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sabato 21 gennaio 2012

Intervista con Roberto Capponi

Oggi incontriamo Roberto Capponi, Direttore Tecnico e Fondatore della Scuola Discipline Orientali "Wing Tsun Kuen" di Roma, nonché ottimo amico di Famiglia, è il caso di dirlo...

Ci puoi dire qualcosa sulla tua vita?

Innanzitutto, grazie per questa inaspettata opportunità! Sono nato a Roma nel 1977, diploma di liceo classico nel 1995/1996, servizio militare in Marina. Ad oggi la mia attività e la mia passione (che, fortunatamente, coincidono!) sono le Arti Marziali Cinesi, il Qi Gong Taoista e la Medicina Cinese Classica e Tradizionale. 

Roberto Capponi con Jeffrey Chong Yuen
Quando hai iniziato a praticare Arti Marziali? 

Iniziai a 6 anni con il Judo, che studiai per 5 anni, tutto il periodo delle scuole elementari, se ben ricordo. Successivamente, a 14 anni, iniziai a praticare Taekwondo WTF, portato avanti fino ai 18 anni. Nel frattempo iniziai a studiare Wing Chun (1993/1994) con un istruttore con il quale praticai rudimenti di diversi stili di Kung Fu e poi approdai al Wing Tsun nel 1995. Dal 2004 mi dedico alla pratica/studio del Qi Gong. Dal 2008 mi dedico allo studio di stili interni (Bagua Zhang e Taiji Quan). 

Con chi iniziasti a studiare lo stile Wing Tsun? 

Iniziai con Augusto Onori, Istruttore della WTOI, nel 1995, presso una Palestra in zona Pineta Sacchetti, a Roma. 

Quali sono stati i tuoi Maestri? 

Ho studiato con Augusto fino al 1999, anno del Servizio Militare, successivamente ho studiato con Sifu Michele Stellato (dicembre 2000 - dicembre 2009) privatamente e con il Maestro Keith Kernspecht nei Seminari a Livorno. 

Perché e quando hai smesso di praticare il Wing Tsun? 

Roberto Capponi insieme ai suoi Allievi di WT
Ho smesso di studiare WT con Sifu Stellato a dicembre 2009, una volta completato il sistema a mani nude. I motivi sono molteplici, di diversa natura. Da un lato (forse il più ovvio, viste le evoluzioni federali che il WT ha "subito") il problema è stato di natura burocratica ed economica: quando, nel 2008, seguii il mio maestro nella sua nuova organizzazione, speravo siceramente in un cambiamento "vero", strutturale, che permettesse lo sviluppo di una didattica libera dal marketing e da vincoli burocratici. 

Non ho riscontrato il cambiamento che in cuor mio avevo (mio errore, fu una mia speranza non supportata da assicurazioni a monte!) assaporato. Ciò mi ha senza dubbio in buona parte disamorato. Un altro aspetto è, invece, una mia evoluzione di natura personale: nel WT ho trovato uno strumento per trasformare me stesso, per realizzarmi, per permettermi di giungere alla meta in cui ora mi ritrovo, per colmare molte lacune interiori che a 17 anni (ed anche dopo!) vivevo come insicurezza, bisogno di affermarsi, di strutturarsi, necessità di creare un'immagine di me che rispondesse ai miei obiettivi... 

Bene, il Wing Tsun mi ha dato tutto ciò, mi ha permesso di crescere, di acquisire strumenti per affrontare molte difficoltà di crescita e sviluppo. Non finirò mai di essere grato a quest'Arte per quello che in essa ho trovato e che mi ha permesso di costruire. Ora, però, ho necessità di guardare ad altri sistemi più congeniali al Roberto di oggi. 

Quali altri stili hai studiato o stai studiando ora? 

Bagua Zhang e Taiji Quan. Da quando, nel 2004, mi sono dedicato intensamente allo studio del Qi Gong mi è letteralmente cambiata la vita: salute, modo di essere, di vivere, di vedere le cose...Tramite il Qi Gong ho avuto la possibilità di approfondire la coscienza di me stesso, sia a livello fisico che psicologico che, ovviamente, energetico. Sto dunque trovando nelle Arti Marziali Interne Taoiste il connubio tra la pratica interna ed esterna, tra la meditazione e la marzialità, tra la salute/longevità e lo sviluppo di me stesso. 

Quante ore ti alleni al giorno? Hai un piano di lavoro? 

Riservo 1 / 1,5 ore al giorno per la pratica personale: mezz'ora di Qi Gong, un'ora di Arte Marziale. Il tutto oltre alle ore di insegnamento del Qi Gong. Come scrissi, su tuo gentilissimo invito, nel post sul Qi Gong, nella teoria Taoista ci sono 3 fasi riguardanti l'evoluzione della persona (Alchimia Taoista): 
1) Accumulare Jing e Trasformarlo in Qi 
2) Raffinare il Qi in Shen 
3) Far tornare lo Shen al Vuoto 
Secondo questa semplicissima schematizzazione (per approfondimento può essere utile leggere il post, qui sul Blog di Riccardo, sul Qi Gong Taoista), possiamo abbinare il Qi Gong Medico alla fase 1), il Qi Gong Marziale/Arti Marziali Interne alla fase 2), il Qi Gong Meditativo alla fase 3). Dunque, a seconda del tipo di lavoro che svolgo nel periodo in questione, seleziono le pratiche sia di Qi Gong che di Arti Marziali Interne. In ogni caso, sia con il Qi Gong che con le Arti Marziali si possono completamente sviluppare tutte e 3 le fasi, poichè ogni sistema è completo di metodi in grado di portare il praticante da 1) a 3). 

Quante ore a settimana dovrebbe praticare uno studente per progredire in maniera seria? 

Io credo che ciò dipenda principalmente dal tipo di obiettivo che la persona si pone. Ho diversi Allievi che praticano esclusivamente per rilassamento e mantenimento della salute, esattamente come molti altri studiano per diventare Istruttori, altri per il mero divertimento...è dunque ovvio che ad ognuno di loro serve un programma differente, più o meno intenso, più o meno mirato, ma sempre e comunque costante! Io credo che sia molto più utile la pratica di mezz'ora al giorno, magari anche su un solo elemento, piuttosto che una volta a settimana 3 ore...nell'ottica della Medicina Cinese, il vissuto (esperienze) ed il cibo concorrono quasi in egual misura a formare l'energia nutritiva ed il sangue: bene, i pranzi luculliani (tipo le abbuffate natalizie...) risultano sempre più faticosi e pesanti dei normali pasti leggeri di ogni giorno...  

Gli Otto Immortali
Hai mai combattuto in contesti sportivi? Quando, dove e con quali risultati? 

Da ragazzo, quando facevo Judo e Taekwondo: ricordo la partecipazione ai regionali ed interregionali di Judo (ho ancora qualche bronzo) e interregionali di Taekwondo sia di Forme che Combattimento; ho alcuni bronzi, argenti e 4°-5° posti all'attivo. 

Cosa ne pensi degli altri SiFu e dei loro metodi di insegnamento, nelle altre associazioni e Famiglie di Wing Chun? 

Non ho mai esteso le mie conoscenze ad altri lignaggi di Wing Chun, ho conosciuto, invece, molti Insegnanti del WT di Leung Ting. Non ho mai trovato (per fortuna) un insegnamento "standard" nel WIng Tsun, ma sempre Insegnanti che riversavano il loro punto di vista ed esperienza personale nella trasmissione, non potrebbe essere altrimenti! Frequentemente ho visto spunti interessanti, altre volte aberrazioni vere e proprie...credo, fondamentalmente, che l'Insegnamento derivi dall'incontro di un Insegnante e di un Allievo: ciò apre i portali della trasmissione delle informazioni, della tecnica, dei concetti e dell'essenza stessa dell'Arte padroneggiata da quel singolo Maestro ed appresa da quello specifico Allievo. L'Insegnamento non può essere comprato, non può essere mercificato: il tempo impiegato ha giustamente diritto ad una retribuzione, non le nozioni impartite! So che tu puoi capirmi pienamente, caro Riccardo, non abbiamo percorsi così dissimili in tal senso!

Già... Sei un Operatore di Medicina Tradizionale tra i più in vista a Roma e non solo. Puoi dirci qualcosa in merito ai tuoi studi e ricerche, nonché alle tue capacità? 

Mi lusinghi, non credo di essere nè tra i migliori, nè tra gli ultimi...ma di una cosa mi vanto: ho una passione davvero vigorosa per questa Medicina! Ho studiato Medicina Cinese con molti Maestri e presso molti istituti ed Associazioni: Istituto Villa Giada, qui a Roma (presso cui sono diventato poi Insegnante), OTTO - Operatori Tuina - Qi Gong e Tecniche Orientali (sono Socio Professionista), FISTQ - Federazione Italiana Scuole Tuina e Qi Gong (Operatore). Ho seguito e seguo numerosi Seminari con l'AMSA (Ass. Medica per lo Studio dell'Agopuntura), SIDA (Scuola Italiana di Agopuntura) e molte altre. Sono Operatore/Insegnante di Riflessologia Plantare Cinese, Massaggio Cinese Tuina, Auricoloterapia Cinese, Qi Gong Medico, Dietetica Cinese.

Tra i miei Maestri, voglio ricordare in particolar modo Jeffrey Chong Yuen, Monaco Taoista, il mio principale riferimento, con cui studio Medicina Cinese Classica e Qi Gong: un uomo dalla sconfinata perizia, profondità, efficacia e capacità di trasmissione, unitamente ad una generosità fuori dal comune; Marisa Vocca, la mia prima Maestra di Qi Gong, che mi ha avviato e permesso di svilupparmi in questa meravigliosa e profondissima Arte; Dott. Mauro Cittadini, Medico Gastroenterologo, eccellente Agopuntore ed Omeopata, che mi ha formato in Medicina Cinese ed Auricoloterapia, oltre ad avermi sempre supportato nei momenti di difficoltà; Dott. De Berardinis, Agopuntore illustre, con cui ho seguito diversi Seminari di Clinica. 

Cosa insegni ora? 

Ad oggi insegno Qi Gong Taoista (Medico, Marziale, Meditativo) e Medicina Cinese (Tuina, Riflessologia, Auricoloterapia, Dietetica). Al momento mi dedico alla pratica personale delle Arti Marziali, senza l'insegnamento. Sto soltando completando la trasmissione di quel che so del Wing Tsun ai miei 3 Allievi di grado avanzato, che si allenano con me da anni: a loro ho lasciato completamente le redini della diffusione di quest'Arte che mi ha permesso di arrivare al punto in cui sono. Quando sarà il momento, avvierò ex novo corsi di Arti Marziali Interne, ora sento la necessità di coltivare determinati aspetti e caratteristiche (tecniche, energetiche...) su cui lavoro ormai da tempo, che vorrei mi permettessero di arrivare a superare il mio livello attuale. Grazie mille, Riccardo, per avermi nuovamente ospitato qui, è sempre un vero piacere! 

Questa è casa tua.

domenica 8 gennaio 2012

Interview with Donald Mak

 Today we meet Donald Mak, Grand Master and Founder of International Wing Chun Organization of Hong Kong.
 
When did you start Martial Arts? And why? 

I started martial arts in 1979 when I was 17. Like most of the teenagers in Hong Kong, we were influenced by the Chinese kung fu movies in the 70’s in which of course including Bruce Lee’s movies. My martial arts background is quite pure. I only practice Wing Chun throughout my kung fu life in the past 32 years. Even though Hong Kong is a mecca of Kung Fu, I have not practiced any other Kung Fu style other than Wing Chun. 
Why I chose Wing Chun, firstly, it is because of Wing Chun’s characteristics of directness, economy of motion, using opponent’s force to against its own force, flexibility, close range of combat … etc which is more suitable to my size. I am only five feet and six inches height. 
Secondly, I have such a good luck that I can study under my sifu Chow Tze Chuen. Chow sifu is such a respected master that I have ever met. 

