venerdì 31 agosto 2012
giovedì 30 agosto 2012
Le Forme ed il senso della progressione nel Wing Chun
Ospito con immenso piacere questo articolo del mio caro ToDai Pasquale "Guido" Mazzotta, che pone alcune questioni su cui sarà bene riflettere assieme. Sono molto contento quando una persona così in gamba prende coraggio e scrive le proprie idee, in modo da condividerle con gli altri praticanti, crescendo assieme, attraverso un proficuo scambio di opinioni. Condivido tutto l'articolo e sono molto contento di aver trasmesso idee che oggi si sono fatte mature e ben ordinate. Buona lettura e un ringraziamento particolare al buon Guido!
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Per prima cosa occorre ricordare (se mai ce ne fosse bisogno) che nel Wing Chun le forme non sono tecniche utilizzate in un combattimento immaginario contro un avversario, ma dei modelli di movimento i quali, nel rispetto delle leggi di movimento del corpo umano, veicolano l'intenzione (意 [yì]) del praticante in diverse direzioni, prendendo in esame vari scenari possibili.
Questi ultimi si distinguono in base a tempi e distanze del tutto soggettivi, che si creano durante l'azione, così come letti intuitivamente dalla mente del praticante, in relazione alla propria capacità motoria innata, ma anche coltivata. Non si tratta di conoscere varie distanze e movimenti della forma correlati, di modo che ad ogni distanza intervenga oggettivamente un'arma adatta, ma di disconoscerle, dal momento che le distanze sono ancora un parto della mente, valido magari per necessità di studio, ma non nella realtà.
Ciò che collega maggiormente i soggetti dell'azione (nello specifico del combattimento) è sempre l'intenzione (意), di cui l'espressione fisica è solo la parte visibile. Il primo passo, quindi, è l'armonia con se stessi e con l'altro, cosa che rende possibile leggere il movimento dell'altro, come su un quaderno, e rimanere imperturbabili durante l'azione.
Quando si combatte non si risponde meccanicamente tecnica A contro tecnica B, ma lavora sull'intenzione dell'altro, prima ancora che sul suo movimento, ciò che nel Bu Jutsu (武術) giapponese è noto come sen no sen (l'iniziativa prima dell'iniziativa).
Passiamo dunque alla nostra visione delle forme.
La seconda forma del sistema Yip Man/Leung Ting, da cui proveniamo, si concentra prevalentemente su movimenti di natura difensiva. Mentre è vero che nelle sezioni di Chi Sau di Cham Kiu, così come ideate da Si Jo Leung Ting, ci si occupa di affondare il ponte (沉橋 [chénqiáo] - si trascrive sempre Cham Kiu in Cantonese), una volta stabilito il contatto, da cui si parte (per convenzione) negli esercizi di Pun Sau (盤手 [pánshǒu]) e Chi Sau.
Solitamente, infatti, si immagina di aver già annullato la distanza col nostro avversario, sebbene nella forma si notino tutta una serie di movimenti che poco si prestano all'idea di un contatto già avvenuto. Molti movimenti strettamente formali, infatti, non trovano riscontro nelle rispettive sezioni (le quali, lo ricordiamo, sono semplici elaborazioni di sequenze di Si Jo Leung Ting), sicché si può dedurre per varie vie che, mentre la forma si preoccupa di ciò che avviene prima, le sezioni si occupano di ciò che viene dopo, in una logica temporale.
Per questo la forma Cham Kiu è la ricerca di un vantaggio posizionale, ma sempre in ottica difensiva e di controllo dell'altrui iniziativa, mantenendo la struttura che abbiamo appreso dalla Siu Nim Tau, aggiungendo ora una dinamica volta a lasciar colmare il gap. Il Chi Sau, al contrario, si occupa del momento in cui si è chiusa la distanza tra i due opponenti, quando l'avversario (o il partner) cerca di chiudere gli spazi e di sabotare i nostri attacchi, dando luogo a quella sorta di "dialogo delle mani con le mani" che chiamiamo appunto 黐手 [chīshǒu]), mani appiccicose.
Questa riflessione sulla forma mi è stata suggerita, oltre che dalla pratica, anche dalla lettura e visione dei testi di Leung Ting stesso, il quale spesso mostra difese prendendo pose che troviamo in Cham Kiu (azioni mai riproposte nei corsi perché molto banali ed intellettualmente poco interessanti, a differenza dei pugni a catena che vanno a solleticare, attraverso una falsa espressione di aggressività, l'ego dei praticanti e degli aspiranti tali). Il motto virtuale in altre parole è Primo, non prenderle.
Ricordo che cercare il controllo di un'azione avversa non è un'azione puramente passiva di attesa, ma richiede una grande presenza e una disponibilità al movimento immediato e senza esitazioni. Teniamo a mente una massima fondamentale delle antiche arti del (武術) Wǔ Shù (cinese) o Bu Jutsu (giapponese): dedicarsi prima alla protezione di se stessi e solo dopo a battere l'avversario come conseguenza naturale dell'evolversi dell'azione, quando l'avversario, preso dalla voglia di colpire, lascia dei varchi. Non a caso uno dei nostri motti recita: Se vuoi colpire, sarai colpito.
Poiché stiamo imparando a difenderci, qualunque sia la nostra azione, di fronte a un avversario valoroso, la prima cosa è arginarne gli attacchi, cercando di avere un controllo su di essi ed eventualmente prenderne in prestito la forza. Il Chi Sau collegato a questo genere di situazione è più giocato, più lottatorio (che non significa lottare), più discorsivo. Si crea un dialogo dove si cerca di affondare i ponti altrui prima di colpire.
Vero è che se dall'altra parte vi è una pari abilità, le braccia dei contendenti restano appiccicate non come un risultato voluto, ma come il frutto di forze equilibrate in campo, che danno dinamicamente luogo a una sorta di flusso e riflusso delle energie dei contendenti, tanto da far assomigliare l'azione complessiva dei due al muoversi ritmico delle onde del mare, le quali, una volta esaurita la spinta, assorbita dal bagnasciuga, rifluiscono, eventualmente sommandosi alla spinta dell'onda successiva.
Pasquale "Guido" Mazzotta
Continua...
Questi ultimi si distinguono in base a tempi e distanze del tutto soggettivi, che si creano durante l'azione, così come letti intuitivamente dalla mente del praticante, in relazione alla propria capacità motoria innata, ma anche coltivata. Non si tratta di conoscere varie distanze e movimenti della forma correlati, di modo che ad ogni distanza intervenga oggettivamente un'arma adatta, ma di disconoscerle, dal momento che le distanze sono ancora un parto della mente, valido magari per necessità di studio, ma non nella realtà.
Ciò che collega maggiormente i soggetti dell'azione (nello specifico del combattimento) è sempre l'intenzione (意), di cui l'espressione fisica è solo la parte visibile. Il primo passo, quindi, è l'armonia con se stessi e con l'altro, cosa che rende possibile leggere il movimento dell'altro, come su un quaderno, e rimanere imperturbabili durante l'azione.
Quando si combatte non si risponde meccanicamente tecnica A contro tecnica B, ma lavora sull'intenzione dell'altro, prima ancora che sul suo movimento, ciò che nel Bu Jutsu (武術) giapponese è noto come sen no sen (l'iniziativa prima dell'iniziativa).
Passiamo dunque alla nostra visione delle forme.
尋橋 [xúnqiáo]- Cham Kiu - Cercare il Ponte
La seconda forma del sistema Yip Man/Leung Ting, da cui proveniamo, si concentra prevalentemente su movimenti di natura difensiva. Mentre è vero che nelle sezioni di Chi Sau di Cham Kiu, così come ideate da Si Jo Leung Ting, ci si occupa di affondare il ponte (沉橋 [chénqiáo] - si trascrive sempre Cham Kiu in Cantonese), una volta stabilito il contatto, da cui si parte (per convenzione) negli esercizi di Pun Sau (盤手 [pánshǒu]) e Chi Sau.
Solitamente, infatti, si immagina di aver già annullato la distanza col nostro avversario, sebbene nella forma si notino tutta una serie di movimenti che poco si prestano all'idea di un contatto già avvenuto. Molti movimenti strettamente formali, infatti, non trovano riscontro nelle rispettive sezioni (le quali, lo ricordiamo, sono semplici elaborazioni di sequenze di Si Jo Leung Ting), sicché si può dedurre per varie vie che, mentre la forma si preoccupa di ciò che avviene prima, le sezioni si occupano di ciò che viene dopo, in una logica temporale.
Per questo la forma Cham Kiu è la ricerca di un vantaggio posizionale, ma sempre in ottica difensiva e di controllo dell'altrui iniziativa, mantenendo la struttura che abbiamo appreso dalla Siu Nim Tau, aggiungendo ora una dinamica volta a lasciar colmare il gap. Il Chi Sau, al contrario, si occupa del momento in cui si è chiusa la distanza tra i due opponenti, quando l'avversario (o il partner) cerca di chiudere gli spazi e di sabotare i nostri attacchi, dando luogo a quella sorta di "dialogo delle mani con le mani" che chiamiamo appunto 黐手 [chīshǒu]), mani appiccicose.
Questa riflessione sulla forma mi è stata suggerita, oltre che dalla pratica, anche dalla lettura e visione dei testi di Leung Ting stesso, il quale spesso mostra difese prendendo pose che troviamo in Cham Kiu (azioni mai riproposte nei corsi perché molto banali ed intellettualmente poco interessanti, a differenza dei pugni a catena che vanno a solleticare, attraverso una falsa espressione di aggressività, l'ego dei praticanti e degli aspiranti tali). Il motto virtuale in altre parole è Primo, non prenderle.
Ricordo che cercare il controllo di un'azione avversa non è un'azione puramente passiva di attesa, ma richiede una grande presenza e una disponibilità al movimento immediato e senza esitazioni. Teniamo a mente una massima fondamentale delle antiche arti del (武術) Wǔ Shù (cinese) o Bu Jutsu (giapponese): dedicarsi prima alla protezione di se stessi e solo dopo a battere l'avversario come conseguenza naturale dell'evolversi dell'azione, quando l'avversario, preso dalla voglia di colpire, lascia dei varchi. Non a caso uno dei nostri motti recita: Se vuoi colpire, sarai colpito.
Poiché stiamo imparando a difenderci, qualunque sia la nostra azione, di fronte a un avversario valoroso, la prima cosa è arginarne gli attacchi, cercando di avere un controllo su di essi ed eventualmente prenderne in prestito la forza. Il Chi Sau collegato a questo genere di situazione è più giocato, più lottatorio (che non significa lottare), più discorsivo. Si crea un dialogo dove si cerca di affondare i ponti altrui prima di colpire.
Vero è che se dall'altra parte vi è una pari abilità, le braccia dei contendenti restano appiccicate non come un risultato voluto, ma come il frutto di forze equilibrate in campo, che danno dinamicamente luogo a una sorta di flusso e riflusso delle energie dei contendenti, tanto da far assomigliare l'azione complessiva dei due al muoversi ritmico delle onde del mare, le quali, una volta esaurita la spinta, assorbita dal bagnasciuga, rifluiscono, eventualmente sommandosi alla spinta dell'onda successiva.
