abbiamo in abbondanza, ognuno con un'idea diversa, sia all'interno che all'esterno delle 'braccia'. Lì iniziamo un condizionamento dell'arto - nel caso in cui si possegga da subito lo strumento -, oppure si allena nella sua potenzialità, nel caso in cui il condizionamento sia stato già effettuato.

Durante gli esercizi in coppia e nel Lat Sau impariamo ad utilizzare questa tecnica per rompere l'equilibrio dell'avversario, per 'prendere il gomito' e, spesso, per conquistare l'angolo cieco, se il nostro lavoro di gambe è abbastanza sviluppato.

Nel Chi Sau, invece, studiamo come farne una reazione a determinati stimoli - visivi o tattili -, in modo da renderlo efficace anche nella corta distanza. Su questo punto io mantengo alcune perplessità, ma a livello didattico ne capisco il senso. In ogni caso il 拍手 (Paak Sau) va tirato nell'area attigua al gomito, per evitare che il braccio dell'avversario si possa trasformare in una gomitata (nel caso in cui si colpisca il polso), ma, soprattutto, affinché abbia una qualche potenzialità di riuscita contro la fase di boxe dello scontro.

Mi pare importante sottolineare che il Paak Sau va lasciato sul punto di contatto se è possibile, seguendo il principio Dim (uno dei sei e mezzo del nostro sistema), in modo da trasformarlo in un controllo, attraverso il quale percepire i movimenti dell'avversario. Quando questo non è possibile, è necessario trasformarlo subito per togliere l'equilibrio allo stesso avversario (Lap Sau, Jut Sau, etc.).

Qualora il Paak Sau non incontri niente nel suo percorso può trasformarsi, come è ovvio, in una palmata sul viso (Wang Cheung, Jing Cheung, etc.). Per quanto riguarda il lavoro di gambe, è importante allenare i passi tipici del sistema che permettano di andare verso il lato cieco (a V, a T, a L, etc.), utilizzando anche il famoso 'piede scaccia piede', che ci può salvare nei momenti più rischiosi, durante la fase pugilistica dello scontro.

Ultime note sparse: fate attenzione al vostro polso, perché potrebbe rompersi, se il punto di contatto del Paak Sau diventano le dita! Evitate come la peste di utilizzare le dita per bloccare o deviare gli attacchi dell'avversario! Per quanto ci è possibile, cerchiamo di utilizzare la parte esterna della mano (opposta al pollice) e la parte più vicina al polso, in modo da avere sempre ulna e radio dietro al movimento, come supporto. In alcuni casi si può arrivare ad utilizzare anche l'avambraccio per il Paak Sau, ma questo non viene considerato 'ortodosso' da molti. Come sempre, chi se ne importa!

sabato 8 gennaio 2011

正腳 - Jing Geuk - Il Calcio Frontale

Mi permetto di utilizzare un video di Sergio Iadarola per parlare del 正腳 - Jing Geuk -, uno dei calci di base della nostra Arte Marziale, presente in parecchi lineage, se non in tutti. Gli amici anglofoni lo chiamano semplicemente Front Kick, ma ci sono alcune differenze rispetto al calcio frontale di altre tradizioni marziali. 


In merito ai caratteri cinesi, è bene sapere che 正 [zhèng] significa 'corretto', 'dritto', 'retto', spesso anche 'centrale'. Deriva da 止 [zhǐ], 'fermare', e rappresenta una stilizzazione di un piede, con qualcosa in cima, sopra le dita dei piedi: una volta una scatola, poi un cerchio e, infine, una linea retta, come dire "per (止)  fermarsi alla linea (一) senza andare fuori strada". La parte alta può inizialmente essere stata una vecchia forma di 丁 [dīng], utilizzato per la sua fonetica. In> cantonese è /Jing/.


[jiǎo], lo sappiamo, è il 'piede' o la 'gamba'. La forma semplificata è 脚. Deriva da 月 (o 肉) [ròu], la 'carne', e da 却 (o 卻) [què], un avverbio o una congiunzione narrativa, utilizzata per il suo valore fonetico.


Anzitutto, il modo di calciare, per iniziare da qualche parte, dipende dalla distanza tra chi lo calcia e chi lo (dovrebbe) riceve(re), nonché dall'idea che si ha nel lanciarlo: si può utilizzare 'semplicemente' per colpire oppure per allontare l'avversario, qualora non si riesca ad "uscire dalle corde", come potremmo dire con una metafora da ring.


