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sabato 1 settembre 2012

Le Forme ed il senso della progressione nel Wing Chun - Seconda parte

Continuano le riflessioni del nostro buon Pasquale "Guido" Mazzotta, che stanno riscuotendo parecchio successo nella comunità italiana del Wing Chun. Questo mi rende particolarmente felice, perché significa che stiamo seminando bene e che la cultura del nostro sistema si sta diffondendo. L'articolo che segue fa il paio con i due che scrissi tempo addietro, che trovate qui e qui. Ringrazio anche tutti gli amici ed i lettori che ci stanno inondando di email di ringraziamento per gli articoli che presentiamo qui sul blog: è un piacere! Adesso vi lascio alla lettura dell'articolo sulla forma Biu Ji, senza dilungarmi ulteriormente. 

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標指 [biāozhǐ] - Biu Ji - Lanciare le dita (come frecce)

Terza e ultima forma a mani nude del sistema Yip Man/Leung Ting, la 標指 [biāozhǐ] - Biu Ji - si focalizza, come si può dedurre già dal nome, sulla capacità di emettere una forza che giunga fino alla punta delle dita o, meglio, che venga generata dalle dita stesse. Molto spesso si commette l'errore di considerare Biu Ji solo l'omonimo "colpo" (vedi Biu Jee Sau標指手), che rappresenta solo la più intuitiva applicazione di questa capacità. 

In realtà nella progressione dell'apprendimento, Biu Ji rappresenta uno degli scalini, nello specifico quello relativo alla capacità di trasferire l'energia dalla punta delle dita, al di là della tecnica utilizzata. Questa abilità dovrebbe essere visibile nell'esecuzione della forma, che non consiste tanto (o, almeno, non solo) nell'apprendimento di nuove tecniche, ma, una volta compreso come costruire ed affondare i ponti nelle precedenti forme, la Biu Ji ben eseguita mostra e permette di allenare l'abilità del lanciare le dita (e tutti i movimenti in generale) come fossero frecce. 

Prendiamo il caso specifico della rotazione delle braccia, 滾手[gǔnshǒu] - Kwan Sau -, in cui si alternano Taan Sau e Bong Sau, movimento che appare nascostamente sin dalla Siu Nim Tau nella versione di SiJo Leung Ting, ricompare nella Cham Kiu, ma mostra la sua maturazione nella Biu Ji proprio all'insegna del Faat Ging (發勁 [fājìn]), di cui sopra. Lo stesso movimento cambia prospettiva ed utilizzo nella forma del GGM Yip Man al manichino di legno, Muk Yan Jong (木人樁), dove assume un connotato Terra, che ci aiuta a mantenere intatta la struttura quando ci muoviamo (...ma questa è un'altra storia!).

Tornando al Faat Ging (發勁 [fājìn]), è inutile ribadire che questa capacità non può essere assimilata se non partendo dalle basi costruite e consolidate in precedenza. In altri termini, lanciare la freccia è possibile solo se siamo stati capaci di costruire un arco, ma, soprattutto, se siamo stati in grado di tenderlo, nella fase di studio precedente.

Biu Ji è fondamentalmente un concetto offensivo rispetto alla forma precedente in cui cerchiamo e costruiamo il ponte con l'avversario. Propriamente il concetto si può esprimere con il 搭橋 [dāqiáo] - Daap Kiu - unire il ponte, che costituisce un asse portante della nostra pratica. Successivamente alla costruzione, impariamo ad attraversarlo e, se è il caso, affondarlo attraverso la capacità di 沉身 [chénshēn] - Cham San -, affondare il corpo.

Con la  Biu Ji il movimento tende ad espandersi maggiormente, ad andare più in profondità, disinteressandosi dei ponti altrui ed eventualmente travolgendoli come un tornado che non si arresta sull'impatto. Si crea un movimento sicuramente più offensivo, che mira, come dice Leung Ting, a sacrificare 3000 dei miei uomini per abbatterne 10000 [su questo motto ci sono diverse riserve, ma prendiamolo per buono, N.d.R.]. In questo senso in  Biu Ji stiamo imponendo il nostro ritmo di tornado piuttosto che comportarci come l'acqua del mare della Cham Kiu.

Non ci stiamo armonizzando con l'avversario prendendo in prestito la sua forza, ma stiamo tagliando il suo tempo, con la nostra intenzione ed il conseguente ritmo - ciò non significa che necessariamente si debba aumentare la velocità -, ed il suo spazio, diventando propriamente lo spazio. Diventiamo noi stessi, quindi, spazio (in modo assoluto), al di là del momento presente, trascendendolo.

L'intenzione è la cosa fondamentale e se proprio dobbiamo prendere in prestito qualcosa dall'avversario, si tratta del suo vuoto intenzionale o della sua discrepanza tra l'intenzione e il movimento, cosa che ci lascia il via libera per il cosiddetto quinto petalo, visto che siamo ad uno stadio del nostro percorso in cui studiamo i movimenti sul classico disegno a cinque spazi...