Pasquale "Guido" Mazzotta
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martedì 28 agosto 2012
Dang Tau Ping Si (登頭平視)
Certe volte sottovalutiamo ciò che ci è stato posto di fronte, con la superficialità tipica di chi pensa di sapere tutto e di non aver bisogno di studiare continuamente. I nostri Maestri hanno nascosto i segreti più importanti di quest'Arte Marziale mettendoceli proprio sotto agli occhi, permettendo ad uno stile centenario di arrivare fino a noi con apparenti lacune, omissioni e spezzettamenti vari... Invece è tutto lì, da sempre, per sempre, per chi vuole e sa vedere.
Un motto spesso tenuto in poco conto, ritenuto adatto solo ai principianti, privo del solito alone di mistero che lo avrebbe potuto portare alla ribalta come altri, è il seguente: 登頭平視, Dang Tau Ping Si. Lo so, detto così sembra niente. Spesso viene tradotto come testa dritta e sguardo orizzontale, tra i motti di Siu Nim Tau, senza ulteriori spiegazioni né approfondimenti. Vediamo un po' gli ideogrammi, per iniziare.
登 [dēng] è un verbo e significa salire, arrampicarsi o montare. In Cantonese è /Dang/.
頭 (con la sua forma semplificata 头) [tóu] è propriamente la testa, ma può indicare anche i capelli o il capo di qualcosa. Lo conosciamo bene. In Cantonese è /Tau/.
平 [píng] viene utilizzato in molteplici contesti con il senso di appianare, uniformare. Di solito significa livello, ma nella sua forma verbale può essere tradotto come livellare, mettere sullo stesso piano. Come sostantivo ha anche il senso di ordinario, comune o uniforme. In Cantonese è /Ping/.
視 (anche qui c'è una forma semplificata 视) [shì] significa propriamente sguardo.
Cosa esprime, quindi questo concetto di base del Wing Chun? L'idea è chiara, la testa si deve arrampicare, quindi deve sempre spingere verso il cielo. La seconda parte, invece, dà l'idea di come dovrebbe essere lo sguardo, in modo da fornire una spiegazione esaustiva quanto sintetica della posizione della testa. Quindi sì, testa dritta e sguardo orizzontale ci può stare come traduzione, ma attenzione a come viene spiegato il motto, perché si rischia di non capire come debba esser messa questa benedetta testa e, soprattutto, quando...
Entriamo, appunto, nel vivo. La testa deve sempre arrampicarsi verso il cielo? Certo, ma questo non significa che in determinate situazioni la stessa debba rimanere dritta e immobile. Semmai il motto ci richiama l'attenzione sul fatto che dobbiamo sempre allungarla, sia per i benefici che ne conseguono per la colonna vertebrale, sia per l'utilizzo che può esserne fatto in combattimento. Ho scritto qualcosa in merito, tanto tempo fa...
Il principale pericolo del non corretto utilizzo e posizionamento della testa è lo sbilanciamento. Quando la testa non è allineata alla colonna vertebrale, quando è troppo dietro o troppo avanti, rispetto l'avversario, si rischia di essere spinti e di perdere l'equilibrio così come di essere strattonati (magari in clinch) e scaraventati a terra. Allo stesso tempo è necessario non irrigidire mai i muscoli del collo, ma tenere sempre i tendini attivi, affinché in ogni posizione la testa continui nell'opera di salita, di ascesa.
Quando la testa viene flessa, per esempio durante le azioni offensive in fase di Dei Chi Sau (dove Dei è il cantonese di 地 [dì], il concetto di Terra) si utilizza per perforare le difese avversarie, per uscire da una presa o per colpire il volto, va posta la massima attenzione sull'equilibrio sottostante, cioè all'allineamento del corpo, che va sempre tenuto a mente e rispettato, per non rischiare lo sbilanciamento.
Come ci ripetiamo spesso, il nostro è un sistema concettuale e, come tale, dobbiamo sempre rispettarne i cardini. Dang Tau, quindi, non significa in alcun modo tenere la testa dritta nel senso di rigida, immobile e completamente imbrigliata in una scomoda griglia, ma avere la propensione a farla arrampicare, a montare sopra l'avversario, come ripeto spesso durante le mie lezioni, quasi a toccare il cielo.
Per quanto concerne la specificazione che i nostri Maestri hanno voluto tramandare, Ping Si, ci fa riflettere sul fatto che lo sguardo deve tendere sempre ben oltre l'avversario, proprio in funzione della propensione della testa alla salita. Quando il capo è eretto, gli occhi, quasi automaticamente, subiscono un lieve abbassamento, in modo tale che l'orizzonte sia focalizzato senza tener in particolare conto ciò che c'è sopra.
In questo momento la nostra visione periferica ci permette di osservare qualsiasi movimento di chi ci sta di fronte, limitando un pochino l'altezza del "mirino", aumentando sensibilmente l'attenzione verso l'avversario, che diventa il centro del "quadro". Lo sguardo, in questo momento, si uniforma e si livella, senza permettere sbilanciamenti alla testa.
Non avremmo forse potuto far a meno della specificazione Ping Si, perché in sua assenza alcuni avrebbero potuto permettersi di ritenere che una testa dritta sarebbe potuta esser tale anche con il mento avanzato e il cervelletto arretrato. Così non è, proprio in funzione di quel 平視, guardare dritto davanti a sé, che ci impone di osservare l'orizzonte e non perdere di vista ciò che accade di fronte a noi.
Quando si chiede all'Allievo di non esporre il pomo d'Adamo, per esempio, gli tocchiamo il mento, facendolo leggermente ritrarre e gli citiamo sempre il motto Dang Tau Ping Si (登頭平視) proprio perché attraverso lo stesso riusciamo a fargli capire l'importanza dell'allineamento della colonna durante il combattimento. Un solo colpo al collo potrebbe essere fatale, di qui l'importanza di tenere la testa ben allineata...
Come ci ripetiamo spesso, il nostro è un sistema concettuale e, come tale, dobbiamo sempre rispettarne i cardini. Dang Tau, quindi, non significa in alcun modo tenere la testa dritta nel senso di rigida, immobile e completamente imbrigliata in una scomoda griglia, ma avere la propensione a farla arrampicare, a montare sopra l'avversario, come ripeto spesso durante le mie lezioni, quasi a toccare il cielo.
Per quanto concerne la specificazione che i nostri Maestri hanno voluto tramandare, Ping Si, ci fa riflettere sul fatto che lo sguardo deve tendere sempre ben oltre l'avversario, proprio in funzione della propensione della testa alla salita. Quando il capo è eretto, gli occhi, quasi automaticamente, subiscono un lieve abbassamento, in modo tale che l'orizzonte sia focalizzato senza tener in particolare conto ciò che c'è sopra.
In questo momento la nostra visione periferica ci permette di osservare qualsiasi movimento di chi ci sta di fronte, limitando un pochino l'altezza del "mirino", aumentando sensibilmente l'attenzione verso l'avversario, che diventa il centro del "quadro". Lo sguardo, in questo momento, si uniforma e si livella, senza permettere sbilanciamenti alla testa.
Non avremmo forse potuto far a meno della specificazione Ping Si, perché in sua assenza alcuni avrebbero potuto permettersi di ritenere che una testa dritta sarebbe potuta esser tale anche con il mento avanzato e il cervelletto arretrato. Così non è, proprio in funzione di quel 平視, guardare dritto davanti a sé, che ci impone di osservare l'orizzonte e non perdere di vista ciò che accade di fronte a noi.
Quando si chiede all'Allievo di non esporre il pomo d'Adamo, per esempio, gli tocchiamo il mento, facendolo leggermente ritrarre e gli citiamo sempre il motto Dang Tau Ping Si (登頭平視) proprio perché attraverso lo stesso riusciamo a fargli capire l'importanza dell'allineamento della colonna durante il combattimento. Un solo colpo al collo potrebbe essere fatale, di qui l'importanza di tenere la testa ben allineata...
giovedì 23 agosto 2012
勾撞拳 - Gau Jong Kyun
Oggi, dopo un po' di tempo, torno a parlare di tecnica e voglio farlo dando spazio ad uno dei pugni meno visti su internet sotto la voce Wing Chun, il gancio. Sto parlando del Gau Jong Kyun (勾撞拳), che trovate spesso scritto come Au Chong Kuen (diversa trascrizione, stesso significato). Partiamo dagli ideogrammi. Non mi soffermo sul 拳 [quán], perché se ci fosse ancora un lettore del blog a non conoscerlo mi metterei a piangere...
勾 [gōu] è solitamente utilizzato nella sua forma verbale e intende l'atto di agganciare (o, in senso lato, sedurre qualcuno). Propriamente è l'uncino o, meglio, l'uncinare. Etimologicamente segue la via di 句 [jù], la sentenza. Il carattere 勾 è la volgarizzazione e la corruzione di 句, dove 厶 [sī] prende il posto di 口 [kǒu]. Uncino è propriamente scritto con l'ideogramma 钩(o 鉤) [gōu], che prevede l'aggiunta di 金 [jīn], il metallo, per indicare il materiale che compone l'oggetto. In Cantonese è /Gau/ o /Ngau/ (in alcune aree).
撞 [zhuàng] indica la collisione, il correre incontro a qualcosa, colpire. L'ideogramma è formato da 扌(o 手) [shǒu), la mano, e 童 [tóng], il ragazzo, utilizzato per il suono. In Cantonese è /Johng/.
Quale può essere, quindi, l'esatta traduzione letterale degli ideogrammi? Pugno che colpisce agganciando. Per meglio capirci, è chiaro che utilizzeremo il termine gancio, che rimanda il lettore e lo Studente al movimento tipico del Pugilato Occidentale. In realtà, la meccanica, la tecnica e le finalità sono differenti, ma è bene che ci si faccia un'idea generale, prima di passare alla pratica.
Alcuni Insegnanti tendono a dire che la forza del 'nostro' (ormai parlare di un'unica Arte Marziale è quasi risibile) gancio si prende dalla rotazione delle anche o dell'intero busto. Sicuramente uno dei motori che possiamo utilizzare è la forza di spinta, che viene dal terreno e si esplica attraverso una torsione del busto. In questo caso, ci avviciniamo molto al Pugilato Occidentale, anche se in quasi tutte le Scuole di Wing Chun, poi, si impone di non utilizzare il muscolo della spalla.
Per quanto mi riguarda, il gancio che alleno, utilizzo ed insegno viene dalla Biu Ji (標指), ma non è appannaggio dei soli Allievi che hanno raggiunto un certo qual livello. Il gancio, come quasi tutte le altre tecniche, si vede sin dai primi giorni di pratica, perché mi sembrerebbe sciocco privare il praticante di uno dei più importanti colpi a pugno chiuso del sistema.
Nella Biu Ji (標指), si allena questo benedetto Gau Jong Kyun (勾撞拳), partendo dall'esterno (area Yáng) e facendolo finire (idealmente) sulla linea Yīn opposta al braccio che esegue il gancio. In sostanza, si oltrepassa la linea verticale mediana, eseguendo un movimento semicircolare prima ascendente e poi discendente, a 45° di angolazione. La forza d'impulso (tema specifico della Biu Ji), la cosiddetta Faat Ging (發勁 [fājìn]), permette al praticante di Wing Chun di lanciare il gancio come se avesse in mano un sasso.
