Il concetto di pressione non comprensibile se non viene associato al concetto di controllo (per cortesia, non associate questa cosa alla pubblicità "la potenza è nulla senza controllo"...).
Partiamo da un concetto fondamentale: come si esprime la pressione. Il problema del Wing Chun che abbiamo conosciuto maggiormente in Italia risiede nel fatto che si confuse il concetto di pressione con la forza generata dalla spinta delle braccia. La maggior parte dell'energia era isolata (in questo tipo di Wing Chun) all'interno del braccio, poiché la catena cinetica era spezzata a monte.
Una fra le teorie più avanzate del Wing Chun, recepita anche in altri lineage, si riferisce alle sette articolazioni della forza (tre falangi; il polso; il gomito; la spalla; la schiena, considerata nel suo complesso come un'articolazione unica). Il problema è che tanti di questi lineage non pongono enfasi sulla possibilità di non mantenere la schiena diritta e la testa all'indietro durante il combattimento.
In realtà, durante l'esecuzione della tecnica, anche in altri stili definiti interni (molto legati al concetto di pressione ed uso del corpo), come, ad esempio, il Tai Chi Chuan, gli arti, la testa, la schiena e le gambe si muovono sempre evitando di spezzare la catena cinetica che andrà a sviluppare la pressione. Viene sempre considerato un errore quello di bloccare il colpo nell'articolazione come avveniva (?) nel Wing Chun insegnato in Italia sotto alcune federazioni.
Questo ha causato tutti i problemi nell'esecuzione e nell'interpretazione del Chi Sao per chi viene dalle Scuole "a pressione zero", mentre, al contrario, troviamo un uso del corpo corretto da parte di chi è stato allievo diretto di Iadarola, ad esempio.
La pressione esercitata solo con le braccia è costantemente fuori controllo. Poniamo il caso di una persona che esegue una pressione media (diciamo 5 su una scala da 1 a 10), ma il suo controllo del corpo è uguale a 1 (le braccia sono scollegate dalla struttura). Nel Chi Sao con uno più o meno della medesima anzianità di pratica, ma di Scuola differente, sarà sempre fuori misura, perché lo scarto di controllo si aggirerà sui 3-4, concedendo con facilità estrema quello che nel Tai Chi Chuan (ma anche nel Wing Tjun) si chiama angolo morto. Praticamente sarebbe un aspirate suicida. Per questo motivo è nata la moda per i vari fuoriusciti dalle vecchie federazioni del concetto di pressione zero. In quel modo si snatura l'esercizio del Chi Sao, rendendolo poco più di uno scambio di carezze.
Immaginiano, invece, un praticante che ha un perfetto controllo del corpo (diciamo da 9). Costui potrebbe permettersi una pressione superiore a quella dell'avversario praticamente sempre (diciamo da 8), facendolo volare come se fosse di carta velina e, contemporaneamente, non dando mai modo di entrare, perché, nonostante la sua pressione elevata, il suo controllo di angoli, incastri e pressioni sarò maggiore di quanto non lo sia la pressione che dà. Diventa impenetrabile, anche se ad una prima toccata sembra che metta troppa pressione. In realtà, questo praticante metterebbe l'esatta pressione funzionale massima, cioè quella che riesce a controllare mediante la sua capacità di dominare la struttura.
Partiamo da un concetto fondamentale: come si esprime la pressione. Il problema del Wing Chun che abbiamo conosciuto maggiormente in Italia risiede nel fatto che si confuse il concetto di pressione con la forza generata dalla spinta delle braccia. La maggior parte dell'energia era isolata (in questo tipo di Wing Chun) all'interno del braccio, poiché la catena cinetica era spezzata a monte.
Una fra le teorie più avanzate del Wing Chun, recepita anche in altri lineage, si riferisce alle sette articolazioni della forza (tre falangi; il polso; il gomito; la spalla; la schiena, considerata nel suo complesso come un'articolazione unica). Il problema è che tanti di questi lineage non pongono enfasi sulla possibilità di non mantenere la schiena diritta e la testa all'indietro durante il combattimento.
In realtà, durante l'esecuzione della tecnica, anche in altri stili definiti interni (molto legati al concetto di pressione ed uso del corpo), come, ad esempio, il Tai Chi Chuan, gli arti, la testa, la schiena e le gambe si muovono sempre evitando di spezzare la catena cinetica che andrà a sviluppare la pressione. Viene sempre considerato un errore quello di bloccare il colpo nell'articolazione come avveniva (?) nel Wing Chun insegnato in Italia sotto alcune federazioni.
Questo ha causato tutti i problemi nell'esecuzione e nell'interpretazione del Chi Sao per chi viene dalle Scuole "a pressione zero", mentre, al contrario, troviamo un uso del corpo corretto da parte di chi è stato allievo diretto di Iadarola, ad esempio.
La pressione esercitata solo con le braccia è costantemente fuori controllo. Poniamo il caso di una persona che esegue una pressione media (diciamo 5 su una scala da 1 a 10), ma il suo controllo del corpo è uguale a 1 (le braccia sono scollegate dalla struttura). Nel Chi Sao con uno più o meno della medesima anzianità di pratica, ma di Scuola differente, sarà sempre fuori misura, perché lo scarto di controllo si aggirerà sui 3-4, concedendo con facilità estrema quello che nel Tai Chi Chuan (ma anche nel Wing Tjun) si chiama angolo morto. Praticamente sarebbe un aspirate suicida. Per questo motivo è nata la moda per i vari fuoriusciti dalle vecchie federazioni del concetto di pressione zero. In quel modo si snatura l'esercizio del Chi Sao, rendendolo poco più di uno scambio di carezze.
Immaginiano, invece, un praticante che ha un perfetto controllo del corpo (diciamo da 9). Costui potrebbe permettersi una pressione superiore a quella dell'avversario praticamente sempre (diciamo da 8), facendolo volare come se fosse di carta velina e, contemporaneamente, non dando mai modo di entrare, perché, nonostante la sua pressione elevata, il suo controllo di angoli, incastri e pressioni sarò maggiore di quanto non lo sia la pressione che dà. Diventa impenetrabile, anche se ad una prima toccata sembra che metta troppa pressione. In realtà, questo praticante metterebbe l'esatta pressione funzionale massima, cioè quella che riesce a controllare mediante la sua capacità di dominare la struttura.
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