Il calcio che viene mostrato da SiFu Sergio Iadarola, nel video che segue, è un un frontale che serve per prendere in controtempo l'attaccante, da lunga distanza, quando si riesce a percepire che questo sta preparando un calcio a sua volta. C'è bisogno di parecchio allenamento per partire dopo ed arrivare prima dell'altro, nonché di un'ottima struttura per non perdere l'equilibrio durante o alla fine del calcio.
Tra l'altro, il modo di tirare questo calcio lo fa inserire a pieno titolo tra i "calci senz'ombra", i 無影腳 - Mou Ying Geuk -, che non hanno bisogno di una preparazione (per esempio, sollevando la gamba, prima di caricare il calcio), che non permettono all'avversario di percepire il momento di partenza, non necessitando di un assetto diverso del tronco e delle gambe.


Un altro modo di tirare il calcio frontale è 'spingerlo', cioè caricarlo, a contatto o meno con l'avversario, per allontanare l'aggressore, nei momenti in cui non si riesce a concludere lo scontro a corta distanza, per aver modo di riorganizzarsi, prendendo spazio. In quel caso si parla di 正衝腳 - Jing Chung Geuk -, cioè calcio frontale "caricato" o "spinto". Abbiamo entrambe le versioni espresse nelle forme (per esempio in Chum Kiu e nel manichino). Mi capita di usarlo subito dopo una difesa da un calcio dell'avversario, quando sono costretto in 攤腳 - Taan Guek -, cioè a disperdere l'attacco. Può capitare, in questo caso, che si rimanga con la gamba sollevata, pronta per tirare un calcio frontale "spinto" o "caricato".

SiFu Sergio nel video parla di "time, space and energy" (spazio, tempo ed energia) , cioè del concetto di base della nostra Arte Marziale, che guida la nostra scelta strategica, durante l'allenamento. In pratica, bisogna prendere l'energia da Terra ed indirizzarla nel più breve tempo possibile verso l'avversario, senza perdere spazio e colpendo percorrendo la via più breve. Il primo movimento sarà quindi subito l'attacco, senza preparazione o spostamento. La nostra capacità dovrebbe essere quella di poter calciare allo stesso modo con entrambe le gambe (non contemporaneamente, ovviamente!), da qualsiasi posizione si parta.

Soprattutto quando si calcia bisogna fare particolare attenzione (abbiamo più motti che ci inducono a riflettere su questo), perché si rimane per il tempo dell'azione su di una sola gamba. Proprio per questo motivo è importante porre il massimo dell'attenzione sulla gamba che rimane a terra, perché non deve esserci (a mio parere) rotazione della rotula (come nel video, min 2:50), con il piede perpendicolare alla linea d'attacco. Si rischia grosso così. Inoltre, ritengo che l'utilizzo dell'anca, in questo tipo di calcio, non dovrebbe portarci ad esporre una parte del bacino in avanti, implicando necessariamente un passo (sempre in avanti).

Per finire, è bene ricordare che il calcio frontale viene spesso tirato con la pianta del piede verticale, verso le anche o il busto dell'avversario, presupponendo una sufficiente elasticità tendineo-muscolare di chi calcia. Come zona di impatto si predilige il tallone e la parte esterna del piede, perché hanno 'dietro' il resto della gamba (per le stesse considerazioni che facciamo sul palmo della mano...). 

C'è la possibilità di tirarlo anche più in basso 低正腳 - Dai Jing Geuk -, magari verso la coscia o il ginocchio (a seconda del contesto), ma in quel caso è consigliabile porre più attenzione, in quanto la pianta verticale potrebbe scivolare al lato della gamba dell'avversario - al di là del punto di contatto -, per un qualsivoglia motivo (sudore, vestiti scivolosi, etc.). Poniamo sempre la massima attenzione a questo tipo di lavoro!