Come tecnica viene utilizzata sia per rompere il ponte (Saat Kiu) avversario o con l'avversario, sia per terminare il combattimento con un colpo molto forte. Spesso, quando il gancio va a vuoto (sì, avete letto bene, nessuno è perfetto), si colpisce l'avversario con una gomitata orizzontale - Pai Jaan (劈肘) -, che il praticante impara sin dal quarto set di Siu Nim Tau.
Penso sia importante sottolineare che in molte Scuole il gancio non viene utilizzato se non in connessione con il Paan Geng Sau (攀颈手), la mano che tira il collo verso il basso, tipica della Cham Kiu (尋橋) e del Muk Yan Jong (木人樁), che solitamente chiamiamo Mang Geng Sau, per una strana trascrizione, che ormai è entrata nell'uso comune dei praticanti...
Quale può essere, quindi, l'esatta traduzione letterale degli ideogrammi? Pugno che colpisce agganciando. Per meglio capirci, è chiaro che utilizzeremo il termine gancio, che rimanda il lettore e lo Studente al movimento tipico del Pugilato Occidentale. In realtà, la meccanica, la tecnica e le finalità sono differenti, ma è bene che ci si faccia un'idea generale, prima di passare alla pratica.
Alcuni Insegnanti tendono a dire che la forza del 'nostro' (ormai parlare di un'unica Arte Marziale è quasi risibile) gancio si prende dalla rotazione delle anche o dell'intero busto. Sicuramente uno dei motori che possiamo utilizzare è la forza di spinta, che viene dal terreno e si esplica attraverso una torsione del busto. In questo caso, ci avviciniamo molto al Pugilato Occidentale, anche se in quasi tutte le Scuole di Wing Chun, poi, si impone di non utilizzare il muscolo della spalla.
Per quanto mi riguarda, il gancio che alleno, utilizzo ed insegno viene dalla Biu Ji (標指), ma non è appannaggio dei soli Allievi che hanno raggiunto un certo qual livello. Il gancio, come quasi tutte le altre tecniche, si vede sin dai primi giorni di pratica, perché mi sembrerebbe sciocco privare il praticante di uno dei più importanti colpi a pugno chiuso del sistema.
Nella Biu Ji (標指), si allena questo benedetto Gau Jong Kyun (勾撞拳), partendo dall'esterno (area Yáng) e facendolo finire (idealmente) sulla linea Yīn opposta al braccio che esegue il gancio. In sostanza, si oltrepassa la linea verticale mediana, eseguendo un movimento semicircolare prima ascendente e poi discendente, a 45° di angolazione. La forza d'impulso (tema specifico della Biu Ji), la cosiddetta Faat Ging (發勁 [fājìn]), permette al praticante di Wing Chun di lanciare il gancio come se avesse in mano un sasso.
Come tecnica viene utilizzata sia per rompere il ponte (Saat Kiu) avversario o con l'avversario, sia per terminare il combattimento con un colpo molto forte. Spesso, quando il gancio va a vuoto (sì, avete letto bene, nessuno è perfetto), si colpisce l'avversario con una gomitata orizzontale - Pai Jaan (劈肘) -, che il praticante impara sin dal quarto set di Siu Nim Tau.
Penso sia importante sottolineare che in molte Scuole il gancio non viene utilizzato se non in connessione con il Paan Geng Sau (攀颈手), la mano che tira il collo verso il basso, tipica della Cham Kiu (尋橋) e del Muk Yan Jong (木人樁), che solitamente chiamiamo Mang Geng Sau, per una strana trascrizione, che ormai è entrata nell'uso comune dei praticanti...
martedì 21 agosto 2012
Tiáo Xīn (調心) - Regolare la mente
Prima di introdurvi anche la quarta (penultima, ma non in ordine di tempo o importanza) regolazione, Tiáo Xīn (調心), vorrei soffermarmi un minuto sul carattere 心 [xīn], che riveste un ruolo di primo piano nella cultura cinese antica. Si tratta di un carattere che rimanda allo stesso tempo al cuore, inteso in senso fisico, e alla mente, alla componente razionale della stessa, alla capacità sensoriale dell'uomo. L'ideogramma è formato da soli quattro segni, eppure rappresenta uno degli organi più importanti, il Cuore. Come componente (solitamente scritto 忄) è spesso utilizzato per intendere il coinvolgimento emozionale. In Cantonese è /Sam/.
Quando parliamo di Tiáo Xīn (調心), quindi, facciamo esplicito riferimento alla Regolazione della mente razionale. Bisogna imparare a mantenere la mente calma e centrata in modo da giudicare le situazioni in maniera obiettiva e dirigere il 氣 (Qì) nello spazio. La mente è una delle chiavi del successo nella nostra pratica. Regolare la mente e le emozioni sarà un passo fondamentale della pratica, affinché preoccupazioni, ansie e pensieri non affannino più il nostro cuore. Dobbiamo imparare a sgombrare la mente da ogni preoccupazione, allentando le tensioni, permettendo alla stessa mente di raggiungere uno stato di tranquillità simile all'acqua del lago.
Nel momento in cui il respiro viene regolato così come il corpo, la mente potrà calmarsi con facilità, raggiungendo uno stato di concentrazione ed imperturbabilità. In questo momento non esiste più passato o futuro, vi è solo il qui ed ora. Regolare la mente significa soprattutto imparare a controllare i propri pensieri. I Buddisti sono soliti utilizzare metodi precisi (come il contare i respiri, seguire il respiro in su ed in giù, cercando blocchi ed impurità del corpo) che possono aiutare a raggiungere uno stato mentale calmo e distaccato. Si possono recitare mantra o i nomi del Buddha, ma la sostanza è la stessa.
Alcuni amici prediligono la meditazione camminata, ma il vero scopo condiviso da tutte le tradizione è quello di unificare e concentrare la mente. Raggiunto questo stato non si pensi d'esser arrivati alla fine del proprio percorso, però, perché l'attaccamento al sé persiste e dal punto di vista del Chán (禪) questo tipo di raggiungimento è solo uno stadio intermedio prima del raggiungimento dell'illuminazione. La meditazione, ad ogni modo, può migliorare la salute, ma lo scopo primario rimane quello di consentire la liberazione dal pensiero, sviluppando il rilassamento e la mancanza di tensione, abituando il corpo ad una respirazione lenta e profonda. Nella mente si sviluppa uno stato di silenzio, tranquillità e imperturbabilità.
Per conto mio, la regolazione della mente può avvenire in diversi modi, ma ciò che ritengo essere davvero importante è polverizzare il nulla, cioè perdere la cognizione del pieno e del vuoto, immergendosi nel nulla. Solo in questo momento, almeno nelle mie ricerche, si riesce ad eliminare totalmente l'ego per lasciare il posto all'assenza del pensiero, al nulla. Utilizzo propriamente il termine nulla proprio perché non esiste in funzione di altro, come nel caso di vuoto, che ha senso solo in corrispondenza di pieno.
Nel (mio) Wing Chun l'aspetto della regolazione della mente viene trattato in uno stadio abbastanza avanzato della pratica, perché molti Allievi non sono interessati alla coltivazione di questi aspetti, che io ritengo comunque fondamentali. Non li biasimo, perché con la vita frenetica che conduciamo in questa società è difficile vivere in modo differente, ma invito sempre tutti ad avvicinarsi a questo genere di pratiche interne, perché possono migliorare davvero la propria esistenza.
lunedì 20 agosto 2012
Tiáo Qì (調氣) - Regolare il Qì
Probabilmente si tratta di una delle parole orientali che affascina di più gli occidentali, ma sta di fatto che quando si parla di Qì tutto diventa misterioso, quasi esoterico. Eppure i più Grandi Maestri che ho conosciuto mi hanno sempre parlato del 氣 (Qì) come aria, intesa proprio nel suo senso tanto metafisico quanto estremamente fisico. Nascondere la semplicità dietro un velo di mistero fa sempre comodo, pare...
Il carattere 氣 ha un'etimologia complessa. Raffigurava inizialmente solo il vapore che sale verso il cielo. Poi vi è stato aggiunto il radicale 米 [mǐ], indicante il chicco di riso. Quindi l'ideogramma rimanda ai vapori che salgono dalla terra ed al riso, sostanza che rimane in basso quando cuocendo rilascia i vapori stessi che vanno verso l'alto.
In un solo ideogramma si sintetizzano i due elementi fondamentali, celeste (Yáng) e terrestre (Yīn). Il Qì del cielo preme dall'alto, quello della terra dal basso. L'Uomo, quindi, è il risultato di queste due pressioni verticali costanti. Ad ogni modo, il senso che diamo noi oggi all'ideogramma 氣 nasce e si sviluppa dal dodicesimo secolo d.C., quando si inizia a far riferimento all'energia, definita spesso soffio vitale. In Cantonese viene trascritto /Hei/.
Una delle cinque regolazioni di cui vi sto parlando in questi giorni è detta Tiáo Qì (調氣) e fa riferimento all'atto di regolazione dell'energia vitale, quindi della distribuzione dei fluidi nel nostro corpo. Possiamo sicuramente porre la regolazione del Qì (氣) come uno degli obiettivi finali, di sicuro uno dei più importanti, di tutti i praticanti di qualsivoglia disciplina che abbia al suo interno il Qì Gōng.
Per imparare a regolare il Qì in modo efficace bisogna prima aver regolato il corpo, la respirazione e la mente (di quest'ultima regolazione parlerò a giorni, qui). Soltanto in quel momento la mente sarà abbastanza lucida da percepire il livello di distribuzione del Qì nel corpo per poterlo regolare, soprattutto quanto c'è una qualsiasi patologia energetica, con la conseguente alterazione nella circolazione energetica.
Un metodo molto efficace per rimuovere ristagni e blocchi e promuovere la circolazione dell'energia è il Tuī Ná (推拿), la cui traduzione letterale è spingere ed afferrare, ma che, in senso lato, fa riferimento a tutto l'insieme di tecniche manipolatorie di massaggio, collegate alla Medicina Cinese. Quando il Qì ristagna o è bloccato il sintomo prevalente è il dolore, che va via via diminuendo attraverso una delle tecniche di Tuī Ná, scelte di volta in volta a seconda dell'organo implicato.
Quando il Praticante sarà sufficientemente rilassato, con la postura, il corpo sciolto, il respiro regolare, lento, sottile e profondo e la mente sarà libera, allora, solo allora, usando l'intenzione (意 [yì]) potrà iniziare a far attenzione ai percorsi dei Meridiani della Medicina Cinese, regolando il flusso dell'energia nel corpo. Si tratta di una fase avanzata della pratica, perché richiede davvero molto esercizio.
Tanto per far riferimento ad una forma che tutti conoscono, nella Siu Nim Tau che pratichiamo ci sono diversi aspetti di auto-massaggio, specialmente nella quarta parte, dove vengono trattati diversi meridiani, come ricordo sempre durante le mie lezioni. Anche nella Chum Kiu e nella Biu Ji effettuiamo varie tecniche di Tuī Ná, ma esse appaiono segrete e nascoste a chi vi si accosta per il solo gusto marziale di imparare a combattere. Il (mio) Wing Chun è molto di più di una serie di tecniche di combattimento.