With whom did you start to study Wing Chun? 

My Wing Chun was learnt from Chow Tze Chuen whom is one of the early students of Yip Man. 

Who were your teachers in the past? 

If you mention “teacher” here means SiFu (literally means Teacher and Father), Chow Tze Chuen is my only SiFu (SiFu is different from Sifu, SiFu means Teacher and Father, Sifu means someone who use certain skills as his/her profession who may not have teacher/student relationship). SiFu in Chinese Kung Fu concept is quite different from teacher in the sense of western concept. However, if your mentioned “teacher” is one who have inspired you, or have taught you certain techniques, then I have several teachers including peers, senior masters of other kung fu style or other Wing Chun lineages. 

Now with who you study Wing Chun?

I am still meeting with my SiFu, Chow Tze Chuen quite often although I have my own school for more than 10 years. My SiFu is already 86 but he still practices Wing Chun every day. We still discuss about kung fu and even practice a little bit when we meet. 

Have you ever joined a match as an amateur or a professional fighter?

No. However, I encourage my students to join competition. 

How many hours do you train a day? Could you describe one of your normal weekly routine of training? 

I have my day time job working as a chief executive in a Multi-national company which requires a lot of my time and effort. I teach Wing Chun after work on a part time basis. Having said that I still spare time to train on my own every day. My weekly routine training is to have all the Wing Chun curriculum practiced at least once. 

What do you think about traditional methods of training (dummy, Weapons, Chi Sau, etc.)? 

My view on the Wing Chun traditional training methods of empty hand forms, Chi Sao and wooden dummy is as follows: Basically, the three empty hand forms are a sort of “Kuen Chung” (Seeds of Fist) which mainly for conceptual training. Applications need to be learned from Chi Sao and wooden dummy form. 
Siu Nim Tau trains a Wing Chun practitioner’s concept of relaxation, Jee Ng Seen, Chung Seen, body-squaring and static elbow. It also introduces the basic Wing Chun stance, Yee Jee Kim Yeung Ma and Wing Chun’s basic defending and attacking techniques. Most importantly, it gives the practitioner the concept of Jee Ng Seen. It is mainly on front body and straight line fighting approach. 
Chum Kiu further trains one’s concept of shoulder path, single weighted stance and Yiu Ma Hop Yat (concurrent waist and stance). It introduces 2 more Wing Chun stances, Pien Sun Ma and Ching Sun Ma which are evolved from Yee Jee Kim Yeung Ma. Footwork like Biu Bo, Tor Bo, wing chun kicks and body pivoting techniques are introduced in this form. Apart from that side body fighting approach is taught in this form. 
Biu Jee gives you the proactive fighting concept with much more aggressiveness. Thus, more deadly attacking techniques like Kup Jarn/Gwai Jarn, Man Sao, High-low Gaun Sao, Biu Sao and double Lap Sao and Chap Kuen are taught. Long bridge power and the other footwork technique, Huen Bo (Circular step) are trained. It teaches the circular fighting approach on top of the straight line fighting approach learnt in Siu Nim Tau and Chum Kiu. One cannot fight by just learning the 3 forms.
Chi Sao has to get into place to bridge the empty hand forms with real combat situation. The training of Chi Sau is divided into 2 stages, namely Pun Sao (means double hand Chi Sao or rolling hand) and Guo Sao (literal means exchange of techniques, kind of sparring but maintain the hand-to-hand contact). 
During Pun Sao (also termed as Sheung Chi Sao or Luk Sao), emphasis should be directed towards: Developing sensitivity of the hands. Listening to your partner’s energy (Listening in the traditional Wing Chun sense of the word means feeling or sensing your opponent’s force or movements in a certain direction). Proper use of 3 fundamental techniques: Bong Sao, Tan Sao and Fook Sao. Training spiral force, which can be employed to offset your opponent’s equilibrium and allow you to take control of the centerline. The 12 hand to hand situations and follow up (combination) situations. There are 12 basic scenarios that one may come across, these techniques teach you how to react and counter. 
There are no fixed drills, as Wing Chun techniques should ultimately reflect an individual’s personality, although several techniques characteristic to our lineage exist as a reference point. The idea is that you can never know how your opponent is going to react before he actually does, so to commit to a preset configuration would place you at a disadvantage against an experienced fighter. The concept of relaxation, centerline, static elbow (down and in), body squaring, and facing. 
During Guo Sao, focus should be placed on: The practice of simultaneous defense and attack: This is the most efficient way to strike your opponent. The same time you defend an attack you simultaneously deliver a counter strike which will disturb your opponent’s equilibrium and enable you to follow up by exploiting any openings. 
The use of distraction when attacking: By applying this tactic, the opponent will be easier to hit. Stickiness and control: Good stickiness and control can minimize the chance of being counter attacked. 
Practice of Lut Sao Jik Chung: This is an important concept to internalize as it is a practical application. Lut Sao Jik Chung literally means “without contact, thrust out straight”. This is a proactive state through which the intention is there for your hand to strike out at your opponent when you instinctively sense an opening free from obstruction. 
Structure and Footwork: The training and use of correct structure and footwork allow you to maintain good form under stress while remaining in a position to be able neutralize / dissolve your opponents force. The fact that you don’t counter force with direct force is core to Wing Chun theory. 
Chi Kiu Chi Da (sticky strike): This is the concept of first establishing contact and then building up to a strike. It is important to train under someone who can “bring out your hands” in order to correct technique and to align your senses with the Wing Chun system. 
Coming to the wooden dummy training, the overall purpose is to reinforce the concepts and techniques that you have learnt in the 3 empty hand forms. Specifically, it can train one with: 1.better coordination of waist and stance; 2.strengthen the concepts of facing, body square, relaxation… etc; 3.agility of footwork; 4.power development; and 5.proficient application of Wing Chun techniques in different fighting scenarios All in all, I found the design of Wing Chun system is very scientific and logical. 

What do you think of the other SiFu and their teaching methods, other associations and Families of Wing or Weng Chun?  

Different people have different interpretation. It is not a matter of different lineages, Wing Chun or Weng Chun. The differences are bound to happen because of people. It is good because it can have wider variety. The most important is to understand what is the difference and why it is different, what are the pro and cons and how to cover the cons. 

How anyone could be SiFu in your Association? 

One has to complete the whole system, teach for certain years and have contribution to both Wing Chun and our organization. 

What are the fighting concepts that are focalized on into your School? 

Directness and economy of motion. If your opponent is stronger than you , use soft approach. If you are stronger and bigger than your opponent, just go straight and direct. 

Can you tell us anything else on Long Pole form and training and on Baat Cham Dao? 

To me, any old style weaponry in Chinese martial arts like spear, pole, knives, long bench… are no way to compare with today’s fire weapons. The value of weapon training in Wing Chun is more to supplement our empty hand techniques in the way of stance, positioning and power than the original value of weapon fighting. It is not practical to carry the Baat Cham Dao or a 9.5 feet long pole for self defense. Having said that, if apply the long pole techniques with a shorter staff, it works extremely well in self defense. All in all, both the Baat Cham Dao and Long Pole form are excellent forms to supplement our empty hand fighting techniques.

giovedì 29 settembre 2011

Intervista a Luigi Rossi

Oggi incontriamo il Maestro Luigi Rossi, fondatore della Scuola dell'Acqua - Wing Txun.  

Ci puoi dire qualcosa sulla tua vita?  

Sono cresciuto in una famiglia in cui sia mio padre che mia madre uscivano di casa molto presto per andare al lavoro e tornavano tardi, per cui ero lasciato essenzialmente a me stesso per tutto il giorno. Gli amici dell’epoca mi fecero conoscere l’ambiente dei tifosi più accaniti e violenti “della curva” (romanista) e divenni anch’io uno di loro. Devo quindi dire che purtroppo, pur essendo di buona famiglia e con niente che mi mancasse, per le ragioni che ho detto ero una testa calda e sono cresciuto in strada. Fortunatamente, due eventi hanno cambiato questo corso di cose: l’incontro con la ragazza che poi è divenuta mia moglie che dimostrando grande pazienza è riuscita a tirarmi fuori da quell’ambiente e – in secondo luogo – l’incontro proprio con il WX. Voglio sottolineare che a contribuire al mio cambiamento interiore non è stato l’incontro con un’arte marziale qualunque, perché io già praticavo full contact. Invece è stata proprio l’impostazione che richiedeva il mio primo insegnante (sifu Fries) a provocare questo mutamento. Fries insisteva molto sull’aspetto della gestione delle situazioni da strada: non essere aggressivo e non aggredire, bensì imparare a difendersi quando necessario e non perché siamo stati noi i primi a provocare. Questo ha cambiato la mia mentalità: ho smesso di essere un attaccabrighe, passando dalla logica dell’aggressore a quella dell’eventuale aggredito. Come facilmente comprensibile, ciò comporta una visione interiore completamente diversa dell’approccio della persona alle situazioni di potenziale scontro fisico. 

Quando hai iniziato a praticare Arti Marziali?  

Ho iniziato a fare WX nel 1989. Prima, da ragazzino, avevo praticato judo (fino al grado di cintura blu) e in seguito full contact (dai 16 anni e per i sette successivi). I miei risultati nel full contact erano di buon livello: ho partecipato a diversi campionati regionali e poi nazionali, un anno arrivando terzo agli assoluti. Poi accadde che nel corso di una preparazione per una gara di full contact presi un colpo d’incontro dal mio sparring partner, il che mi provocò una frattura scomposta al setto nasale, con un periodo di allontanamento dalla palestra di 6 mesi, per la post-degenza. Quando tornai a praticare full contact avevo già conosciuto sifu Fries che ben presto mi fece nascere l’amore per il WX. Così abbandonai il full e passai alla nuova arte. Nel 1991 divenni istruttore di WX e l’anno successivo aprii il mio primo corso come insegnante e sempre nel 1992 il wx diventò la mia unica professione.   

Con chi iniziasti a studiare lo stile WingTsun? 

Come ho già avuto modo di dire, il mio primo insegnante è stato sifu Michael Fries. A quel tempo egli era il responsabile per Roma di una grossa organizzazione internazionale di WX. Ciò mi ha dato modo di partecipare ben presto a stage e incontri tecnici che ampliavano i limiti connessi ai frequentatori di una sola palestra, nel senso che avevo spesso modo di confrontarmi tecnicamente con praticanti di tutta Italia. Questo aspetto, senza dimenticare quello parallelo delle amicizie e conoscenze che nel corso degli stage venivano a maturarsi sul piano personale e relazionale, ha indubbiamente contribuito positivamente alla mia crescita nel WX.   

Chi sono stati i tuoi Maestri nel passato?  

Quasi subito, all’epoca di sifu Fries, iniziai ad allenarmi a Livorno. Qui, come referenti tecnici per gli stage c’erano il Maestro Kernspecht e il Maestro Leung Ting. 

E chi è il tuo attuale Maestro? 