Per allenare il calcio frontale si possono utilizzare diversi metodi. A parte il manichino di legno - che ci aiuta anche a studiare il modo di tirare il calcio senza perdere equilibrio -, è un buon metodo anche quello di usare gli elastici con una buona tenuta, in modo da avere sempre una forza costante che ci riporta indietro la gamba, quando la tiriamo. Bisogna fare attenzione a legarli bene ai piedi. Ovviamente, è bene usare sia i sacchi appesi (quelli pesanti), sia quelli a terra, perché simulano bene la reazione di un corpo colpito, con la tipica oscillazione, che non sempre avviene lungo la linea di sviluppo del colpo. In coppia è bene allenarli con gli scudi ricurvi - li trovate ovunque! -, per la potenza, e in uno sparring condizionato, per allenare il timing, in modo dare maggiore capacità di movimento e di reazione, tirandoli sempre ad altezza anche. Di lavori su questo ce ne sono a iosa.



venerdì 7 gennaio 2011

[Video] Versioni della "Jong Kuen" - 樁拳

Oggi vi presento un paio di esecuzioni (parziali) della 永春樁拳 (Weng Chun Jong Kuen), una delle forme presenti in diversi curriculum della grande famiglia del 少林永春拳 (Siu Lam Weng Chun Kuen). Semplificando, si può ritenere una specie di forma al manichino eseguita a vuoto, senza l'ausilio dello strumento, in cui ci sono azioni di striking, di lotta in piedi, di prese e proiezioni, di cambi di altezza nelle fasi di comabattimento, nonché un notevole numero di passi, che donano alla forma un aspetto molto più marziale di altre, le quali, al contrario, lo nascondono.

Qui vediamo il Maestro Chan Wing Yu (Allievo del Grand Master Chu Chung Man - 朱頌民宗師 -), durante l'esecuzione (http://www.youtube.com/watch?v=9VYN6QVXAlc). Purtroppo il video non può essere inserito direttamente nel blog, dovete andarvelo a vedere tramite il link.

Qui, invece, Sifu Vincent Tso (Allievo del Grand Master Tang Yik) and Sifu Ignatius Siu (della Famiglia Chu), eseguono la stessa forma, con piccole varianti. Davvero belli questi video, grazie a chi li ha messi in rete!

giovedì 6 gennaio 2011

[Video] Versioni di una forma al manichino

Di seguito potete vedere due modi di lavorare la stessa forma di 永春拳 (Weng Chun Kuen). Si tratta di una delle tre forme di questo lineage - da non considerarsi come un corpus unico, non a caso ci si scinde in Paai (派), in "fazioni" -, quella "Heaven". Nel primo video possiamo vedere SiFu Stephen Siu, mentre, nel secondo, SiFu Vincent Tso, entrambe della Famiglia derivante dal Grand Master Chu Chung Man (朱頌民宗師). Gli occhi più esperti riconosceranno in questa forma parecchi punti di contatto con quella composta da 116 movimenti del GM Yip Man. Spero che prima o poi qualcuno della Famiglia di Siu Lam Weng Chun Kuen abbia voglia di mettere in rete un video della forma "Man" o "Human", a seconda delle tradizioni.


mercoledì 5 gennaio 2011

[Video] SiFu Ignatius Siu al manichino

Invito tutti gli appassionati di 永春拳 a guardare con attenzione questa breve esecuzione di parti della forma "Earth" al manichino di legno, eseguita dal Maestro Ignatius Siu. Si tratta di una delle tre forme eseguibili con lo strumento tradizionale, che si possono trovare all'interno del curriculum di quasi tutte le Famiglie di 少林永春拳 (Siu Lam Weng Chun Kuen). Questa è la versione trasmessa dal Grand Master Chu Chung Man (朱頌民宗師). Buona visione!


martedì 4 gennaio 2011

[Video] Keith Ronald Kernspecht in azione

Oggi vi propongo un nuovo video targato EWTO, in cui potete vedere in azione il Gran Maestro di questa società, Keith Ronald Kernspecht, vestito come il protagonista del film Ip Man. Ora, al di là delle facili ironie, vi invito a guardare questo breve filmato, confrontandolo con tutti quelli usciti negli ultimi anni. C'è qualcosa di nuovo, di diverso. Anzitutto si intravedono dei movimenti di gambe (ci si può muovere?! Miracolooo!), nonché azioni a corta distanza che partono dalla rotazione delle anche, attraverso le quali si prende la potenza e l'elasticità necessaria per doppiare i colpi. Mistero della fede, novità in vista in casa EWTO o, semplicemente, si inizia ad insegnare il WingTsun Leung Ting in Europa, eliminando, però, contemporaneamente la dizione "Leung Ting WingTsun"? Non sarà il primo passo verso l'abolizione delle sezioni, visto che il video è stato intitolato "Principi al posto delle tecniche"? Parliamone.