Il carattere 氣 ha un'etimologia complessa. Raffigurava inizialmente solo il vapore che sale verso il cielo. Poi vi è stato aggiunto il radicale 米 [mǐ], indicante il chicco di riso. Quindi l'ideogramma rimanda ai vapori che salgono dalla terra ed al riso, sostanza che rimane in basso quando cuocendo rilascia i vapori stessi che vanno verso l'alto.
In un solo ideogramma si sintetizzano i due elementi fondamentali, celeste (Yáng) e terrestre (Yīn). Il Qì del cielo preme dall'alto, quello della terra dal basso. L'Uomo, quindi, è il risultato di queste due pressioni verticali costanti. Ad ogni modo, il senso che diamo noi oggi all'ideogramma 氣 nasce e si sviluppa dal dodicesimo secolo d.C., quando si inizia a far riferimento all'energia, definita spesso soffio vitale. In Cantonese viene trascritto /Hei/.
Una delle cinque regolazioni di cui vi sto parlando in questi giorni è detta Tiáo Qì (調氣) e fa riferimento all'atto di regolazione dell'energia vitale, quindi della distribuzione dei fluidi nel nostro corpo. Possiamo sicuramente porre la regolazione del Qì (氣) come uno degli obiettivi finali, di sicuro uno dei più importanti, di tutti i praticanti di qualsivoglia disciplina che abbia al suo interno il Qì Gōng.
Per imparare a regolare il Qì in modo efficace bisogna prima aver regolato il corpo, la respirazione e la mente (di quest'ultima regolazione parlerò a giorni, qui). Soltanto in quel momento la mente sarà abbastanza lucida da percepire il livello di distribuzione del Qì nel corpo per poterlo regolare, soprattutto quanto c'è una qualsiasi patologia energetica, con la conseguente alterazione nella circolazione energetica.
Un metodo molto efficace per rimuovere ristagni e blocchi e promuovere la circolazione dell'energia è il Tuī Ná (推拿), la cui traduzione letterale è spingere ed afferrare, ma che, in senso lato, fa riferimento a tutto l'insieme di tecniche manipolatorie di massaggio, collegate alla Medicina Cinese. Quando il Qì ristagna o è bloccato il sintomo prevalente è il dolore, che va via via diminuendo attraverso una delle tecniche di Tuī Ná, scelte di volta in volta a seconda dell'organo implicato.
Quando il Praticante sarà sufficientemente rilassato, con la postura, il corpo sciolto, il respiro regolare, lento, sottile e profondo e la mente sarà libera, allora, solo allora, usando l'intenzione (意 [yì]) potrà iniziare a far attenzione ai percorsi dei Meridiani della Medicina Cinese, regolando il flusso dell'energia nel corpo. Si tratta di una fase avanzata della pratica, perché richiede davvero molto esercizio.
Tanto per far riferimento ad una forma che tutti conoscono, nella Siu Nim Tau che pratichiamo ci sono diversi aspetti di auto-massaggio, specialmente nella quarta parte, dove vengono trattati diversi meridiani, come ricordo sempre durante le mie lezioni. Anche nella Chum Kiu e nella Biu Ji effettuiamo varie tecniche di Tuī Ná, ma esse appaiono segrete e nascoste a chi vi si accosta per il solo gusto marziale di imparare a combattere. Il (mio) Wing Chun è molto di più di una serie di tecniche di combattimento.
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domenica 19 agosto 2012
Tiáo Shēn (調身) - Regolare il corpo
Una delle cinque capacità per raggiungere la consapevolezza che cerchiamo è Tiáo Shēn (調身), il saper "regolare il corpo". Purtroppo spesso lo si trova scritto su libri, siti e quant'altro, ma non mi pare che se ne sia mai data una spiegazione efficace. Ci provo Conosciamo già gli ideogrammi 調 e 身, quindi non mi soffermo su questo.
Saper regolare il corpo significa trovare, costruire e gestire il proprio radicamento a terra, facendo sprofondare le proprie radici a tre metri sotto la superficie, come ci indicano i testi tradizionali del Wing Chun, non solo in una fase statica, passiva ed inattiva, ma anche durante il movimento. È molto importante cercare, afferrare e mantenere il proprio centro, attraverso la costruzione di un triangolo, proprio come impariamo a fare sin dall'inizio con la Yee Ji Kim Yeung Ma (二字箝羊馬). Lo ricordo per tutti i lettori non assidui del blog: il cantonese Yeung non è la romanizzazione dell'ideogramma 羊 [yáng], che indica la pecora, ma di 陽 [yáng], il principio naturale attivo, maschile, etc.
Per una pratica seria ed efficace è necessario bilanciare il corpo, lasciando perdere gli assolutismi ed i dogmatismi dello scaricamento del peso diviso in percentuali sempre identiche, ma adattandosi momento per momento alle esigenze della situazione. Attraverso una ripartizione di peso e pressione corporea (vedi la forza di gravità e la capacità di scaricarla a terra) possiamo imparare a stare in piedi e muoverci senza perdere mai quell'assetto triangolare acquisito con fatica all'inizio della pratica. Finalmente potremo dar vita a triangoli Yáng o Yīn, a seconda dei casi e dei movimenti. Solo mediante una pratica rilassata e priva di contrazioni potremo far scorrere il Qì (氣).
Nel cammino di crescita dei miei Allievi c'è un'inizio comune, lo studio di posizioni statiche e loro successiva trasformazione dinamica. Con l'esercizio costante queste diventano parte integrante del bagaglio tecnico e, a quel punto, si può iniziare ad eseguire forme con sempre maggior precisione. Regolare il corpo, a questo punto, significherà aver raggiunto la capacità di migliorare la propria condizione energetica in modo da sviluppare (non "creare", come leggo spesso, purtroppo), accumulare e far circolare il Qì.
Tutta la ricerca del praticante alle prime armi deve essere tesa all'acquisizione della posizione più comoda e rilassata possibile, sia nelle fasi statiche sia in quelle dinamiche, lasciando che il proprio corpo rimanga sempre centrato, bilanciato e mai privo dell'immancabile giusto mezzo (né stabile ma immobile né mobile ma instabile): avere la capacità di muoversi mantenendo un assetto strutturale stabile (sì sì, la famosa struttura in movimento).
I miei Allievi sanno bene che tutta questa ricerca è vana se non vi è l'intento, l'intenzione, 意 [yì], cioè il suono (音 [yīn]) del cuore (心 [xīn]), come ci indicano gli ideogrammi componenti. Per raggiungere il rilassamento del corpo bisogna regolare la mente, Tiáo Xīn (調心): non dimentichiamo il detto Shēn Xīn Píng Héng (身心平衡), corpo e mente bilanciati. Senza il necessario bilanciamento ed equilibrio, come sempre, non si va da alcuna parte.
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sabato 18 agosto 2012
Tiào Xī (調息) - Regolare il respiro
Come avrete ormai capito, la nostra ricerca è finalizzata a saper suonare armonicamente lo strumento che chiamiamo corpo in ogni situazione. Uno dei cinque processi di cambiamento ed evoluzione delle nostre capacità è detto Tiào Xī (調息), "regolare il respiro".
調 (ha una forma semplificata: 调) [tiáo] è qui utilizzato in forma verbale di regolare o aggiustare. L'ideogramma è formato da 讠(o 言, nella forma tradizionale) [yán], le parole, e dall'uso fonetico di 周 [zhōu], che significa circuito, circonferenza o cerchio. In Cantonese è /Tiu/.
息 [xī] indica il respiro o, più propriamente, l'atto di respirare. L'ideogramma viene formato da 自 [zì], il naso, e da 心 [xīn], il cuore. In Cantonese è /Sik/.
Per regolare la respirazione bisogna imparare a respirare in modo che il respiro e la mente siano ben allineati tra loro. In questo modo la mente potrà raggiungere velocemente uno stato di
calma e concentrazione che faciliterà il trasporto del Qi. 調息 significa arrivare a controllare la respirazione in modo da poter rilassare il corpo e la mente stessa. Vediamo qualcosa insieme.
Lasciate svuotare il petto e mandate tutta l'aria verso l'addome. Lasciate gonfiare l'addome durante l'inspirazione e non forzatelo durante l'espirazione (si svuoterà naturalmente). Pian piano ascoltate il vostro respiro in modo da percepire il costante flusso dell'aria. Ricordate, tensione, stress, mancanza d'abitudine nell'ascoltarsi e nel percepirsi sono solo alcuni dei fattori che vi impediranno di prendere confidenza con il vostro corpo.
Per controllare in che modo immettete l’aria nel vostro corpo prima di lasciarla andare, la prima cosa da fare è poggiare una mano sul torace e l’altra sull'addome. Se vi può essere d'aiuto, chiudete gli occhi. Qualora a muoversi sia solo la mano poggiata sul torace, cari amici, significa che state respirando solo superficialmente ovvero che il vostro Qi ristagna nella zona toracica. Dovete iniziare a far scendere il respiro verso l'altra mano.
Può esservi d'aiuto eseguire l'esercizio sdraiati a terra, in modo da poter percepire al meglio il movimento corporeo a seguito della respirazione. Quando la pancia si gonfia, si solleva e si abbassa leggermente, potete concentrarvi sull'espirazione. Per equilibrare il respiro potete sedere su una sedia con le mani appoggiate sulle gambe, con il palmo rivolto verso l’alto e i gomiti e le spalle rilassate.
Iniziate a concentrarvi e unite le punte delle dita di una mano e poi dell'altra (per tradizione, iniziate dalla destra). Inspirate con il naso e fate finta che esista un sottile flusso di energia che entra dalla mano sinistra e risale lungo tutto lo stesso lato del corpo. Espirando aprite la destra e chiudete la sinistra ed immaginate il processo contrario. Riempite i polmoni di aria ed espirate pian piano, sempre dal naso, espandendo la cassa toracica, rilassando la schiena. Di qui a qualche settimana avrete iniziato a percepire il vostro respiro. Da lì si potrà iniziare a lavorare per regolare il respiro in modo compiuto.
Tradizionalmente tutte le Scuole di Qi Gōng ci insegnano che il respiro è corretto (quindi efficace) quando presenta quattro caratteristiche. Deve essere sottile (細 [xì]), morbido (柔 [róu]), lungo (長) [cháng]) ed ininterrotto come un filo di seta (絲 [sī]). Solo così la respirazione sarà ampia e profonda, dal naso all'addome. Apporterà in questo modo l'energia del cielo (天氣, Tiān Qì) a tutto il corpo, eliminando le tensioni dal diaframma e dalla muscolatura che regola la respirazione.
Come nella Medicina Cinese, anche nella pratica del Wing Chun l’osservazione di come una persona respira è parte importante dei segni e sintomi da raccogliere per formulare la diagnosi (da parte del medico) o consigliare esercizi per migliorare (da parte del Maestro). Il modo di respirare ci dà modo di capire lo stato emozionale e quello generale di salute della persona.