Per rispondere a questa domanda devo fare una premessa, necessaria per evitare di essere considerato una persona presuntuosa o poco riconoscente. Io mi sono staccato dall’organizzazione nella quale ho iniziato a praticare WX, per ragioni tra le quali spiccano quelle di carattere tecnico. Non mi riconoscevo più in ciò che veniva insegnato e trovavo fossero necessarie delle profonde modifiche se si voleva che i principi dell’arte dovessero – come credo – essere rispettati. Per questa ragione, avvalendomi dell’esperienza maturata e delle personali considerazioni critiche che si erano sviluppate parallelamente ad essa, ho elaborato una mia interpretazione del WX che – appunto – tiene in gran conto i principi dell’evitare la forza dell’avversario e del conservare quella che chiamo “lucidità” nei movimenti. In base a questa lunga premessa, non posso più dire di avere un maestro di riferimento. E questo – ripeto – non perché non riconosca chi mi ha fatto crescere nel mio percorso marziale ma perché ho elaborato personalmente e indipendentemente ciò che pratico e insegno oggi.   

Come si può diventare SiFu nella tua associazione? 

Il primo requisito è l’aver conseguito il secondo grado tecnico da almeno un anno e avere degli allievi diretti. Non è importante il loro numero ma è richiesto che essi abbiano un regolare inquadramento all’interno di un corso collettivo o individuale. Questo per il significato stesso del termine sifu (=padre): non si può essere padre se non si hanno dei figli (allievi). Il secondo requisito è avere una visione comune e sinergica alla mia circa gli obiettivi e le metodologie didattiche all’interno della Scuola. Un sifu non può agire solo per proprio conto e interesse, bensì deve perseguire il bene dell’intera organizzazione. E’ ovvio e normale che un sifu abbia le proprie inclinazioni ed i propri interessi personali ma è altrettanto evidente che tali interessi non possono porsi in contrasto con quelli della Scuola.   

Quante ore ti alleni al giorno? 

Attualmente mi alleno 3, al massimo 4 ore al giorno. Fino a qualche anno fa mi allenavo di più, ma si trattava di un lavoro diverso, in un certo senso più “meccanico”, derivante come ho detto sopra da un’impostazione completamente diversa (e che ho trovato progressivamente sempre meno soddisfacente) del WX. Oggi l’impegno psico-fisico e il grado di concentrazione sono diversi, senz’altro superiori, in quanto la caratteristica della mia Scuola è una grande attenzione ad ogni singolo movimento e alla lucidità mentale che lo deve necessariamente accompagnare. Ogni istante richiede la massima attenzione e “presenza cosciente” in chi sta praticando, perché ogni movimento deve essere perfettamente controllato dalla volontà e comporta la possibilità di modificare in ogni istante gli obiettivi e le finalità del movimento stesso. Io non insegno mosse o sequenze di mosse prestabilite, quindi è facile comprendere che ogni situazione richiede un’attenzione “fresca” ed elevata, sia visiva che tattile. Lo sforzo è tale che al termine di ogni lezione sono esausto e 3-4 ore al giorno sono il massimo che ritengo giusto permettermi per un allenamento di qualità, sia mio personale che con gli allievi. A completamento di queste riflessioni, devo dire che in passato ho gestito classi anche di 20 praticanti, il che mi permetteva, nei momenti in cui passavo tra i vari gruppi per controllare il loro lavoro, di godere di momenti - per così dire - di pausa. Ora invece mi dedico esclusivamente agli allenamenti individuali, in cui sono chiamato in prima persona a muovermi e concentrarmi con l’allievo cui sto facendo lezione. In altri termini, non ho pause in cui supervisiono il lavoro altrui, ma lavoro costantemente e senza interruzione con il singolo allievo. Sono quindi preso sia fisicamente che mentalmente al 100% del tempo che dedico all’allenamento. In un senso più ampio, vorrei aggiungere che benché da solo non mi alleni, la mia giornata è permeata dal WX. In un certo senso “non stacco mai la spina”. A casa, in motorino nei miei spostamenti e persino nelle occasioni sociali, cerco di muovermi in un modo coerente con il mio modo di muovermi in palestra. Questo può apparire strano, ma il WX è la mia vita e io credo molto in quello che faccio. In questa prospettiva, può apparire meno strano se dico che anche in motorino bado a un certo tipo di rilassamento muscolare, alla mia postura, alla capacità di non irrigidirmi e restare invece reattivo. Per me il WX è innanzitutto lucidità mentale e uno stato fisico che permette di agire prontamente e senza doversi prima “mettere in guardia”. Quindi sono io che ora faccio la domanda: quanto mi alleno al giorno? 

Hai mai combattuto in contesti sportivi? Quando, dove e con quali risultati? 

La domanda non si può riferire al WX, perché in massima parte nel WX non sono contemplati tornei di questo tipo. I recenti tentativi di inserire il WX in circuiti agonistici non li considero, perché non fanno parte della mia filosofia dell’arte. Quindi la risposta è No. Per il resto, ho già risposto in precedenza, quando ho accennato ai miei trascorsi nel full contact.   

Quante ore a settimana dovrebbe praticare uno studente per progredire in maniera seria?  

Qui le chiedo cortesemente di permettermi di rispondere ponendo la sua domanda all’interno di un discorso più generale. Secondo me la prima cosa da chiarire riguarda non la quantità, bensì la qualità dell’allenamento. Purtroppo in giro vedo molti discorsi basati sulla quantità, in cui la qualità è data per scontata, mentre non è affatto così. Se lo stile di WX si fonda su di un approccio coerente, in cui in ogni singolo movimento sono rispettati i principi dello stile, ci possono essere praticanti che si allenano con me anche solo una volta al mese con buoni risultati, nel senso che i loro progressi nello stile sono apprezzabili ed evidenti. Questo perché qualunque tipo di tecniche stiano allenando in un certo momento, esse vanno ad arricchire anche le tecniche che al momento non vengono allenate. Mi rendo conto che quanto sto dicendo può apparire di difficile comprensione ma va tenuto presente che nel mio approccio tout se tient: ogni tecnica allena anche le altre, perché si fonda sull’attenzione maniacale per gli stessi principi che supportano nel medesimo modo e grado tutte le altre tecniche. Il fatto è che noi alleniamo principi, prima ancora che tecniche. Faccio un esempio. Il modo di gestire il movimento del corpo è per noi della massima importanza. Se alleno una tecnica di attacco che rispetta il giusto modo di muovermi, ne trarrò giovamento anche quando farò esercizi di chi-sao, perché non tratterò quest’ultimo come una cosa “a sé stante”, bensì inserita in un approccio in cui mi devo necessariamente muovere in un certo modo. Tenuto debito conto del livello qualitativo complessivo dell’allievo, io non ammetto che eserciti una tecnica “dimenticando” quanto ha già imparato esercitando le altre. Un altro esempio: se alleno un attacco che comporta un contatto, dovrò saper gestire quel contatto a seconda del mio livello nel chi-sao. Non ammetto che un allievo che ha già una buona esperienza di chi-sao “regredisca” a una gestione più elementare. Se quindi l’allievo in quel periodo si sta allenando correttamente nel chi-sao, questo alzerà il suo livello complessivo anche nella gestione dell’attacco con contatto. In altri lineage di WX capita di veder allenare in modo separato tecniche e combinazioni, tanto che poi c’è una certa difficoltà a ricondurle ad un’ unicità di gestione. Ovvio che in queste Scuole la quantità di allenamento sia un metro assoluto o perlomeno serva a giudicare quanto un allievo è bravo in quella singola tecnica. Si progredisce – per così dire – per compartimenti, per capitoli. Il problema è che se l’allievo non è abituato a considerare quello che pratica come un tutt’ uno, in cui sempre tutti i principi a fondamento della sua arte sono rispettati, progredirà in modo discontinuo, portandosi gli errori di impostazione da una tecnica all’altra. Avendo sottolineato fino ad ora che l’allenamento deve obbligatoriamente essere di alta qualità, resta inteso che se a questa si accompagna la quantità, tanto meglio. Io alleno tanto persone che vedo una volta la settimana, quanto altre che oltre a far lezione con me hanno a propria volta degli allievi, con i quali si allenano di conseguenza. Nella mia Scuola ci sono praticanti che si allenano anche 5 volte per settimana, poiché gestiscono più corsi e hanno anche allievi privati, per cui in complesso praticano per 8-10 ore la settimana, non tenendo conto di quanto possono poi fare aggiuntivamente a casa loro, in privato. È chiaro che in questi casi i loro progressi saranno più significativi. Ci sono poi gli stage mensili e le sessioni di esame in cui gli istruttori sono chiamati a dare il loro contributo. C’è quindi chi si allena anche 45-50 ore al mese. Ma il punto fermo per me rimane la qualità di quello che si fa. Mentre è possibile, benché limitativo, allenarsi in qualità e non in quantità, il viceversa non produce nessun risultato, nel senso che si rischia di fare per ore e ore cose sbagliate. Un po’ come accade con la tela di Penelope: la quantità non supportata dalla qualità cancella i progressi ottenuti e non consente un miglioramento effettivo nel mio modo di intendere il WX. In sintesi: quantità di allenamento, preparazione fisica, forza, velocità e aggressività sono tutti elementi importanti ma assolutamente aggiuntivi alla qualità di quel che si allena. Essi contribuiscono in maniera importante alla crescita dell’allievo ma senza la qualità rappresentano solo una perdita di tempo. Esiste ed esisterà sempre quello più forte, più veloce, più aggressivo di noi. Se quindi queste nostre caratteristiche non sono supportate dalla qualità della nostra tecnica, saremo sempre destinati a soccombere. Negli anni, poi, la nostra fisicità è naturalmente destinata ad affievolirsi, per un naturale processo di invecchiamento. Cosa ci resterà, se non abbiamo una tecnica che invece può crescere sempre, anche a 60 anni?   

Cosa ne pensi degli altri SiFu e dei loro metodi di insegnamento, nelle altre associazioni e Famiglie di Wing Chun? 

Dividiamo innanzitutto il mondo cui lei fa riferimento in 4 gruppi di persone. Il primo gruppo è formato da persone che conosco direttamente, con le quali ho condiviso a Livorno, nel corso dei miei 16 anni di appartenenza alla stessa organizzazione, dei momenti importanti della mia vita marziale. A questo gruppo appartengono tra gli altri sifu Paolo Delisio, sifu Michele Stellato, sifu Gianluca Cesana e sifu Carlo Bernardi. Questi ed altri avranno sempre un posto speciale nei miei ricordi, perché con loro ho condiviso periodicamente momenti marziali e conviviali importanti. Un secondo gruppo è formato da persone che conosco molto bene sotto il profilo umano e marziale perché sono stati miei allievi, anche se ora essi magari sono insegnanti di altri stili, di altri lineage. Soprattutto a Roma, di appartenenti a questo gruppo ce ne sono molti. Alcuni nomi sono Stefano Lucaferri, Alessandro Messina, Fabrizio Screpante, Enrico Toro, Antonio Pantaloni e Simone Pietrobono. Voglio sottolineare che nella stragrande maggioranza dei casi queste persone si sono allontanate da me non per problemi con il sottoscritto, bensì per un certo livello di incomprensione con i vertici dell’organizzazione che io all’epoca rappresentavo a Roma. Quindi, quando costoro hanno avuto la possibilità di andarsi ad allenare con qualche maestro di un certo livello di altre organizzazioni, lo hanno fatto. Sia pure – mi piace ricordarlo – a malincuore. Nel medesimo gruppo inserisco anche coloro che sono rimasti nella mia organizzazione di origine anche quando me ne sono andato io: Enrico Tosini, Massimiliano Forti e Resurrection Jules. Il terzo gruppo è formato di persone che non conosco personalmente ma che si allenano nelle loro rispettive Scuole e lineage con convinzione, dedizione e amore; e che mostrano rispetto nei confronti degli altri lineage e Scuole. Nel quarto gruppo metto quelli dotati di ignoranza tecnica e stupidità caratteriale, in genere direttamente proporzionali ad una buona dose di arroganza infantile. Questi purtroppo esistono, anche se il loro livello tecnico e umano è in grado di impressionare solo i loro (pochi, quando non pochissimi) allievi. Non a caso, credo che costoro nel panorama del WX italiano contino meno di niente, benché si diano un gran daffare a forza di urla e strepiti per far capire che esistono. Ritengo che, per fortuna, gli appartenenti al quarto gruppo siano una sparuta minoranza. Le prime tre categorie godono del mio rispetto, anche se hanno un’interpretazione del WX molto distante dalla mia. Da questa diversa interpretazione deriva anche quello che penso dei loro metodi: non mi permetto di giudicarli.   