Una volta raggiunta una certa capacità di controllo del respiro, sappiate che il primo passo sarà proprio quello di dimenticarvi del respiro stesso. Si può definire Bù Xī (不息), che non va tradotto come "non respirare" come scrivono alcuni, ma come "non pensare al respiro". Ecco che il respiro diventerà sempre più naturale.
Successivamente il respiro va assecondato. Gli amici cinesi direbbero 隨息 - Suí Xī -, traducibile più o meno come "seguire il respiro", quindi assecondarlo. Pensate a quando espirate volontariamente, per scaricare tensioni. Si tratta di un piccolo gesto per riavviare il meccanismo della respirazione, il quale, ovviamente, si regolerà subito dopo da sé. In questa fase è bene capire che il vostro è solo un piccolo intervento di supporto al respiro.
Se siete arrivati fin qui, non fermatevi. Finalmente è il momento di dimenticare il respiro, 忘息 - Wàng Xī -. Adesso non dovete più intervenire in alcun modo, lasciando che l'alternanza di inspirazione ed espirazione avvenga naturalmente. Essa è regolata automaticamente dal cervello e non dovrete più impegnarvi per renderla efficace. In questo stadio anche durante il combattimento il respiro "farà da sé", donando tranquillità e serenità.
Tiào Xī (調息) - regolare il respiro - significa, quindi, arrivare a possedere un respiro omogeneo, privo di suono, sottile, lungo e profondo. Riducendo la frequenza respiratoria aumenterà la portata cardiaca. Pensate che la tartaruga compie solo due respiri al minuto: ecco dov'è il segreto della sua longevità. Sarete finalmente giunti alla respirazione fetale, il vero e proprio respiro stabile di matrice taoista, priva di emozioni e pensieri. La vostra ricerca sarà terminata. Complimenti. La mia è in corso d'opera...
Lasciate svuotare il petto e mandate tutta l'aria verso l'addome. Lasciate gonfiare l'addome durante l'inspirazione e non forzatelo durante l'espirazione (si svuoterà naturalmente). Pian piano ascoltate il vostro respiro in modo da percepire il costante flusso dell'aria. Ricordate, tensione, stress, mancanza d'abitudine nell'ascoltarsi e nel percepirsi sono solo alcuni dei fattori che vi impediranno di prendere confidenza con il vostro corpo.
Per controllare in che modo immettete l’aria nel vostro corpo prima di lasciarla andare, la prima cosa da fare è poggiare una mano sul torace e l’altra sull'addome. Se vi può essere d'aiuto, chiudete gli occhi. Qualora a muoversi sia solo la mano poggiata sul torace, cari amici, significa che state respirando solo superficialmente ovvero che il vostro Qi ristagna nella zona toracica. Dovete iniziare a far scendere il respiro verso l'altra mano.
Può esservi d'aiuto eseguire l'esercizio sdraiati a terra, in modo da poter percepire al meglio il movimento corporeo a seguito della respirazione. Quando la pancia si gonfia, si solleva e si abbassa leggermente, potete concentrarvi sull'espirazione. Per equilibrare il respiro potete sedere su una sedia con le mani appoggiate sulle gambe, con il palmo rivolto verso l’alto e i gomiti e le spalle rilassate.
Iniziate a concentrarvi e unite le punte delle dita di una mano e poi dell'altra (per tradizione, iniziate dalla destra). Inspirate con il naso e fate finta che esista un sottile flusso di energia che entra dalla mano sinistra e risale lungo tutto lo stesso lato del corpo. Espirando aprite la destra e chiudete la sinistra ed immaginate il processo contrario. Riempite i polmoni di aria ed espirate pian piano, sempre dal naso, espandendo la cassa toracica, rilassando la schiena. Di qui a qualche settimana avrete iniziato a percepire il vostro respiro. Da lì si potrà iniziare a lavorare per regolare il respiro in modo compiuto.
Tradizionalmente tutte le Scuole di Qi Gōng ci insegnano che il respiro è corretto (quindi efficace) quando presenta quattro caratteristiche. Deve essere sottile (細 [xì]), morbido (柔 [róu]), lungo (長) [cháng]) ed ininterrotto come un filo di seta (絲 [sī]). Solo così la respirazione sarà ampia e profonda, dal naso all'addome. Apporterà in questo modo l'energia del cielo (天氣, Tiān Qì) a tutto il corpo, eliminando le tensioni dal diaframma e dalla muscolatura che regola la respirazione.
Come nella Medicina Cinese, anche nella pratica del Wing Chun l’osservazione di come una persona respira è parte importante dei segni e sintomi da raccogliere per formulare la diagnosi (da parte del medico) o consigliare esercizi per migliorare (da parte del Maestro). Il modo di respirare ci dà modo di capire lo stato emozionale e quello generale di salute della persona.
Una volta raggiunta una certa capacità di controllo del respiro, sappiate che il primo passo sarà proprio quello di dimenticarvi del respiro stesso. Si può definire Bù Xī (不息), che non va tradotto come "non respirare" come scrivono alcuni, ma come "non pensare al respiro". Ecco che il respiro diventerà sempre più naturale.
Successivamente il respiro va assecondato. Gli amici cinesi direbbero 隨息 - Suí Xī -, traducibile più o meno come "seguire il respiro", quindi assecondarlo. Pensate a quando espirate volontariamente, per scaricare tensioni. Si tratta di un piccolo gesto per riavviare il meccanismo della respirazione, il quale, ovviamente, si regolerà subito dopo da sé. In questa fase è bene capire che il vostro è solo un piccolo intervento di supporto al respiro.
Se siete arrivati fin qui, non fermatevi. Finalmente è il momento di dimenticare il respiro, 忘息 - Wàng Xī -. Adesso non dovete più intervenire in alcun modo, lasciando che l'alternanza di inspirazione ed espirazione avvenga naturalmente. Essa è regolata automaticamente dal cervello e non dovrete più impegnarvi per renderla efficace. In questo stadio anche durante il combattimento il respiro "farà da sé", donando tranquillità e serenità.
Tiào Xī (調息) - regolare il respiro - significa, quindi, arrivare a possedere un respiro omogeneo, privo di suono, sottile, lungo e profondo. Riducendo la frequenza respiratoria aumenterà la portata cardiaca. Pensate che la tartaruga compie solo due respiri al minuto: ecco dov'è il segreto della sua longevità. Sarete finalmente giunti alla respirazione fetale, il vero e proprio respiro stabile di matrice taoista, priva di emozioni e pensieri. La vostra ricerca sarà terminata. Complimenti. La mia è in corso d'opera...
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giovedì 16 agosto 2012
Senza teoria e scopo, nessuna crescita
Spesso ricevo telefonate da ex praticanti di WingTsun (specialmente WTOI) che si lamentano per la mancanza di teorie e spiegazioni profonde nel loro sistema. Effettivamente questo fu uno dei motivi che mi portarono ad abbandonare quell'organizzazione. Eppure, a distanza di anni, capisco che ci fu un vero e proprio corto circuito made in Germany, che non ci ha permesso di acquisire le conoscenze, che solo attraverso alcuni Maestri sono arrivate in Italia. Ma questa è una storia passata...veniamo a noi.
Se non c'è una buona teoria dietro all'Arte Marziale, non ci può essere una buona pratica, mettiamocelo bene in testa. Se la teoria è scomposta, presenta falle o è inadeguata a dare risposte ai praticanti, ecco che gli stessi si perdono e abbandonano, giustamente. Io, dal canto mio, cerco sempre di spiegare fin dal primo giorno ai miei Allievi che devono prefiggersi degli scopi precisi, altrimenti, senza una mèta, il percorso può essere davvero troppo arduo...
Senza conoscere scopo e teoria si perde il significato stesso dell’allenamento e, come conseguenza, ci sarà solo una perdita di tempo. Lo ripeto spesso, bisogna studiare e allenarsi fino a quando non si comprende appieno il significato di ogni singolo movimento, di ogni tecnica, di ogni forma. Solo in questo modo potremo capire come crescere, indipendentemente dal Maestro, che servirà, in quel dato momento, solo raffinare ciò che si sarà scoperto da sé.
Fare errori è il modo migliore per imparare. Si può imparare dai propri errori, se non ci si sofferma sugli essi. Nel Wing Chun come nella vita questa è una legge. Errore dopo errore si impara a regolare il corpo, a capire come trovare e costruire il radicamento dello stesso, a praticare ogni forma e comprenderne appieno il significato. Per costruire radici solide dovete sapere come mantenervi centrati, come bilanciare il corpo e, cosa più importante, come rilassarvi in modo che il Qi possa fluire liberamente.
Fare errori è il modo migliore per imparare. Si può imparare dai propri errori, se non ci si sofferma sugli essi. Nel Wing Chun come nella vita questa è una legge. Errore dopo errore si impara a regolare il corpo, a capire come trovare e costruire il radicamento dello stesso, a praticare ogni forma e comprenderne appieno il significato. Per costruire radici solide dovete sapere come mantenervi centrati, come bilanciare il corpo e, cosa più importante, come rilassarvi in modo che il Qi possa fluire liberamente.
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mercoledì 15 agosto 2012
Il (mio) Wing Chun è 氣功 (Qi Gōng)
Da anni sento dire che il Wing Chun è uno stile esterno, che potenzia la parte fisica del corpo, adatto alla difesa personale ed al combattimento nella corta distanza. Alla fine, vedendo e rivedendo i film dedicati al GGM Ip Man capisco che questi stereotipi sono stati accettati dalla gran parte della comunità dei praticanti (e Insegnanti) dell'Arte Marziale. Da me, lo chiarisco subito, no. Questo è il motivo per cui da qualche mese a questa parte faccio riferimento nei miei articoli al mio Wing Chun, non perché io mi consideri un SiJo, un fondatore di una nuova corrente, ma perché ritengo che le mie ricerche e le mie esperienze mi abbiano portato in una direzione differente rispetto a quelle che ho visto e praticato sinora.
Il mio Wing Chun, dicevo, è anche (non solo, ovviamente) 氣功 - Qi Gōng -, in quanto la continua pratica dell'Arte e la teoria che c'è dietro alla stessa fanno sì che il pensiero finale, la vera mèta, l'obbiettivo profondo è e rimane quello di acquisire calma, tranquillità ed equilibrio mentale e spirituale, attraverso una corretta respirazione e, di conseguenza, di una sequenza di movimenti atti a migliorare, stabilizzare ed equilibrare la circolazione energetica del 氣 - Qi -.
Uno degli scopi del Qi Gōng è quello di mantenere la salute dell'uomo, attraverso la meditazione statica o dinamica. Spesso vi è bisogno di far scorrere il Qi in modo più fluido, perché alcune malattie sono causate da eccessi emotivi, i quali consumano lo stesso Qi, causando ristagni lungo i meridiani energetici e nei sistemi organici. La depressione, malattia cardine della nostra società, causa spesso ulcere gastriche ed indigestioni. Così la rabbia deteriora il fegato. La continua tristezza genera compressione e tensione nei polmoni. La paura turba il funzionamento dei reni e della vescica. E così via...
調心 - Tiáo Xīn - è considerato il processo per regolare la parte emozionale della mente, attraverso un'equilibratura del Cuore. Quando la mente è calma, l'uomo è in uno stato neutrale di emotività. In questo momento il Qi scorre e si auto-regola, corregge i propri squilibri e dona uno stato di benessere generale. Per raggiungere lo stato di quiete descritto utilizziamo la meditazione statica, attraverso la quale eliminiamo qualsiasi pensiero dalla mente, lasciandola chiara, serena e calma. Il flusso dei pensieri, a quel punto, subisce un rallentamento, provocando un certo grado di distacco emotivo.
Con la mancanza di pensieri il rilassamento è garantito, anche negli organi interni. Alcuni utilizzano forme come quella degli Otto Pezzi di Broccato - affascinante! - o gli Esercizi dei Cinque Animali, ma tutte le forme potrebbero adattarsi al contesto. Noi utilizziamo la Sam Chien Po della tradizione Hek Ki Boen, così come la Siu Nim Tau (o anche la Siaw Lian Dao della stessa tradizione HKB). Sarà un piacere mostrare a tutti gli amici che lo vorranno la parte energetica della mia Scuola. Sono a vostra completa disposizione.
Con la mancanza di pensieri il rilassamento è garantito, anche negli organi interni. Alcuni utilizzano forme come quella degli Otto Pezzi di Broccato - affascinante! - o gli Esercizi dei Cinque Animali, ma tutte le forme potrebbero adattarsi al contesto. Noi utilizziamo la Sam Chien Po della tradizione Hek Ki Boen, così come la Siu Nim Tau (o anche la Siaw Lian Dao della stessa tradizione HKB). Sarà un piacere mostrare a tutti gli amici che lo vorranno la parte energetica della mia Scuola. Sono a vostra completa disposizione.
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domenica 12 agosto 2012
Completezza
In tutte le Scuole di Arti Marziali che ho frequentato finora mi è sempre capitato di notare l'assenza della completezza nei praticanti, divisi spesso tra "teorici" e "pratici", tra "letterati" e "picchiatori". Credo, al contrario, che sia importantissimo coltivare entrambe le Vie, sia quella di natura strettamente marziale sia quella civile, letteraria e teorica. Togliere una delle due sarebbe come camminare senza una gamba.
Si tratta della necessità di coniugare maschile e femminile, utilizzare due ali per volare. Letteratura, filosofia, cultura generale sono la componente armonica dell'artista marziale, insieme alle tecniche, alle forme ed alle capacità di combattimento. Se manca armonia, i praticanti perdono la completezza necessaria nell'Arte come nella vita. Proprio per questo invito sempre i miei Allievi più giovani a coltivare lo studio, ad impegnarsi principalmente a scuola, prima di pensare al Wing Chun.
Senza una Via non può esserci l'altra, non può esserci saggezza se sono separate o una della due è assente. Quando riprendo i miei Allievi per la mancanza di alcune parti di conoscenza o pratica è proprio per permettere loro di raggiungere quella completezza che io non ho mai riscontrato in altre Scuole. Forme, tecniche e capacità di combattimento migliorano e diventano "perfette" se sono supportate da un'ottima conoscenza teorica. A questo va affiancato un percorso di studi teorici, storici e tecnici, con i quali acquisire sempre più dimestichezza con la cultura cinese. Senza una delle gambe, la conoscenza è zoppa e la completezza non ci appartiene. Sarebbe come tentare di completare un puzzle, senza alcuni pezzi...
sabato 11 agosto 2012
Boxe: Cammarelle d'argento. Furioso Il pugile azzurro
Con il cuore e con la tecnica. Ma non sono bastate a sconfiggere la giuria. Roberto Cammarelle è medaglia d'argento dei supermassimi sconfitto dal padrone di casa Anthony Joshua dopo una gara che per tutti l'azzurro aveva dominato. Per tutti, ma non per le giurie: in vantaggio dopo i primi due round 13-10, Cammarelle ha perso, secondo un verdetto molto discutibile dei giudici, il terzo round 8-5 con la medaglia d'oro che è andata al pugile di casa. Tanto che a fine gara l'Italia farà ricorso, poi respinto. L'atleta italiano aveva già vinto il titolo a Pechino, mentre ad Atene era stato medaglia di bronzo.
«Una sconfitta che non credo aver subito anche se nella terza ripresa forse dovevo gestire meglio il match», spiega un deluso Roberto Cammarelle alla fine del match. «Sapevo che le giurie erano abbastanza di parte, ma pensavo di averle convinte nelle prime due riprese. Purtroppo hanno dato un verdetto di parità che brucia tanto», aggiunge il pugile azzurro. Per Cammarelle era l'ultimo match di una carriera comunque straordinaria. Dobbiamo essere tutti orgogliosi di questo grande atleta italiano.
venerdì 10 agosto 2012
Zuò Chán - 坐禅 - Zazèn
Sempre più spesso mi ritrovo a meditare. La meditazione è il cuore della pratica delle Arti Marziali Tradizionali, al di là degli altri aspetti pur importantissimi delle stesse. Ritrovare se stessi, sedere in armonìa con sé e col mondo, essere nel mondo e concentrarsi sul vuoto, questo è uno dei punti più alti della meditazione.
坐 [zuò] è formato da due persone 人 [rén] che siedono a terra 土 [tǔ] In Cantonese è reso come /Choh/ o /Joh/.
禅 (forma semplificata di 禪) [chán] è propriamente la meditazione; deriva da 礻(o 示) [shì], l'altare, e da 单 (la cui forma tradizionale è 單) [dān], utilizzato per la sua fonetica. In Cantonese è /Sim/ o /Sihn/.
Come nel nostro caso i due ideogrammi sono utilizzati assieme per rendere l'espressione di "sedere in meditazione" - 坐禅 -. La parola Chán viene dal Sanskrito, Dhyāna, pronunciata Zen in Giappone. Da qui la famosa posizione Zazen, che poi è il nome più conosciuto.
Nel taoismo esisteva già 坐忘, Zuò Wàng (Choh Mohng in Cantonese), "sedersi nell'oblìo", ma mettere insieme la tradizione taoista e quella, più antica, sanskrita, fu la chiave del Buddhismo Chàn per onorare gli antenati e coniugare tradizione e modernità. È molto importante capire che non si tratta di una tecnica per realizzare un desiderio, uno strumento per ottenere qualcosa o raggiungere un fine. Se così fosse saremmo lontani dalla concezione spirituale della gratuità. Questa è realizzazione spirituale stessa. Se si comprende questo, si capisce perché nella tradizione delle Arti Marziali cinesi prevalere non è il fine da perseguire.
Per me la pratica di Zuò Chán è venuta dopo aver imparato a tenere una postura giusta, eretta, con la conseguente respirazione naturale. Sono partito dalla respirazione che ristagnava all'altezza del plesso solare, per poi riuscire a farla scendere verso il Dan Tian più basso. Ho imparato ad impiegare più di due minuti ad espirare, dopo aver letto che il Buddha colse l'Illuminazione sotto l'albero della Bodhi proprio durante l'espirazione...
Tutte le nostre tecniche devono essere un allenamento della respirazione e Zuò Chán non deve essere da meno, all'inizio. Al più presto, però, va abbandonato questo fine, per raggiungere l'assenza del fine, il sedere nel vuoto per meditare. Nella posizione che vi descrivo si raccolgono tutte le energie, lasciando scorrere via tutti i pensieri, allentando tensioni, dedicandosi a sé.
Bisogna sempre rimanere vigili, pur essendo distaccati, mai chiudere gli occhi, concentrarsi sul vuoto, non visualizzare. La visualizzazione è una cosa totalmente diversa. Zuò Chán è allenamento all'inazione, non azione a sé. Aiuta a conferire una dimensione differente anche alle forme, se praticata con regolarità. Coltivate lo spirito, altrimenti le vostre forme, le vostre tecniche e la vostra vita saranno senza Qi, senza vita.
Per me la pratica di Zuò Chán è venuta dopo aver imparato a tenere una postura giusta, eretta, con la conseguente respirazione naturale. Sono partito dalla respirazione che ristagnava all'altezza del plesso solare, per poi riuscire a farla scendere verso il Dan Tian più basso. Ho imparato ad impiegare più di due minuti ad espirare, dopo aver letto che il Buddha colse l'Illuminazione sotto l'albero della Bodhi proprio durante l'espirazione...
Tutte le nostre tecniche devono essere un allenamento della respirazione e Zuò Chán non deve essere da meno, all'inizio. Al più presto, però, va abbandonato questo fine, per raggiungere l'assenza del fine, il sedere nel vuoto per meditare. Nella posizione che vi descrivo si raccolgono tutte le energie, lasciando scorrere via tutti i pensieri, allentando tensioni, dedicandosi a sé.
Bisogna sempre rimanere vigili, pur essendo distaccati, mai chiudere gli occhi, concentrarsi sul vuoto, non visualizzare. La visualizzazione è una cosa totalmente diversa. Zuò Chán è allenamento all'inazione, non azione a sé. Aiuta a conferire una dimensione differente anche alle forme, se praticata con regolarità. Coltivate lo spirito, altrimenti le vostre forme, le vostre tecniche e la vostra vita saranno senza Qi, senza vita.
giovedì 9 agosto 2012
Le bugie hanno le gambe corte e portano malanni. L'onestà migliora la salute
L'onestà premia sempre. Anche in fatto di salute mentale e fisica. A scoprirlo gli studiosi dell'Università di Notre Dame (Indiana, Usa) i quali, in una ricerca presentata nel corso della centoventesima convenzione annuale dell'American Psychological Association, hanno spiegato che a un numero inferiore di bugie dette corrisponde un migliore stato di benessere psicologico e fisico. Indipendentemente, spiegano, che le bugie non dette siano grandi o piccole e di poco conto.
Lo studio, diretto da Anita Kelly, ha visto coinvolte 110 persone (34% adulti e 66% studenti universitari) di età compresa tra i 18 e i 71 anni (età media 31), divisi in due gruppi: il primo era stato istruito a evitare di dire bugie - secondo alcune ricerche gli statunitensi ne dicono 11 a settimana, quasi due al giorno - mentre al secondo, utilizzato come gruppo di controllo, non era stata fatta alcuna raccomandazione. L'esperimento è durato 10 settimane, durante le quali i membri di entrambi i gruppi dovevano riportare agli studiosi il numero di frottole - grandi e piccole - eventualmente dette e relazionare sul loro stato di benessere mentale e fisico.
Dai risultati raccolti è emerso che, al diminuire delle bugie dette, si riduceva il numero di malesseri psicologici - come tensione e malinconia - e fisici - come mal di testa e mal di gola - e che, invece, all'uso delle «pinocchiate» corrispondeva sempre un'accentuazione di disagi di diverso tipo. Non solo: i partecipanti che si erano allenati a non mentire più hanno anche riferito che, grazie al minor numero di bugie, i loro rapporti personali erano migliorati e che in generale le interazioni sociali sembravano, complessivamente, più agevoli.