Possiamo sapere la differenza tra il tuo Wing Txun e le altre interpretazioni? 

Provo a rispondere riportando le parole di un mio allievo che si allena da 6-7 mesi con me, con un trascorso di 10 anni in seno a due grandi organizzazioni di WX: “La gestione del corpo della Scuola di Rossi, il suo modo di affrontare il tema della mobilità, con tutte le conseguenze che queste cose comportano sul piano tecnico e di visione del combattimento, spalanca al praticante delle ‘finestre logiche’ che prima non solo erano chiuse ma delle quali non si sospettava nemmeno l’esistenza”. Io non mi sento di parlare di differenze, perché il confronto tra queste è possibile quando alla base c’è un impianto comune e quindi le singole differenze sono distinguibili individualmente. Per noi invece l’intera struttura del sistema, dai principi alla gestione del movimento, giù fino alle singole tecniche, si caratterizza in modo così specificamente diverso dal WX che comunemente si vede in giro, da non rendere significativa un’analisi “per differenze”. Ha senso confrontare una tigre con un leone, molto meno con un delfino. Una tecnica nostra non si differenzia dalla tecnica con lo stesso nome ma di un altro stile per l’angolo di contatto o il tipo di passo o la forza impressa ma per come è gestita dal corpo in coerenza con i principi. Quindi, nonostante qualcuno ci dica che noi non facciamo WX ma qualcos’altro, la nostra Scuola si basa con la più assoluta coerenza sui principi tramandati dal WX stesso. Questo credo spieghi anche quanto ho detto prima sull’allenamento di qualità: il nostro modo di muoverci, di attaccare e di difenderci è una conseguenza diretta dell’applicazione logica dei principi. Senza eccezioni. Se uno stile dice di voler evitare la forza dell’avversario, come può accettare gli scontri frontali forza-contro-forza? Qui torniamo al tema dell’allenamento di forza, velocità e aggressività, dove necessariamente prevale chi è più forte, veloce e aggressivo. Noi crediamo che la tecnica conseguente all’applicazione dei principi possa far prevalere anche chi è meno forte, purché sappia come muoversi e conservi la capacità di cambiare-mutare se gli eventi lo richiedono, con la necessaria lucidità mentale. Se proprio devo caratterizzare la nostra Scuola in tre punti, parlerei di a) coerenza con i principi del WX, b) gestione del corpo, c) lucidità mentale. Non per questo rispetto dei principi noi diciamo di fare WX “tradizionale”. Secondo me, come per tutti gli aspetti della vita ciò che è tradizionale deve sapersi evolvere con il tempo e le mutate esigenze. Un WX fermo a 100 anni fa, che si sforzi di replicare il modo originario di applicare i principi, è destinato a fallire. Ciò che non si evolve, arretra. I calciatori di 50 anni fa oggi non vedrebbero palla. Le nuove arti marziali, le MMA, le nuove tecniche di altri stili impongono uno studio continuo e progressivo di quanto si fa. Un WX “non critico” è un WX morto: ciò che si evolve smette ipso facto di essere tradizionale. Io credo nei principi del WX e credo che funzionino. Ma credo altrettanto fortemente che per farli funzionare serva una tecnica che ad essi si ispira e su di essi si costruisce. Se invece la tecnica viene costruita su uno stile ingessato o – peggio – su basi incoerenti con i principi, si hanno dei problemi che poi sfociano nello “studio dell’angolo giusto per il tan-sao” o in certe guardie statiche e – quindi – presuntuose. Uno dei temi recenti del dibattito sul WX è la sua eccessiva staticità. Molte scuole, vecchie e nuove, provano a modificare questo stato di cose, ma quasi tutte a nostro avviso non tengono ancora in sufficiente conto l’aspetto dell’energia complessiva dell’avversario che non è un movimento di 5 cm più a destra o a sinistra a farla evitare. Secondo noi – e qui concludo – serve proprio un nuovo modo di gestire il corpo.   

Quali sono i concetti di combattimento su cui è focalizzata la tua Scuola? 

Il WX nasce come disciplina non agonistica, ma come difesa da strada. Perciò la sua funzionalità deve essere rivolta alle situazioni da strada. A questo proposito, vorrei ricordare quanto mi ripeteva in diverse occasioni un mio amico, campione di Sanda in Russia e detentore di molti titoli a livello internazionale: “Nonostante tutte le situazioni che mi si sono presentate sul ring, se le guardo dal punto di vista mentale, tecnico, psicologico, non ce n’è mai stata una sola che potesse paragonarsi a quello che può accadere in strada”. Con ciò voglio dire che anche un atleta con enorme esperienza di combattimento deve “riprogrammarsi” quando affronta una situazione da strada. Il WX, sotto questo profilo, offre appunto il vantaggio di essere fatto apposta per gestire un confronto senza regole, come accade per strada. Con ciò non voglio assolutamente dire che un esperto di altre arti marziali debba per forza trovarsi impotente per strada: può anzi essere che egli risulti estremamente efficace, devastante e quant’altro ma credo che il confronto di tipo casuale che si può proporre per strada debba essere trattato con un approccio specifico e dedicato, quale il WX può offrire. L’abbigliamento nostro e dell’aggressore, il nostro e il suo stato fisico e mentale, il grado di pericolosità della situazione (noi soli o con qualcuno da difendere), le condizioni logistiche, lo stress sono tutti fattori variabili che devono essere studiati uno per uno e in combinazione per saperli gestire quando si presentano. Devo ammettere che la mia esperienza personale, maturata soprattutto negli anni giovanili a cui ho fatto cenno prima, in cui frequentavo compagnie piuttosto “vivaci” e francamente orientate allo scontro con compagini rivali, mi è servita non poco per analizzare con cognizione di causa la gamma di situazioni che si possono ricreare in uno scontro senza regole. Il mio metodo di insegnamento cerca quindi di tener conto, nel modo più approfondito che una simulazione in palestra rende possibile, di tutti quegli aspetti imponderabili di cui ho parlato sopra. Essi devono assolutamente essere tenuti in considerazione come condizioni “normali”, per non lasciare l’allievo alle prese con un livello di stress ingestibile, tale da impedirgli di reagire con le tecniche che pure può aver imparato correttamente.   

Ci puoi dire qualcosa sulle varie forme, dalla Siu Nim Tau alla Chum Kiu, sino ad arrivare alla Luk Dim Poon Kwan ed alla Bart Cham Dao? 

Le forme della tradizione del WX non corrispondono alla mia interpretazione dei principi, soprattutto per quanto riguarda la gestione del corpo. Per questa ragione, nella mia Scuola non vengono insegnate, mentre invece ne sto introducendo di diverse, coerenti con il nostro modo di muoverci, di gestire la forza dell’avversario, di conservare una capacità reattiva fondata sulla costante presenza dell’equilibrio dinamico. 

Grazie! 

Grazie a te Riccardo, colgo l’occasione per salutarti e farti i migliori auguri per il tuo cammino marziale!

venerdì 2 settembre 2011

Intervista a Simone Sebastiani

Oggi incontriamo il Maestro Simone Sebastiani, fondatore della Scuola di Discipline Orientali San Bao, rappresentante italiano della International Wing Chun Organization del Maestro Donald Mak di Hong Kong e Regional Coordinator per l’Italia della World Wing Chun Union.

Ci puoi dire qualcosa sulla tua vita? Quando hai iniziato a praticare Arti Marziali?

Effettivamente non ricordo la mia vita senza Arti Marziali. Ho cominciato quando ero bambino, all’età di 10, 11 anni circa. Un giorno accesi la TV e casualmente (sempre che il caso esista) mi trovai davanti la scena di un piccolo ma agile uomo cinese che a calci e pugni combatteva contro più avversari rimanendo imbattuto (più tardi scopri che si trattava del famoso Bruce Lee). Rimasi talmente colpito ed affascinato dal filmato che andai immediatamente sul cortile di casa e comincia ad “allenarmi”…senza il minimo rudimento di Arti Marziali, ma con quella sana improvvisazione che solo i bambini posseggono. Ero talmente trasportato ed affascinato dalle Arti Marziali che cominciai a chiedere a tutti i miei amici che già praticavano Karate o Judo (le più diffuse all’epoca) di insegnarmi qualcosa, fino a quando i miei genitori, comprendendo che non si trattava di una semplice passione passeggera, decisero di iscrivermi in una Scuola di Arti Marziali. Sono stato molto fortunato ad aver trovato e scelto la Scuola di Kung Fu Tradizionale Cinese del Maestro Paolo Cangelosi, con cui ho praticato per molti anni sotto la sua guida diretta e dei suoi più stretti e migliori collaboratori ed allievi.

Con chi iniziasti a studiare lo stile Wing Chun?

Ebbi l’opportunità di conoscere il Wing Chun nella Scuola del Maestro Cangelosi, anche se, con il senno di poi, posso dire che “quel” Wing Chun era molto carente di principi, tecniche e metodiche di allenamento fondamentali del sistema. Per essere sincero trovavo all’epoca il Wing Chun abbastanza noioso e statico, ma ciò è normale essendo io molto giovane ed essendo il sistema di allenamento dell’epoca poco vicino al “Concetto” Wing Chun; a quel tempo il mio ideale di Kung Fu era quello cinematografico, fatto di “strani” pugni e “calci volanti”. Non amavo il Wing Chun, ma mi piaceva il Kung Fu e mi allenavo diligentemente su tutto quello che il mio Maestro mi chiedeva di fare. Con il tempo invece, soprattutto con l’esperienza e la conoscenza di Maestri qualificati, ho cominciato a comprendere meglio il Wing Chun ed a studiarlo sistematicamente, comprendendo che si trattava dello Stile che meglio si adattava al mio fisico, alla mia mente ed alle mie esigenze.

Chi sono stati i tuoi Maestri nel passato? E chi è il tuo attuale Maestro?

Provenendo dal Kung Fu Tradizionale, ho avuto l’opportunità di conoscere, allenarmi e studiare con molti Maestri e Rappresentanti di diversi Lineage Marziali; ho spaziato dalla Boxe (con il Campione dei pesi medio-massimi Ray Sugar Beya) all’Aikido, dal Tang Lang (con il Maestro Lee Kam Wing) allo Shaolin, dal Tai Chi Chuan al Pa Kua, e molto altro. Per quanto riguarda il Wing Chun invece, dopo il Maestro Paolo Cangelosi ho avuto l’opportunità di avvicinarmi a diverse Scuole di Wing Chun tra cui quella del Maestro Lok You, grazie al suo allievo diretto Willelm Blesch, il Maestro Austin Goh (allievo diretto di Lee Shing) e la Scuola del Maestro Leung Ting durante la mia permanenza nei Paesi Baschi.

Dal 2006 circa seguo unicamente il Maestro Mak Kwong Kuen, meglio conosciuto con il suo nome d’arte Donald Mak, allievo diretto del Maestro Chow Tze Chuen, diretto discendente del Gran Maestro Ip Man. In questa Scuola ho trovato prima di tutto una Famiglia ed un modo di vivere e manifestare il Wing Chun più consono al mio modo di essere e di vivere la pratica. Dopo anni di ricerca in cui la mia “sete” di sapere non era stata soddisfatta, ho trovato finalmente un “luogo” in cui fermarmi ma anche un trampolino di lancio verso le altre avventure nel mondo Wing Chun che spero mi attendono.

Come si diventa SiFu nella tua Scuola?

Ti ringrazio per questa domanda perché mi permetti di spiegare un concetto a cui tengo molto: il termine SiFu. Effettivamente noi occidentali tendiamo ad abusare di questo termine, considerandolo un titolo (come Ingegnere, Professore, Avvocato, Principe…) mentre, nella sua accezione Orientale, indica esclusivamente una “relazione” tra persone. “Io” sono SiFu dei “Miei” allievi e non “un SiFu”; perché SiFu, nel Kung Fu Tradizionale, è associato al termine “To Dai” che significa allievo o studente. 

Effettivamente il termine sifu viene utilizzato anche in oriente (come Lao Sze, Sien Sun ed altri) per indicare un insegnate, un professore, ma nel Kung Fu Tradizionale, ed in particolare nel Wing Chun di Hong Kong, si dovrebbe intendere il significato più alto del termine SiFu (che noi indichiamo appunto con la “s” e la “f” maiuscole) ovvero quello di “Padre”, inteso come Padre Spirituale, Magister, in grado di trasmettere ed insegnare oltre l’Arte Marziale anche la sua Moralità, la sua Rettitudine e la Spiritualità.

Nella nostra Scuola, sia la SAN BAO che la INTERNATIONAL WING CHUN ORGANIZATION, questo concetto è molto chiaro ed importante, è per questo che sono stato accettato come allievo interno diretto dal Maestro Donald Mak. Ormai in Occidente (soprattutto in Italia) consideriamo il termine Sifu un titolo di cui fregiarsi, e siccome sono tutti “sifu” bisogna inventarsi dei termini nuovi, come Master, Gran Master, Dai Sifu etc. Come diceva Bruce Lee: “il Kung Fu (e tutto il mondo che gli gravita intorno) è soltanto un nome, il Kung Fu sei Tu!”. Ovviamente ognuno vede il proprio Wing Chun e l’organizzazione della propria Scuola come vuole e come meglio crede, ho soltanto paura che questo modo di operare produca più che altro una scissione, una suddivisione, una separazione (che a noi occidentali viene molto bene) piuttosto che creare unità, integrazione e coerenza.

Detto questo posso rispondere alla tua domanda in due modi: “sifu” si diventa con il tempo, progredendo con il programma, impegnandosi nell’allenamento, avendo esperienza nell’insegnamento (prima di un piccolo gruppo e poi magari sempre più grande) fino a quando il proprio Maestro non ritiene opportuno concedere una totale fiducia. Per diventare “SiFu” ci vuole molto più tempo e soprattutto un’attitudine innata, una capacità speciale e, perché no,……Karma?

Quante ore ti alleni al giorno?

La risposta ti sorprenderà: non lo so! Preferisco dire che “Vivo” Kung Fu, o come si usa dire nella nostra Scuola, tendo ad avere una “Kung Fu Life”. Effettivamente non ho un orario o un tempo predefinito di allenamento settimanale, dipende soprattutto dalle lezioni che faccio e dagli allievi. Diciamo che mi “muovo” sempre e trascorro molto tempo in palestra (minimo 5/6 ore al giorno), poi faccio molte lezioni private oltre che girare nelle nostre Sedi e seguire il mio SiFu nei vari Seminari Internazionali. La mia attenzione è rivolta soprattutto ai miei allievi ed alla volontà di farli progredire. Ovviamente insegnando continuamente ho modo di allenarmi molte ore al giorno, ripassando le forme, praticando gli esercizi di base ed il Chi Sao con persone differenti. Quindi direi che mi alleno “mai e sempre”! Come disse Yoghi Bajan (un grande Maestro di Kundalini Joga) “se vuoi sapere qualcosa leggilo, se vuoi capire qualcosa insegnalo”.

Hai mai combattuto in contesti sportivi? Quando, dove e con quali risultati?

No, mai. Per scelta. Non ho mai partecipato a gare sportive perché ritengo il contesto sportivo ben lontano dall’Arte Marziale. Ritengo l’Arte Marziale, indipendentemente dal Sistema, un’Arte, cioè una forma di ricerca ed espressione e non uno sport. Considerarle sport significherebbe vederle sotto un aspetto riduttivo.
Ovviamente questo è il mio punto di vista e non ho nulla da obbiettare a chi organizza o partecipa a gare di Arti Marziali, ma non è la mia Via. L’Arte Marziale Tradizionale interessa diversi aspetti dell’essere umano: quello mentale, fisico e spirituale. Inoltre è permeata dalle tradizioni culturali e dalle filosofie orientali. Lo Sport manca di questi aspetti, quindi per me non possono essere paragonati. Però siamo Occidentali e le persone hanno spesso il bisogno di confrontarsi e di affrontare i propri “Mostri” interiori. La mia visione è che viviamo nel 2011 e non possiamo più basarci su un’Arte Marziale per combattere contro qualcuno o per sentirci più forti; chi vive un’Arte Marziale in questo modo è, secondo me, ancora molto indietro nel percorso Marziale. Oggi l’Arte Marziale deve essere una Via di Conoscenza e di Auto miglioramento. Come disse lo scrittore Francese Jean Girardoux: “L’Arte Marziale consiste nel delegare al corpo alcune delle più forti virtù dell’Anima: l’energia, l’audacia, la pazienza. E’ il contrario della malattia”

Quante ore a settimana dovrebbe praticare uno studente per progredire in maniera seria? 

Penso che non dipenda dalle ore di allenamento, o per lo meno non solo. Nel Kung Fu Tradizionale si dice che “un terzo lo fa il Maestro, un terzo lo fa il cielo ed un terzo lo fa l’allievo”. Si potrebbero anche definire delle ore minime di allenamento, ma sarebbe difficile e non opportuno, perché ognuno di noi è diverso e ci sono diverse tipologie di allenamento (allenamento fisico, allenamento sull’energia interna, allenamento tecnico, allenamento a solo, allenamento in coppia etc..), inoltre la vita ci pone dinanzi a diverse fasi, in cui il nostro tempo libero per l’allenamento può essere diverso. Penso che sia meglio parlare di costanza e continuità nell’allenamento. Io dico sempre che la continuità paga molto più di pochi allenamenti intensi fatti ogni tanto. Potrebbe bastare una sola ora a settimana, vissuta con passione e continua nel tempo, per poter progredire in modo serio. Ovviamente più ci si allena e prima si raggiungono dei risultati. Ma escludendo il caso di atleti professionisti, gli altri, le persone comuni, non dovrebbero aver fretta. Il Kung Fu in generale ed il Wing Chun in particolare, sono una Via di crescita e trasformazione, una Via di Autoelevazione quindi un percorso che richiede molto tempo…..forse tutta la vita. 

Cosa ne pensi degli altri SiFu e dei loro metodi di insegnamento, nelle altre associazioni e Famiglie di Wing Chun?

In generale tendo ad interessarmi poco degli altri, visto la mole di impegni che ho. I metodi di insegnamento suppongo dovrebbero essere gli stessi espressi in modo diverso, in modo personale; cosi come i principi e le forme. Ci sono buonissime Scuole di Wing Chun in Italia e nel mondo; quelli che conosco personalmente sono ottimi insegnanti con delle buonissime Associazioni e lineage alle spalle. Si potrebbe lavorare di più sulla condivisione piuttosto che proteggere con timore il proprio operato. Ma sono sicuro che con il tempo questo avverrà, è un normale processo di evoluzione. La cosa più importante è che ognuno lavori con sincerità e purezza, portando avanti il proprio lignaggio con rispetto verso il proprio SiFu, Si Gung e verso le altre Scuole di Wing Chun. Purtroppo ci sono persone in Italia che, per puri scopi personali ed economici, si celano dietro grandi nomi, anche quando non dovrebbero perché non gli appartengono. Trovo inoltre molto brutto e squallido chi si permette di criticare altre Scuole di Wing Chun o Grandi Maestri del Sistema; o ancora chi pretende di essere allievo dell’unico grande maestro che conosce la verità sul Wing Chun. Tutte queste cose non fanno altro che impoverire il Wing Chun e le persone che mettono in giro queste voci. Esiste solo chi opera con serietà, professionalità e passione, basandosi su un Lignaggio Tradizionale. Questo secondo me ha senso, anche se non si è “i migliori”, anche se non si sono vinti premi internazionali o sconfitto 100 avversari con un braccio solo. Il tempo dei barbari è finito. Oggi è il tempo della Luce.

Possiamo sapere la differenza tra il Wing Chun del Maestro Mak Kwong Kuen e le altre interpretazioni?

Nessuna. Non ci sono differenze tra le diverse Scuole di Wing Chun, solo diverse interpretazioni, o meglio diversi modi di espressione di una stessa verità. E’ per questo che bisogna studiare molto e seguire con umiltà il proprio Maestro, per fare più esperienza possibile e creare un “Marzialista” completo, che non conosca solo parte della verità pensando che sia tutta. Penso che nel Kung Fu le persone debbono trovare una Via di espressione e ricerca in base alla propria fisicità, attitudine e cultura. Le diversità tra una Scuola e l’altra, penso che scaturiscono da questo (dal modo di esprimere ed intendere del Maestro), ma non sono vere e proprie diversità. E’ bene non vederle come diversità ne insegnarle come tali. Ad esempio il Maestro Chow Tze Chuen, allievo di prima generazione del Gran Maestro Ip Man e Maestro di SiFu Mak Kwong Kuen, aveva un fisico ed un attitudine molto simile a quella di Ip Man, inoltre non essendo molto alto, ha sviluppato enormemente il lavoro di gambe del Wing Chun. Potremmo dire che la “Differenza” del nostro Wing Chun rispetto agli altri è proprio nel lavoro di Gambe (Calci, Spostamenti e Posizioni); ma penso che sia più corretto dire che il Maestro Chow Tze Chuen ha lavorato molto sulle gambe, sia perchè era molto affascinato dai Calci, sia perchè una serie di aneddoti (che non sto qui a raccontare) ha indotto il Maestro Chow a lavorare maggiormente sulle gambe e gli spostamenti. Inoltre sembra che il Maestro Ip Man gli abbia trasmesso una ulteriore sequenza all’Uomo di Legno, rispetto alle tradizionali 8 sequenze, interamente basata su tecniche di Calci (nella nostra Scuola infatti si studiano 9 sequenze all’Uomo di Legno). Ma questo non fa di noi e della nostra Scuola una differenza, semmai una particolarità, visto che anche gli altri Maestri e Scuole conoscono i calci e gli spostamenti Wing Chun, è solo che, probabilmente, li hanno lavorati meno o in maniera meno oculata rispetto a noi.

Quali sono i concetti di combattimento su cui è focalizzata la tua Scuola?