L'onestà è merce rara al giorno d'oggi e sarebbe bene diventasse il perno di questa società se non vogliamo che peggiori ulteriormente. E' anche per questo che ai nostri ragazzi insegniamo sempre che l'onestà è un valore fondante e fondamentale per i praticanti di Kung Fu. Ricordo ancora un Allievo ormai non proprio giovane che mi ha raccontato un breve aneddoto. "Volevo acquistare un pupazzo di legno - mi ha raccontato -, ma non avevo soldi con me. Il venditore mi ha risposto che non c'era bisogno d'anticipo, perché il praticante di Kung Fu non mente, è onesto". Ecco, questa dovrebbe essere la nostra carta d'identità. Onestà.
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mercoledì 8 agosto 2012
La concentrazione
Molti Allievi mostrano un difetto di concentrazione che si portano avanti per mesi o, addirittura, anni. Eppure è uno degli elementi cardine di ogni Arte Marziale, senza il quale poco o nulla si riesce a trasmettere attraverso le tecniche. Tutta la nostra ricerca è focalizzata sulla concentrazione, che non è un espediente mentale per sopperire alla mancanza di intenzione, ma la totale assenza d'azione della coscienza, il più profondo abbandono a ciò che sta accadendo in un dato momento.
Il modo per arrivare a concentrarsi in modo proficuo è relativamente semplice. In primo luogo è necessario concentrarsi incessantemente sulla respirazione, in particolar modo sull'espirazione, che dovrà essere inizialmente lenta quanto l'inspirazione, potente, lunga, quanto più possibile profonda, bassa, a livello del Dan Tian inferiore (che nella cultura giapponese viene detto hara), poco sotto l'ombelico.
Gli occhi, contrariamente a quanto viene solitamente consigliato, non devono essere chiusi. Devono fissare il vuoto, avanti a sé oppure, in presenza di un avversario, i suoi occhi, intensamente, profondamente, senza smettere mai. Solo così sarà possibile seguire il suo intento. Ciò permetterà di rimanere saldi, concentrati, calmi e, soprattutto, estremamente vigili. In questo modo, basterà un solo gesto fisico per entrare nella guardia avversaria e terminare il combattimento.
La potenza della concentrazione è essenziale, perché permette di far convergere la tensione del corpo e l'abilità della tecnica nell'intuizione dello spirito, lasciandolo vuoto, senza punti deboli da attaccare, proprio per l'assenza di un pensiero razionale. Nel combattimento che intendo io bisogna essere senza scopo né spirito di profitto (i giapponesi dicono mushotoku). La maggior parte degli insegnanti odierni allenano corpo e tecnica, mai la coscienza dei praticanti.
La vita quotidiana è il luogo del combattimento. Dobbiamo essere coscienti in ogni istante: ci alziamo, lavoriamo, mangiamo, dormiamo. In questo consiste la padronanza di sé, essere sempre presenti a se stessi, concentrati in ogni gesto quotidiano, nel pieno spirito di controllo di sé. Non esitate a chiedervi come trovare la concentrazione, è il primo passo per ricercarla.
domenica 5 agosto 2012
Respirazione: teorie e tecniche
La respirazione è fondamentale nella vita, quanto nell'allenamento e nell'attività fisica. Una buona tecnica di respirazione può aiutare a superare parecchi problemi nella vita di tutti i giorni. Molti atleti usano una tecnica chiamata "respirazione a labbra socchiuse" e secondo molti aiuta a migliorare le prestazioni sportive. Ricorrono a questa tecnica anche i pazienti affetti da enfisema e pare che sia in grado di migliorare la loro funzionalità polmonare.
Si esegue in questo modo: rimanete 10 minuti sdraiati sulla schiena con un cuscino sotto la testa. Inspirate dal naso, poi contraete gli addominali in modo che spingano verso i polmoni. Espirate dalla bocca stringendo le labbra in modo da emettere un sibilo e avvertire una pressione nella trachea, nel petto. Si tratta di una pressione che mantiene aperti i bronchi e che riesce a favorire una migliore espulsione dell’aria. Quando espirate cercate di impiegare il doppio del tempo usato per inspirare. Quando avrete imparato a metterla in atto potrete anche eseguirla mentre siete seduti, mentre camminate e anche mentre eseguite la vostra attività sportiva.
Eppure si tratta di una mera tecnica di base, che per i praticanti della mia Scuola è l'ABC del percorso di formazione. La parte più importante di una pratica seria del Kung Fu è proprio quella dello studio della componente interna, che non è metafisica, ma uno studio approfondito dei legami tra cielo e terra, attraverso l'uomo, quindi una miglior gestione corporea ed energetica, un utilizzo intelligente della respirazione e una maggior propensione a vivere serenamente la vita.
Molti non ci crederanno, ma una buona respirazione aiuta ad affrontare meglio anche il rapporto sessuale, eliminando o riducendo molte delle problematiche che affliggono le coppie contemporanee. Non dimentichiamo che, grazie all'inspirazione, si introduce ossigeno nei polmoni e, per mezzo della circolazione sanguigna, viene distribuito in tutto il corpo, mentre l'esalazione è la funzione che la natura utilizza per espellere l'anidride carbonica pervenuta all'apparato respiratorio con il sangue. Migliorare la propria capacità respiratoria e saper controllare l'immissione e l'emissione dell'aria aiuta a vivere con più serenità il rapporto sessuale, prolungando i tempi stessi del rapporto, per esempio.
Se prendiamo in considerazione sia il corpo, sia la circolazione sanguigna, sia l'apparato respiratorio, suddivisi in tre parti, avremo: la respirazione addominale in grado di influenzare la salute della parte più bassa del corpo (dal basso addome in giù) considerata "fisico-istintuale"; la respirazione toracica intercostale, cosiddetta media, che riguarda il sistema cardiovascolare e la costituzione "emotiva" ed infine la respirazione alta o clavicolare agente sulla salute degli organi in relazione con l'aspetto intellettivo. Prendiamo in considerazione, dunque, la possibilità di favorire sia la prevenzione, sia la guarigione di malattie cardiovascolari instaurando una corretta e più efficiente respirazione toracica.
Saper respirare è una delle prerogative della preparazione prima del travaglio e del parto ed è un aspetto utilissimo sia per le donne sia per i partner. Le tecniche di rilassamento e respirazione aiutano a concentrarsi sul proprio respiro, eliminando la tensione e permettendo di affrontare le contrazioni con più tranquillità. Insomma, imparare a respirare per vivere meglio. Provate, venite, sarò lieto di aiutarvi.
Se prendiamo in considerazione sia il corpo, sia la circolazione sanguigna, sia l'apparato respiratorio, suddivisi in tre parti, avremo: la respirazione addominale in grado di influenzare la salute della parte più bassa del corpo (dal basso addome in giù) considerata "fisico-istintuale"; la respirazione toracica intercostale, cosiddetta media, che riguarda il sistema cardiovascolare e la costituzione "emotiva" ed infine la respirazione alta o clavicolare agente sulla salute degli organi in relazione con l'aspetto intellettivo. Prendiamo in considerazione, dunque, la possibilità di favorire sia la prevenzione, sia la guarigione di malattie cardiovascolari instaurando una corretta e più efficiente respirazione toracica.
Saper respirare è una delle prerogative della preparazione prima del travaglio e del parto ed è un aspetto utilissimo sia per le donne sia per i partner. Le tecniche di rilassamento e respirazione aiutano a concentrarsi sul proprio respiro, eliminando la tensione e permettendo di affrontare le contrazioni con più tranquillità. Insomma, imparare a respirare per vivere meglio. Provate, venite, sarò lieto di aiutarvi.
sabato 4 agosto 2012
Solo il Tao (道) aiuta l'uomo a comprendere il vuoto
Riflettevo poco fa sullo spazio, elemento fondamentale per la pratica del Wing Chun. Non so se tutti siano in grado di comprendere una qualsiasi forma senza la componente dello spazio vuoto ad essa correlato. Purtroppo noi ignoriamo lo spazio perché è uniforme, come l'acqua per i pesci e l'aria per gli uccelli. Pare impossibile dare descrizioni comprensibili di elementi e dimensioni che sono costanti in tutte le esperienze, come coscienza, tempo, moto o elettricità. Eppure quest'ultima, per esempio, per noi è molto importante, ha proprietà misurabili e controllabili.
Io sento intuitivamente lo 'spazio' ed il 'vuoto' (空 - Kōng) e li reputo molto importanti per noi. Pensate al bambino che stuzzica il proprio cervello immaginando lo spazio che si espande sempre più senza limiti. Questo spazio non è "il nulla" come molti lo indicano, poiché io non posso sfuggire dal senso che lo spazio e la mia consapevolezza dell'universo siano la stessa cosa. Richiamo alla mente le parole del patriarca Ch'an, Hui-Neng, che scriveva ben undici secoli dopo Lao-Tzu:
La capacità della mente è ampia e vasta, come l'ampio cielo. Non startene a sedere con la mente fissa sulla vacuità. Se lo fai tu cadrai in un neutro genere di vuoto. La vacuità include il sole, la luna, le stelle e i pianeti, la grande terra, montagne e fiumi, tutti gli alberi e le erbe, uomini cattivi e uomini buoni, cose cattive e cose buone, paradiso e inferno; sono tutti nel mezzo della vacuità. Anche la vacuità della natura umana è come questo. (Tan-ching 24, trad. Yampolsky (1), p. 146)
Percepire lo spazio e l'assenza di spazio è fondamentale per la nostra pratica ed è per questo che vi invito a rifletterci. Solo la comprensione della dualità del Tao (道), lo Yin e lo Yang, può permettere ai praticanti di Wing Chun di occupare lo spazio o creare il vuoto. Solo in questo modo possiamo far appello alle nostre capacità di pressare, tirare, afferrare, colpire, assorbire, etc. Senza il concetto di spazio e vuoto, la nostra pratica è morta. Rifletteteci.
mercoledì 1 agosto 2012
Stadi dell'Hoat Keng dell'Hek Ki Boen
Nell'Hek Ki Boen la generazione di energia non è in relazione e non viene da corpo, spalle, Dan Tian o da altre parti. Inizialmente essa viene dalla comprensione di tre aspetti fondamentali, che siamo soliti dividere tra cielo, terra e uomo: la consapevolezza del cielo prevede la comprensione del pensiero, del concetto, della teoria; quella della terra concerne la capacità di sentire determinate sensazioni; quella dell'uomo si fonda sull'intento e sull'applicazione pratica.
Questo ci permette di bloccare 'mille chilogrammi' con pochi grammi di peso. Si tratte dell'iniziale abilità che si acquisisce in tre distinte parti del curriculum HKB, cioè il primo, il secondo ed il terzo grado di Hoat Keng. Successivamente si passa all'Attivazione dei 9 tendini degli arti, con il totale distacco dei muscoli (il famoso detachment), attraverso il quale la struttura muscolare si attiva solo passivamente, dopo quella tendinea. Questa è l'essenza dell'It Kin Keng, la transizione dai muscoli ai tendini.