Riprendendo il nostro punto di forza direi sicuramente la Struttura e gli Spostamenti. Nella nostra Scuola esiste un Kuen Kuit (Poesia Marziale) che recita più o meno cosi: “La struttura neutralizza, lo spostamento dissolve”. Questo significa che in una situazione di combattimento noi mettiamo molta importanza prima di tutto sulla struttura interna del corpo che, se ben realizzata, tenderà a neutralizzare la forza di impatto dell’avversario, trasportandola a terra attraverso l’impostazione del bacino e le gambe. Solo se l’avversario è molto irruento, forte o tende a destabilizzarci allora utilizzeremo gli spostamenti per dissolvere le forze in gioco e trovare l’angolo migliore per contrattaccare da una posizione di sicurezza.

Altro punto su cui poniamo molta attenzione (e che è strettamente collegato alla Struttura) è la fluidità e la morbidezza che deve essere utilizzata in ogni situazione. Morbidezza non significa rilassamento estremo degli arti (sicuramente pericoloso), bensì utilizzare solo ed esclusivamente la muscolatura interessata, potremmo definirla, più propriamente, Resilienza. Questo ti permette di non muoverti in modo erratico, ma seguire l’avversario ed inoltre utilizzare tutta la massa del corpo quando si trova il momento di contrattaccare. La Morbidezza, la Struttura interna e gli Spostamenti ci garantiscono, nel nostro modo di intendere il combattimento, di trovare l’angolo migliore senza scontrarci con la forza dell’avversario.

Ci puoi dire qualcosa sul 'Luk Dim Poon Kwan'?

Molto tempo fa le Armi venivano utilizzate nelle Arti Marziali principalmente per apprenderne l’utilizzo in battaglia. Oggi questa necessità è scomparsa e quindi l’utilizzo delle Armi riguarda prevalentemente il secondo aspetto fondamentale: creare e rinforzare le connessioni interne. Nella forma del Bastone Lungo dello stile Wing Chun, oltre che studiare le tecniche marziali di parata, attacco e controllo, si tende a portare l’attenzione sullo sviluppo degli arti: braccia e gambe. Essendo il Bastone Wing Chun molto lungo occorre una buona presa ed un buon lavoro di avambraccio per poter controllare completamente l’arma; lo sbalzo in avanti rispetto al corpo genera infatti degli sforzi pliometrici nei muscoli del braccio e dell’avambraccio (ma anche in polso e dita) tali da rinforzare muscolarmente gli arti superiori e, soprattutto, sviluppare forza elastica.
Nella forma sono inoltre presenti delle posizioni “diverse” rispetto a quelle tradizionalmente viste nelle prime forme a mano nuda, alcune delle quali molto basse che impongono al praticante un buon lavoro sia sulla muscolatura che sulla scioltezza e flessibilità delle gambe. Queste posizioni, aiutano lo sviluppo del “Qi” ed inoltre sono di particolare importanza per alcune tecniche di combattimento a mano nuda soprattutto in caso di combattimento libero o difesa personale (ci aiutano ad esempio a portare a terra l’avversario mantenendo comunque una posizione stabile di vantaggio).

Ci puoi dire qualcosa sui 'Bart Cham Dao'?

Anche per i Coltelli a Farfalla dello stile Wing Chun valgono le stesse considerazioni fatte per il Bastone Lungo. L’utilizzo dei Coltelli ci aiuta a lavorare maggiormente con il polso, favorendo cosi lo sviluppo della forza interna nell’esecuzione delle tecniche di pugno o nelle liberazioni di braccia. Inoltre le tecniche di Coltello ripercorrono e ripropongono spesso tecniche similari a quelle studiate nelle forme a vuoto, soltanto che in questo caso la presenza dei Coltelli obbliga il praticante ad un lavoro con dei “carichi” e quindi lo sviluppo e la coscienza di alcune strutture interne in grado di supportare il sovraccarico. Questo condizionamento interno ci torna particolarmente utile durante il Chi Sao o nelle tecniche di combattimento a mano nuda.
Anche i Coltelli propongo delle posizioni particolari, ed in particolar modo gli spostamenti tra una posizione ed un'altra, permettendoci di coprire con degli spostamenti anche delle distanze relativamente lunghe; basti pensare che i Coltelli a Farfalla venivano spesso utilizzati contro i Bastoni Lunghi o le Lance dei soldati, e quindi dopo la tecnica di controllo o parata era necessario avvicinarsi rapidamente ed in modo sicuro al nemico per poterlo colpire. Questi spostamenti ci tornano quindi estremamente utili durante una tecnica di combattimento o difesa personale (soprattutto in caso che l’avversario sia armato di coltello o bastone).

martedì 26 aprile 2011

Interview with Tsui Sheung Tin - Part 2

SiFu Sergio ha intervistato il Maestro Tsui Sheung Tin per la comunità marziale interenazionale del Wing Chun Kuen. Lo ringrazio a nome di tutti, perché ci permette di conoscere meglio uno dei più grandi Maestri attualmente in vita, soprannominato "Re della Siu Nim Tau". L'intervista è stata realizzata in lingua inglese. Se qualcuno avesse voglia di tradurla e trascriverla, lo ringrazieremmo tutti...Quella che segue è la seconda parte.

lunedì 31 gennaio 2011

Intervista con Paola de Caro

Oggi incontriamo la Maestra Paola de Caro, una delle pochissime SiFu elette in Europa, Allieva del Maestro Alessandro Messina, fondatore della Scuola di WingTzun "Giunca Rossa".

Ci puoi dire qualcosa sulla tua vita? Quando hai iniziato a praticare Arti Marziali e perché?

Sono arrivata alle Arti Marziali (AM) per puro caso. Sono sempre stata una sportiva, ma non mi ero mai interessata di AM, finché non mi è capitato di assistere a una lezione di WingTsun (WT). È stata una folgorazione. Ho capito immediatamente che era qualcosa che funzionava nella realtà e che era adatta a me. Da quel momento non ho più lasciato il WT.

Con chi iniziasti a studiare lo stile WingTsun?

Ho iniziato a praticare il WT con il mio attuale CapoIstruttore, Sifu Alessandro Messina.

Chi sono stati i tuoi Maestri nel passato? E chi è il tuo attuale Maestro? 

Ho avuto la fortuna e l'onore di studiare con i migliori Maestri del mondo, da SiJo Leung Ting a Sifu K.K. Kernspecht, Sifu Emin Boztepe, Sifu Oliver König, Sifu Giuseppe Schembri...la lista è talmente lunga che preferisco non continuare, soprattutto per non correre il rischio di dimenticare qualcuno.

Come ci si sente ad essere una delle pochissime SiFu in Europa? 

Sinceramente non mi sono mai posta il problema. Mi fa piacere pensare che nel 2011 non si facciano più questo tipo di distinzioni.

Come si diventa SiFu nella tua Associazione? 

Il titolo viene attribuito per merito dal CapoIstruttore. Bisogna essere un buon insegnante e dimostrare capacità tanto tecniche che comunicative.

Quante ore ti alleni al giorno? Durante la settimana hai una scheda di allenamento particolare?

Faccio lezione tutti i giorni, e mi alleno con il mio Sifu, ma non seguo una "tabella di marcia" prestabilita.

Hai mai combattuto in contesti sportivi? Nel caso, che risultati hai ottenuto? 

Il wingtzun, almeno quello che pratico io, non prevede incontri sportivi. Mi è capitato di dovermi difendere da aggressioni reali, e per fortuna è finita bene per me...

Quante ore a settimana dovrebbe praticare uno studente per progredire in maniera seria? 

Cosa vuoi che ti risponda? È ovvio che più ci si allena prima e meglio si progredisce. Purtroppo siamo tutti un po' legati alla disponibilità delle sale nelle palestre e ai mille impegni quotidiani. Di solito i corsi prevedono 3 ore di lezione a settimana, che sono poche. Chi ha tempo e buona volontà fa bene a integrare più che può allenandosi da solo o con i compagni al di fuori dell'orario di palestra.

Cosa ne pensi degli altri SiFu e dei loro metodi di insegnamento, nelle altre associazioni e Famiglie di Wing Chun? 

Ho la massima stima di tutti quelli che sono stati i miei Maestri, quelli che ti ho citato e molti altri ancora.

Possiamo sapere la differenza tra il tuo WingTzun e le altre interpretazioni?

Nella Giuncarossa abbiamo cercato di tornare all'essenza di quelle che dovrebbero essere le Arti Marziali, sfrondata da logiche commerciali. Cerchiamo di dare ai nostri allievi gli strumenti per difendersi in tempi ragionevoli, spero concorderai che non possono volerci 30 anni per finire il sistema.
 
Essendo una realtà ristretta rispetto alle grandi organizzazioni, possiamo fare un lavoro importante sulla psicologia dei singoli allievi e cercare di condurli a superare limiti e paure attraverso la pratica dello stile.
Qualunque cosa se ne dica sui forum e sui blog, abbiamo una grande attenzione all'efficacia perchè vogliamo che chi lavora con noi entri in possesso di un sistema realmente adeguato alla difesa personale.

Quali sono i concetti di combattimento su cui è focalizzata la tua Scuola?

I concetti di combattimento sono comuni a tutti le scuole di Wingtzun, poi ognuno li interpreta a modo suo.

Pensi che l'allenamento di una donna debba essere diverso da quello di un uomo?

E perchè mai?

'Luk Dim Poon Kwan' e 'Bart Cham Dao' sono ritenuti attrezzi meramente tradizionali dalla vostra Scuola. Puoi chiarire bene questo punto?

Prima di tutto mi preme chiarire che non ho nessuna intenzione nè voglia di scatenare polemiche. Ognuno è libero di avere le proprie convinzioni, compresa me...spero.

La storia del wt risponde in buona parte a questa domanda.

In ogni caso noi riteniamo che le armi possano essere un'estensione del corpo, sicuramente non il contrario. C'è chi afferma che i coltelli a farfalla siano l'essenza del wt.. mi chiedo allora come mai si studino dopo decenni in tutte le grandi organizzazioni.

Ad ogni modo, ribadisco, non amo le polemiche, per cui semplicemente ti dico che chi vuole studiare le armi tradizionali del wt, non farà certo fatica a trovare scuole dove gliele insegnino.

lunedì 20 dicembre 2010

Intervista con Riccardo Vacirca

Oggi incontriamo il Maestro Riccardo Vacirca, fondatore della WingTchun Escrima Academy (WEAC).

Ci puoi dire qualcosa sulla tua vita? Quando hai cominciato a praticare le AM?

Ho iniziato lo studio delle AM all’età di 13 anni, in una palestra (saluto il M° Franco Cucinotta) dove il motto era “botte da orbi”, e dove, grazie ai tempi che furono, ebbi la possibilità di apprezzare ed apprendere il concetto dello spirito marziale, una forma di ascetismo, dedizione maniacale per lo sviluppo di abilità tecnico-fisiche, e parallelamente, un equilibrato “odio” per nozioni e nozionisti (che sempre più oggi infestano le AM……ma questa è un’altra storia…)

Con chi iniziasti a studiare il Wing Chun?

Anche se già si praticavano alcuni esercizi di wc del M° Narciso Pula, il primo vero contatto con il WC fu con il Si-Fu M. Fries, siamo intorno all’85, sempre nella stessa palestra, grazie alla passione e all’intelligenza del M° Cucinotta, che in quel periodo era sempre pronto a mettere in discussione e sperimentare vari stili e maestri, come Chang Dsu Yao, Pasotti ed altri. In quell’epoca di miti marziali di vario genere, la pragmaticità del WC fu talmente traumatica che il mio “bambino emozionale” vibrò così tanto da impedirmi di percepirlo e praticarlo con le dovue attenzioni (una forma di viltà adolescenziale che me lo fece percepire come stile minore, quindi, 3-4 ore settimanali le ritenevo sufficienti), anzi, mi fece riversare ancor più energie nello Shaolin, per un 15enne far sibilare le armi, compiere evoluzioni e fare due passi e mezzo su una parete…non ha prezzo!
Solo nel 91, dopo migliaia d’ore di allenamento e verifiche pratiche, si esaurirono l’energie di quel “bastardo” di bambino emozionale, e cominciai la “mia pratica maniacale” nel WC

Chi sono stati i tuoi maestri nel passato? E chi è il tuo attuale Maestro?

Molti sono stati i miei Maestri da cui ritengo di aver preso molto, anche se con alcuni il rapporto è stato di sole decine d’ore, con altri centinaia e con alcuni migliaia d’ore, sia in stage, che, soprattutto, con ore private. Come, per esempio, nel periodo, durato circa 10 anni, in cui praticamente vivevo a Livorno almeno sette settimane all’anno per 30 ore settimanali di pratica con vari personaggi importanti delle AM, come Leung Ting, K.R.Kernspecht, E. Botzepe, Tassos, Avci, il grande R.Latosa, B.Newman per citare forse i più famosi di quel periodo. E poi il periodo, a cui dedico una menzione onorevole, quello con i Maestri Smart e Prosenica, allievi di Leung Ting anche prima di Kernspecht, dai quali ho potuto apprendere delle piccole varianti su programmi e nozioni, che confermarono la mia, già consolidata, idea sull’errata interpretazione del modo di tenere ed allenare la struttura usata dal wc. Struttura, che è un “sine qua non”, senza la quale, cioè, non si possono eseguire i vari programmi, neanche in un semplice sparring civile non collaborativo. Senza la quale, il wc si trasforma da un’arte marziale, ad un complicato metodo di autodifesa, dove, sempre e solo il più forte vince il più debole.

Ho ricevuto molti insegnamenti in merito, e non solo nell’ambito marziale. Infatti, alcune chiavi di lettura le ho acquisite da veri Maestri in campi come il recupero funzionale di abilità motorie, in correttiva, in biomeccanica, nel campo riabilitativo, in laboratori funzionali dove le opinioni, anche di personaggi con una “presunta” certificazione, venivano e vengono messe in discussione con prove sperimentali che non lasciano spazio alle varie teorizzazioni. Chiavi di lettura, che poi riversate nello studio delle AM mi hanno permesso di decodificare dei principi ed interpretare delle direttive (...tipo la corretta postura per eseguire e dare efficacia universale alle tecniche), che forse (e vi assicuro, solo apparentemente) sembrano discostarsi un pochino dalle interpretazioni ritenute “tradizionalmente classiche”, ma, per chi riesce ad applicarle nella pratica, danno effetti dirompenti e universali, e soprattutto non opinabili, per intenderci, come la maggiore efficacia della tecnica fosbury, nella disciplina atletica del salto in alto, rispetto a quella a forbici o ventrale, la stessa persona, chiaramente se allenata, ottiene risultati superiori, “sempre”. 

In questo periodo, le mie attenzioni ed energie sono rivolte a questo perfezionamento del rendimento biomeccanico, oggi sono a poco più di un 40% del suo potenziale, e la mia capacità di creare pressione nel chi-sao, senza perdere fluidità e quindi velocità, è più che raddoppiata, e quasi nessuno dei maestri che vedo in circolazione è in grado di pareggiare questo tipo di abilità senza l’uso di un’evidente e superiore mole fisica, cosa che io assolutamente non possiedo. Solo quando avrò raggiunto un livello a me soddisfacente in questa caratteristica, comincerò a cercare chi vorrà e potrà perfezionare i programmi da me conosciuti, che comprendono le sezioni delle tre forme, le sezioni e strategie del mok yan chong, il mostruoso chi-gerk e l’abilità nelle armi.

Come si può diventare Si-Fu nella tua associazione?

Semplicemente dimostrando su carta e sul campo di possedere abilità, conoscenza e qualità idonee per tale nomina. Visto che non si pagano tasse di alcun tipo, non si pagano i programmi, di nessun livello, l’unico modo per diventare Si-Fu è il duro lavoro (Kung-Fu), che, è l’unica cosa che faccio pagare.

Quindi non sono io che lo decido, ma insieme, constatando di essere realmente un Si-Fu, e non di credere di esserlo per il solo bagaglio nozionistico, perché si conoscono forme, sezioni e loro applicazioni. Conoscere non è sufficiente, bisogna mettere in pratica, desiderare non è abbastanza, bisogna fare.

Quante ore ti alleni al giorno?

Senza considerare quelle dove insegno, alleno e gli sparring dove vengo picchiato, quindi contando solo quelle a mio uso e consumo, circa 3 al dì in questo periodo, ma, guardando i diari d’allenamento di qualche anno fa, risulta una media su 365 giorni/anno di quasi 7 ore.

Hai mai combattuto in contesti sportivi?Quando, dove e con che risultati?

Il primo anno, quindi ’83-’84, con l’allora Tao Club, partecipammo ad alcune manifestazioni sportive, soprattutto a Roma, ma, nel marasma generale di allora, con federazioni che nascevano e morivano, anche nell’arco di mesi, smettemmo abbastanza presto di parteciparvi, la realtà del nostro scantinato era molto più dura. Comunque, in tutte le manifestazioni a cui ho partecipato, non ricordo di aver mai perso, ma potrebbe dire la stessa cosa chiunque altro, visto la realtà dell’epoca. Molti miti si sono creati così.

Quante ore a settimana dovrebbe praticare uno studente per progredire in maniera seria?

La cosa più importante è la qualità…non basta esercitarsi quotidianamente, se lo si fa in maniera sbagliata non si raggiunge mai lo scopo.

Comunque, all’inizio possono bastare 7 ore settimanali, poi, come tutte le cose, più se ne fanno meglio è. La cosa più efficace, però, è la proporzione delle ore dedicate ai vari aspetti.

Volendo ridurre solo a tre aspetti essenziali la pratica dell’arte marziale:
1) l’aspetto posturale (e anche in questo caso vale l’ultima frase della domanda precedente, infatti, molti atteggiamenti, posture e posizioni che ci sono arrivate, insegnate e praticate, non dovrebbero neanche esistere, sono mediocri interpretazioni, a voi stabilire se per convenienza o per mediocre intelligenza, dove, per esempio, il dire ”dentro o fuori” di un segmento corporeo, veniva scritto e usato indiscriminatamente al posto di: “pronazione e supinazione”, ”inversione-eversione”, ”rotazione interna o esterna” o semplicemente ”dentro o fuori”. Si doveva essere gran fortunati per indovinare la giusta, anzi no, il più efficace atteggiamento in una catena cinetica.
2) L’aspetto fisico-performante
3) L’aspetto tecnico-nozionistico

La giusta proporzione si dovrebbe aggirare intorno ad un 40-30-30, quindi solo il 30% dedicato all’aspetto tecnico-nozionistico.
Solo un vero esperto, un maestro si può permettere di arrivare ad un 50% delle ore dedicate al solo aspetto tecnico-nozionistico.

Molte scuole puntano troppo sul “solo” aspetto tecnico, il loro unico e possibile obbiettivo è l’aspetto commerciale.

Il buon vecchio e fruttuoso wing chun da salotto

Cosa ne pensi degli altri Si-Fu e dei loro metodi di insegnamento, nelle altre associazioni e famiglie di Wing Chun?

C’è da dire che il significato della parola Si-Fu, oggi, è completamente cambiato. Una volta, ed io sono rimasto, forse troppo legato a questo significato, il Si-Fu, era una persona con capacità e abilità certe e comprovate. Capace di insegnare, cioè, capace di far scoprire come interpretare. Non idoneo, però, per successi commerciali.

Oggi il Si-Fu è anche e soprattutto colui che possiede “la sola” conoscenza nozionistica, capace di possibili e ottimi successi commerciali.

Il conoscere e il ripetere, concetti di filosofia, arte della guerra, biomeccanica (chi-kung), sono alla portata di tutti, eppure, il 90% delle scuole di WC, ma più in generale, le scuole di AM, anche se si differenziano per tecniche e posture, non hanno niente di più del forte che sconfigge il debole e del veloce che sconfigge il lento.
E questo, non essendo un'opinione, ma realtà oggettiva, fa pensare che, in un “non ben noto” momento storico, qualcuno, o meglio alcuni, abbiano tralasciato volontariamente, o criptato, il corretto metodo per interpretare quest’arte nel modo più funzionale, in modo tale da permettere anche a chi non è in possesso di una fisicità e atleticità rilevante una degna e reale efficacia (anche qui, a voi la scelta se questo è avvenuto per vantaggi personali, o perché, la locuzione latina”margaritas ante porcos” cioè, perle ai porci, abbia trovato un ampio e giusto campo fertile).

Possiamo sapere la differenza tra il tuo WC e le altre interpretazioni?

Senza usare inutili giri di parole, direi senza dubbi la struttura.
Mi riferisco alla postura, all’idea del san ying senza la quale anche il wc diventa il solito metodo dove chi possiede maggiore mole fisica e capacità atletico-prestative risulta sempre in assoluto vantaggio.
Il wc supera di gran lunga qualsiasi altro sistema in numero di opinioni, quindi c’è qualcosa che non quadra.
E quello che non quadra è appunto l’interpretazione che vari individui danno alle solite e giuste direttive sul come costruire e, in un secondo tempo, muovere, questa benedetta struttura, il nostro corpo.
Neanche troppo tempo fa, ai primi del 900 il “nostro” corpo umano poteva elevare, alzare, abbassare, roteare, flettere, piegare, estendere, divaricare, mettere dentro e fuori, oggi, grazie a quell’esperieze e alla scienza, lo stesso corpo umano può ora anche addurre, abdurre, intraruotare, extra ruotare, pronare, supinare, etc.
Provate ora a descrivere un semplice atto motorio o una complessa catena cinetica con le informazioni e i termini dei primi del 900. Quante interpretazioni motorie dello stesso movimento, secondo voi, possono venir fuori?
Pensando al modo epico-leggendario e le allegorie usate dalla letteratura cinese per rappresentare anche le cose più semplici ed umili, si può intuire il perché di questa moltitudine di modelli presente oggi, considerando che ognuno di noi interpreta le informazioni in relazione al proprio vissuto motorio e psicologico. Alimento continuo per dispute attorno alle parole (è facile parlare di principi) invece che andare ai fatti (difficile dimostrare e insegnare un principio)

Pensate al chi-kung, potenza del respiro, prima di tutto, cosa intendevano dire i vecchi maestri (?), e poi, quali dovrebbero essere i vantaggi a cui aspirare da tale pratica (?), e se ci sono concreti vantaggi, possono essere raggiunti da chiunque si alleni in tale pratica (?).

Quanti praticano o hanno praticato il chi-kung, quanti hanno acquisito e sono in grado di dimostrare gli effetti praticamente, non con opinioni. Le sole opinioni servono solo a vili e mediocri.

Il wc rappresenta una delle ultime evoluzioni dei metodi di combattimento, infatti, a differenza di stili più “tradizionali” e antichi, che usano posture e tecniche più ampie e tendenzialmente più muscolari, il wc ha evoluto reazioni, movimenti piccoli, corti ed economici, movimenti che però, per essere efficaci devono essere eseguiti con ben precisi presupposti posturali, indispensabili per dare pesantezza e potenza, presupposti che il wc da per scontato che siano già in nostro possesso e invece non è affatto così.