A questo punto la mano diventa davvero pesante, estremamente pesante. Non si ha più la necessità di frustare le tecniche e la caratteristica di questo stadio di Hoat Keng è che non emette più suoni. Si tratta della condizione di Li Tou Zhi Chuen. Nel curriculum HKB questo stadio è classificato come quarto livello di Hoat Keng. Questo processo viene insegnato soltanto ai Maestri di livello alto (Tier 3)
Il passaggio successivo concerne il Lavaggio del Midollo Osseo. Nella terminologia HKB questo è il primo stadio di Liam Kut (Allenamento della parte interna delle ossa). In quella Shaolin viene detta Si Swe Keng (Lavaggio del Midollo Osseo). A questo punto l'Hoat Keng non necessita più di distanza o velocità. Significa che l'energia può essere rilasciata a bassa velocità e senza alcun movimento evidente, sebbene rimanga esplosiva.
Come? Il Vero Intento [Yi Niam] è l'esatto opposto della Visualizzazione. Nel nostro curriculum questo è classificato come quinto livello di Hoat Keng. Il passo successivo vede la continuazione del Lavaggio del Midollo Osseo. Usare l'Intento significa farlo scorrere dagli originali 9 tendini al midollo osseo del gomito, passando per la parte più delicata del midollo osseo dell'ascella. Poi passa al midollo osseo delle costole, per poi raggiungere finalmente il Dan Tian che ruota/cade.
A questo punto il Qi deve scorrere verso il basso, nella parte anteriore del corpo, aprendo i punti dei meridiani Ren Mai [Vaso Concezione]. Nel nostro curriculum è classificato come sesto livello di Hoat Keng.
Finalmente, si impara ad usare l'intento per continuare a lavare il midollo osseo della spina vertebrale, facendo dirigere il Qi verso l'alto, facendolo arrivare all'apertura di tutti i punti dei punti dei meridiani Du Mai [Vaso Governatore] per eseguire la Siauw Cou Tian [Piccola Orbita Microcosmica]: il settimo livello di Hoat Keng. Fate attenzione: tutto inizia dalle mani, per poi arrivare al corpo, mai l'opposto. Queste conoscenze sono state rivelate al pubblico solo dal Gran Maestro Lin Xiang Fuk, che ringrazio per l'opportunità di avermi fatto entrare nella grande Famiglia HKB!
Questo ci permette di bloccare 'mille chilogrammi' con pochi grammi di peso. Si tratte dell'iniziale abilità che si acquisisce in tre distinte parti del curriculum HKB, cioè il primo, il secondo ed il terzo grado di Hoat Keng. Successivamente si passa all'Attivazione dei 9 tendini degli arti, con il totale distacco dei muscoli (il famoso detachment), attraverso il quale la struttura muscolare si attiva solo passivamente, dopo quella tendinea. Questa è l'essenza dell'It Kin Keng, la transizione dai muscoli ai tendini.
A questo punto la mano diventa davvero pesante, estremamente pesante. Non si ha più la necessità di frustare le tecniche e la caratteristica di questo stadio di Hoat Keng è che non emette più suoni. Si tratta della condizione di Li Tou Zhi Chuen. Nel curriculum HKB questo stadio è classificato come quarto livello di Hoat Keng. Questo processo viene insegnato soltanto ai Maestri di livello alto (Tier 3)
Il passaggio successivo concerne il Lavaggio del Midollo Osseo. Nella terminologia HKB questo è il primo stadio di Liam Kut (Allenamento della parte interna delle ossa). In quella Shaolin viene detta Si Swe Keng (Lavaggio del Midollo Osseo). A questo punto l'Hoat Keng non necessita più di distanza o velocità. Significa che l'energia può essere rilasciata a bassa velocità e senza alcun movimento evidente, sebbene rimanga esplosiva.
Come? Il Vero Intento [Yi Niam] è l'esatto opposto della Visualizzazione. Nel nostro curriculum questo è classificato come quinto livello di Hoat Keng. Il passo successivo vede la continuazione del Lavaggio del Midollo Osseo. Usare l'Intento significa farlo scorrere dagli originali 9 tendini al midollo osseo del gomito, passando per la parte più delicata del midollo osseo dell'ascella. Poi passa al midollo osseo delle costole, per poi raggiungere finalmente il Dan Tian che ruota/cade.
A questo punto il Qi deve scorrere verso il basso, nella parte anteriore del corpo, aprendo i punti dei meridiani Ren Mai [Vaso Concezione]. Nel nostro curriculum è classificato come sesto livello di Hoat Keng.
Finalmente, si impara ad usare l'intento per continuare a lavare il midollo osseo della spina vertebrale, facendo dirigere il Qi verso l'alto, facendolo arrivare all'apertura di tutti i punti dei punti dei meridiani Du Mai [Vaso Governatore] per eseguire la Siauw Cou Tian [Piccola Orbita Microcosmica]: il settimo livello di Hoat Keng. Fate attenzione: tutto inizia dalle mani, per poi arrivare al corpo, mai l'opposto. Queste conoscenze sono state rivelate al pubblico solo dal Gran Maestro Lin Xiang Fuk, che ringrazio per l'opportunità di avermi fatto entrare nella grande Famiglia HKB!
Caldo record fino a Ferragosto
Una corrente di aria 'infuocata' colpirà sopratutto il Sud. Ci potrebbe essere un'ondata di afa eccezionale all'inizio della prossima settimana con punte di 43 gradi in Puglia, Basilicata e Sicilia e 39 a Roma. Temperature alle stelle almeno fino a Ferragosto. L'estate 2012 è anomala ed eccezionalmente calda e i prossimi dieci giorni saranno veramente infuocati, almeno al Centro-Sud. Saranno battuti i record del 2003.
Oltre ai "soliti" consigli (bere molta acqua, non uscire nelle ore calde, etc.), è bene ricordare che attraverso una buona respirazione si può fare in modo di alleviare la sensazione di caldo asfissiante. Gli esercizi della Siu Nim Tau o della Sam Chian Po, per esempio, sono fondamentali per l'acquisizione di particolari abilità di termoregolazione.
Siamo creature omeoterme, cioè necessitiamo di una temperatura corporea relativamente costante, ma siamo anche endotermici, perché produciamo internamente calore per regolare la temperatura corporea. La capacità di regolare fisiologicamente la temperatura corporea deve essere resa possibile per passare da zone calde a zone fredde. Nelle regioni calde o fredde, la termoregolazione è evidente e si manifesta rispettivamente sotto forma di sudorazione e brividi.
Sono modi efficaci per disperdere o accumulare calore, fenomeni necessari per la sopravvivenza. Tuttavia, le condizioni di freddo o caldo non sono confortevoli e quindi vengono solitamente evitate, per mezzo della cosiddetta termoregolazione "comportamentale" o "volontaria". In effetti, la forma più potente di termoregolazione è proprio quella volontaria: il cambio di abbigliamento, della postura, della respirazione o del luogo. Gli esseri umani quindi raramente hanno bisogno di aumentare la produzione di calore allo scopo di regolare la propria temperatura corporea, perché sono in grado di ricercare un ambiente adatto o di indossare abiti adeguati, così che il loro corpo venga generalmente tenuto in uno stato di neutralità termica.
A temperature basse, il tasso metabolico a riposo (e quindi la produzione di calore) subisce un aumento. La conseguente vasocostrizione dei vasi sanguigni della pelle è un mezzo per modificare la perdita di calore senza provocare cambiamenti nella sua produzione. Anche il cuore aumenta la sua attività, in modo da riuscire a soddisfare le richieste metaboliche dei tessuti attivi principalmente coinvolti (tessuto adiposo bruno e muscolo scheletrico) e per incrementare la diffusione di calore.
La temperatura corporea viene mantenuta costante se il guadagno di calore è uguale alla perdita. La tempreatura basale nell'uomo è mantenuta relativamente costante in ambienti con temperature che variano da valori inferiori o superiori alla temperatura corporea. Ciò implica che, nonostante grandi variazioni di temperatura ambientale, la produzione di calore equilibra la perdita, con conseguente mantenimento della temperatura stabile.
In generale l'uomo può aumentare la produzione di calore da un aumento della secrezione di noradrenalina tramite l'attivazione del sistema nervoso simpatico, utilizzando i depositi di grasso (trigliceridi) nel tessuto adiposo bruno come substrato principale di questo aumento della domanda energetica. Durante la pratica delle forme, secondo alcuni allenamenti che ho mostrato più volte ai miei Allievi, è importante imparare ad utilizzarle anche per la pessima stagione in corso.
Oltre ai "soliti" consigli (bere molta acqua, non uscire nelle ore calde, etc.), è bene ricordare che attraverso una buona respirazione si può fare in modo di alleviare la sensazione di caldo asfissiante. Gli esercizi della Siu Nim Tau o della Sam Chian Po, per esempio, sono fondamentali per l'acquisizione di particolari abilità di termoregolazione.
Siamo creature omeoterme, cioè necessitiamo di una temperatura corporea relativamente costante, ma siamo anche endotermici, perché produciamo internamente calore per regolare la temperatura corporea. La capacità di regolare fisiologicamente la temperatura corporea deve essere resa possibile per passare da zone calde a zone fredde. Nelle regioni calde o fredde, la termoregolazione è evidente e si manifesta rispettivamente sotto forma di sudorazione e brividi.
Sono modi efficaci per disperdere o accumulare calore, fenomeni necessari per la sopravvivenza. Tuttavia, le condizioni di freddo o caldo non sono confortevoli e quindi vengono solitamente evitate, per mezzo della cosiddetta termoregolazione "comportamentale" o "volontaria". In effetti, la forma più potente di termoregolazione è proprio quella volontaria: il cambio di abbigliamento, della postura, della respirazione o del luogo. Gli esseri umani quindi raramente hanno bisogno di aumentare la produzione di calore allo scopo di regolare la propria temperatura corporea, perché sono in grado di ricercare un ambiente adatto o di indossare abiti adeguati, così che il loro corpo venga generalmente tenuto in uno stato di neutralità termica.
A temperature basse, il tasso metabolico a riposo (e quindi la produzione di calore) subisce un aumento. La conseguente vasocostrizione dei vasi sanguigni della pelle è un mezzo per modificare la perdita di calore senza provocare cambiamenti nella sua produzione. Anche il cuore aumenta la sua attività, in modo da riuscire a soddisfare le richieste metaboliche dei tessuti attivi principalmente coinvolti (tessuto adiposo bruno e muscolo scheletrico) e per incrementare la diffusione di calore.
La temperatura corporea viene mantenuta costante se il guadagno di calore è uguale alla perdita. La tempreatura basale nell'uomo è mantenuta relativamente costante in ambienti con temperature che variano da valori inferiori o superiori alla temperatura corporea. Ciò implica che, nonostante grandi variazioni di temperatura ambientale, la produzione di calore equilibra la perdita, con conseguente mantenimento della temperatura stabile.
In generale l'uomo può aumentare la produzione di calore da un aumento della secrezione di noradrenalina tramite l'attivazione del sistema nervoso simpatico, utilizzando i depositi di grasso (trigliceridi) nel tessuto adiposo bruno come substrato principale di questo aumento della domanda energetica. Durante la pratica delle forme, secondo alcuni allenamenti che ho mostrato più volte ai miei Allievi, è importante imparare ad utilizzarle anche per la pessima stagione in corso.
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