Questo è il motivo per il quale, durante allenamenti non collaborativi, molti si vedono obbligati ad allargare le proprie posizioni per trovare maggior stabilità e forza. In realtà nel corpo a corpo, l’apertura delle gambe non deve essere più larga del proprio bacino per ovvi motivi dinamici (il chi-gerk insegna). Le braccia, che al contatto di quelle del partner, tengono angoli troppo aperti, come non si vede in nessuna forma, infatti, quasi mai l’angolo al gomito deve superare i 120° (la siu-nim-tao insegna).
Il problema è che normalmente, se non si è più grossi del partner, è quasi impossibile muoversi ed applicare la fluidità e le geometrie delle forme, e sezioni, senza possedere una giusta e rigorosa struttura.
Durante allenamenti non collaborativi, lo stress fa aumentare il tono dei muscoli antigravitazionali (gli estensori) e posturali, impedendo al corpo di reagire con naturalezza e fluidità (cioè, come ci si è addestrati nel chi-sao per anni) ad impatti e pressioni inevitabili in un confronto. La cosa si amplifica esponenzialmente in persone, già sotto i 75 Kg.
Nella maggior parte delle scuole che vedo in giro, il problema non è nella differenza dei programmi, o nella diversa interpretazione di sezioni e forme, ma nel modo in cui interpretano il “come” costruire, tenere, e muovere la struttura.
Altrimenti, perché, ci sono più allievi di uno stesso Maestro, con scuole, con così tante differenze sostanziali tra di loro, e non mi riferisco ai metodi di insegnamento, ma, differenze sostanziali su posture e angoli, argomenti dove non dovrebbero esistere tali differenze.
Probabilmente, non avendo raggiunto la particolare comprensione sulla postura più redditizia da tenere, per dare efficacia a movimenti così poco ampi e corti, hanno cercato nelle loro abilità e doti personali, quindi non trasmissibili, metodi e stratagemmi per dare potenza effettiva alla struttura.
Il problema è che a volte sono solo opinioni, legate soltanto a concetti di biomeccanica maccheronica, e non basta avere un fighter nella propria scuola in grado di sconfiggere in risse altri praticanti, dove non si vede niente di simile ad una caratteristica wc, per dire che si insegna l’arte del wc. Sono convinto che un’am sia un percorso che, non può rendere invincibili, ma deve permettere a chiunque un netto miglioramento del suo potenziale, una concreta efficacia, quindi, dimostrabile e riproponibile, e non legata a capacità e doti personali.
Ecco perché ho risposto all’inizio con”senza dubbio la struttura”.

Il metodo che uso nella mia scuola permette di raddoppiare l’efficienza. E per efficienza intendo l’effetto di pesantezza della struttura e le pressioni che braccia e gambe possono esercitare.

Utilizzando come esempio il chi-sao, una situazione d’allenamento che tutti noi conosciamo, e dal quale si pretende di automatizzare dei riflessi condizionati, utili per uscire da situazioni di scontro reale. Il fatto è che con le posizioni usate ”tradizionalmente”, non si può esercitare una pressione superiore al 40% della propria massa corporea. Come si prova, logicamente, ad aumentarla per trovare un minimo di efficacia reale, ecco che il corpo perde il suo equilibrio, perché costretto ad appoggiarsi, sbilanciarsi in avanti; le braccia e le gambe, dovendo sopportare tale carico, si irrigidiscono, perdono la naturale fluidità, e non si riesce a mettere in pratica ciò in cui ci si è applicati per anni.

Osservando queste naturali ed obbligate reazioni, qualcuno ha pensato bene di ”liberarsi della propria forza”, letteralmente. Ed ecco che uno di 100 kg rilassato e senza forza, che fa chi-sao con uno di 70 kg, rimane fluido e riesce a muoversi quasi come insegnano le forme e le sezioni, quello di 70 kg, si vede costretto a pareggiare i 30 kg in meno di massa, esercitando forza, pressione o come volete chiamarla, limitando la propria capacità di movimento e quindi la fluidità. E come al solito il più forte vince sul più debole.

In questa normale situazione, è mio parere, dimenticare il concetto del “cedere” così come viene interpretato ed allenato nel chi-sao, assolutamente non attuabile nella maggior parte dei casi di scontro reale.

Le corrette interpretazioni delle biomeccaniche della siu-nim-tao e della cham-kiu, permettono a chiunque, con duri e pesanti lavori sul proprio corpo (kung-fu), di raddoppiare, e qui letteralmente, la capacità di esercitare pressioni, mantenendo le articolazioni libere di muoversi con fluidità, proprio come vengono eseguite le forme e sezioni.

Ora è possibile “cedere”, perché, se, e solo se l’avversario è più forte, non è lui che mi spinge, non sono io che mi sposto, ma sono le mie pressioni che non potendo andare avanti, muovono il mio corpo su altri angoli (wei wu wei), mantenendo continuamente pressione “in avanti”, verso il mio avversario, che è sempre costretto a muoversi con un consistente sovraccarico. E tutto questo muovendosi fluidi e rilassati.

Purtroppo la divulgazione dei principi e metodi delle biomeccaniche weac, ha avuto un lungo stop a causa di un brutto incidente motociclistico, all’inizio del 2003, che mi ha tenuto sulle stampelle per più di 22 mesi, situazione nella quale, molti allievi si sono visti costretti a trovare nuove strade, fortunatamente non tutti. E solo da circa due anni sono in grado di dimostrare la bontà di tali studi.

Quali sono i concetti di combattimento su cui è focalizzata la tua scuola?

Tutte le arti marziali sono basate, obbligatoriamente, su i medesimi principi. Principi legati all’anatomia, fisiologia, cinesiologia e biomeccanica, alla psicologia applicata allo stesso strumento, il corpo umano. Quindi non potrò mai dire “ il concetto della mia scuola è…”

Ritengo il wc una magnifica ed evoluta arte marziale taoista, dove, con il suo sapere, e programmi, è possibile rintracciare e vivere tutta la sapienza di un grande sapere racchiuso nell’arte dell’inganno. Nella sua efficacia di movimento, è possibile riscoprire l’intelligenza dei “36 stratagemmi”. E in questo modo insegno i concetti filosofici e marziali. 

Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, il concetto della mia scuola, è molto più legato al “come e perché” che sul “cosa e quando”. E questo, proprio perché, utilizzo una metodica per addestrare la struttura, che porta tutti i miei allievi e chiunque, ad un aumento considerevole della capacità di sviluppare energia e pressione, con qualsiasi tecnica o stile.

In tutti i miei corsi, tutti praticano le tre forme e l’uomo di legno, chiaramente, ognuno con le abilità possedute al momento, proprio perché, il rendimento e l’efficacia reale, non risiede nella “sola” conoscenza nozionistica (altrimenti solo coreografica), ma nell’acquisire, con l’aiuto di tutti i programmi, le abilità, quindi, i presupposti necessari per far funzionare il wc ad arte.

Una volta acquisite, poi, ognuno decide il livello a cui portarle, anche in funzione del tempo e caratteristiche personali.


Ci puoi dire qualcosa sul “Luk Dim Poon Kwan”?

Sembra che il bastone del wc si sia coperto di un alone di mistero, quasi leggenda, nel suo percorso attraverso le varie epoche.

Soprattutto da quando la tecnologia ha permesso a foto e video di catturare la realtà, sembrano essere scomparsi i “RE del bastone lungo”.

Infatti l’arma, che risulta più lunga del tradizionale bastone ad una punta dello shaolin, forse, proprio perché modificatosi sulla giunca rossa dove si utilizzavano remi e pali per manovrarla, risulta pesante, e anche il solo “impugnarla”, crea disagi nel mantenimento dell’equilibrio.

E come si vede in tanti video, dove, mentre è facile coreografare il wc a mani nude in scambi super veloci e spettacolari, ottimi, forse per vedere gli schemi, ma pessimi per chi pensa di mostrare l’efficacia del wc in un vero scontro, al contrario, è impossibile farli con il lungo bastone, dato il peso che ha, anche solo nel suo essere passivo, e infatti si assiste a dimostrazioni di alcuni movimenti per rappresentare i concetti dei sei punti e mezzo (e anche qui ci sarebbe da parlare sull’avvolgere, sbarrare, puntare, etc), ma privi di un qualsiasi tipo di potenza ed efficacia. Cosa che in realtà dovrebbe essere ben visibile nei movimenti, anche a vuoto, di un esperto.

Sembra logico ed ovvio riportare il problema alla non perfetta interpretazione delle note direttive sul come costruire e muovere la struttura. Questa benedetta struttura, capace di dare peso, potenza e pressione alle tecniche e movimenti a mani nude e, con il dovuto potenziamento, alle armi. Ecco perché le armi sono, e specialmente il bastone lungo, l’ultimo programma del repertorio wc. Quasi fosse una specie di prova finale per vedere se si è capito l’essenza della struttura e l’intelligenza strategica dell’arte (cambiare forma per mantenere il principio immutabile, da notare nel caso specifico delle armi del wc, le loro opposte caratteristiche).

Da notare, è anche, come nel bastone del wc, i sei punti e mezzo siano attuati con un ridotto numero di elementi tecnici-motori (ci si potrebbe quasi rimanere male) motivata dalle dimensioni modificate. Infatti il bastone ad una punta shaolin (circa un metro più corto), o anche la lancia, pur avendo gli stessi principi, hanno molti più elementi tecnici, proprio dovuti alla loro maggiore dinamicità.

Da sfatare, a mio avviso, il mito del footwork nelle armi. Gli stessi elementi si trovano in tutti i programmi da principiante del wc a mani nude, che ovviamente, con le armi, vengono eseguiti con vestiti esterni apparentemente diversi, utili però, ad abbattere gli ultimi schemi e limiti interpretativi di un praticante wc.

Ci puoi dire qualcosa sui Bart Cham Dao?

I coltelli, a differenza del bastone, hanno un rapporto con il wc a mani nude molto più intimo e diretto. Probabilmente si sono sviluppati insieme, fin dall’inizio, con gli stessi meccanismi strutturali e principi, influenzandosi a vicenda.

Infatti, nelle applicazioni dei coltelli, si possono vedere tecniche molto simili a quelle a mani nude.

Questo è il motivo, perché, da un punto di vista marziale, le armi nel wc, sono e devono essere perfezionate alla fine dei programmi a mani nude, e soprattutto, dopo il chi-gerk e l’uomo di legno. 

Nulla toglie che molte cose possano essere fatte anche prima. L’escrima che insegno nella mia scuola è costruito anche su concetti, esercizi ed applicazioni delle due armi del wc.

C’è da sottolineare, ancora una volta, che ciò che rende uniche e particolari le armi del wc, è, appunto, la caratteristica di sapersi muovere con le armi in contatto con quelle dell’avversario, appiccicate, quindi, utilizzando non solo tecniche percussive.

Per ciò, è impossibile pensare di mettere in pratica le tecniche con armi senza aver prima acquisito una stabile, potente e dinamica struttura nel corpo a corpo. La SNT insegna come stare in piedi, la CK insegna come camminare, e la BT il correre, e completa le potenzialità motorie.

Le storie del footwork delle armi, possono essere fatte risalire al fatto che, nel combattimento coltelli contro bastone, chi usa i coltelli, che in questo caso rappresentano, solo apparentemente, l’aspetto del più piccolo, meno potente, ma più veloce, dinamico e fluido, è costretto a chiudere la distanza del bastone, che rappresenta, solo apparentemente, l’aspetto del più grande, forte, e nella sua natura, più pesante e rigido.

Le armi, possono essere considerate, l’ultimo anello per completare la comprensione di un taoismo operante, incessantemente percepito nell’agire del wc.

Comunque, con un buon insegnante, possono potenziare struttura, strategia e tecnica del marzialista.