In ogni caso, riportando la conversazione a un livello più fisico, più tecnico e più comprensibile, prima si attacca e poi, eventualmente (direi quasi in emergenza, laddove il mio attacco abbia aperto, com'è naturale, dei varchi in cui il mio avversario abilmente sia riuscito a infilarsi) si raccoglie. Ricordiamoci che nel nostro sistema vige la regola del difendersi da un attacco attaccando (以打為消), che nella forma Biu Ji diventa colonna portante! Al contrario in Cham Kiu prima si raccoglie e poi eventualmente si attacca.

Non dobbiamo dimenticare che Biu Ji impone l'idea stessa di attaccare piuttosto che difendere (potremmo dire un'azione di puro striking) e  difendersi da un attacco attaccando (azione di cosiddetto counter-striking).

Quando si parla di cuneo nel Wing Chun è proprio alla Biu Ji che dobbiamo pensare, perché è qui che troviamo esaltato questo concetto, non tanto ai livelli precedenti. Infatti nella terza forma ci si infiltra nell'avversario e vi si scivola dentro (Lao), molto di più che nella fase precedente, dato che il tutto si gioca in un istante.

Ricordo anche che essere offensivi non vuol dire, in termini Wing Chun, essere bramosi di colpire. Anche in un movimento offensivo bisogna comunque essere equanimi e non lasciare che il corpo, lanciato offensivamente, trascini dietro di sé la mente.

Allo stesso modo il footwork della Biu Ji diventa veramente più offensivo. Penso che sia veramente un peccato che i passi del sistema, che mostrano la loro vera essenza e versatilità nello studio della terza forma e del manichino, siano così poco capiti o negletti e messi da parte, in favore di dinamiche prese altrove, quando, per usare le parole di Leung Ting stesso (usate anche dai suoi predecessori) "benché le tecniche di mano siano ingegnose, è nel footwork la vera essenza del sistema". Persino le gambe seguono il concetto di Biu Ji ed è per questo che il footwork tradizionalmente legato alla stessa forma è anch'esso più offensivo e insidioso, rispetto a quello proprio della Cham Kiu.

Pasquale "Guido" Mazzotta

giovedì 30 agosto 2012

Le Forme ed il senso della progressione nel Wing Chun

Ospito con immenso piacere questo articolo del mio caro ToDai Pasquale "Guido" Mazzotta, che pone alcune questioni su cui sarà bene riflettere assieme. Sono molto contento quando una persona così in gamba prende coraggio e scrive le proprie idee, in modo da condividerle con gli altri praticanti, crescendo assieme, attraverso un proficuo scambio di opinioni. Condivido tutto l'articolo e sono molto contento di aver trasmesso idee che oggi si sono fatte mature e ben ordinate. Buona lettura e un ringraziamento particolare al buon Guido!

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Per prima cosa occorre ricordare (se mai ce ne fosse bisogno) che nel Wing Chun le forme non sono tecniche utilizzate in un combattimento immaginario contro un avversario, ma dei modelli di movimento i quali, nel rispetto delle leggi di movimento del corpo umano, veicolano l'intenzione (意 [yì]) del praticante in diverse direzioni, prendendo in esame vari scenari possibili.

Questi ultimi si distinguono in base a tempi e distanze del tutto soggettivi, che si creano durante l'azione, così come letti intuitivamente dalla mente del praticante, in relazione alla propria capacità motoria innata, ma anche coltivata. Non si tratta di conoscere varie distanze e movimenti della forma correlati, di modo che ad ogni distanza intervenga oggettivamente un'arma adatta, ma di disconoscerle, dal momento che le distanze sono ancora un parto della mente, valido magari per necessità di studio, ma non nella realtà.

Ciò che collega maggiormente i soggetti dell'azione (nello specifico del combattimento) è sempre l'intenzione (意), di cui l'espressione fisica è solo la parte visibile. Il primo passo, quindi, è l'armonia con se stessi e con l'altro, cosa che rende possibile leggere il movimento dell'altro, come su un quaderno, e rimanere imperturbabili durante l'azione.

Quando si combatte non si risponde meccanicamente tecnica A contro tecnica B, ma lavora sull'intenzione dell'altro, prima ancora che sul suo movimento, ciò che nel Bu Jutsu (武術) giapponese è noto come sen no sen (l'iniziativa prima dell'iniziativa).

Passiamo dunque alla nostra visione delle forme.

尋橋  [xúnqiáo]- Cham Kiu - Cercare il Ponte

La seconda forma del sistema Yip Man/Leung Ting, da cui proveniamo, si concentra prevalentemente su movimenti di natura difensiva. Mentre è vero che nelle sezioni di Chi Sau di Cham Kiu, così come ideate da  Si Jo Leung Ting, ci si occupa di affondare il ponte (沉橋 [chénqiáo] - si trascrive sempre Cham Kiu in Cantonese), una volta stabilito il contatto, da cui si parte (per convenzione) negli esercizi di Pun Sau (盤手 [pánshǒu]) e Chi Sau. 

Solitamente, infatti, si immagina di aver già annullato la distanza col nostro avversario, sebbene nella forma  si notino tutta una serie di movimenti che poco si prestano all'idea di un contatto già avvenuto. Molti movimenti strettamente formali, infatti, non trovano riscontro nelle rispettive sezioni (le quali, lo ricordiamo, sono semplici elaborazioni di sequenze di Si Jo Leung Ting), sicché si può dedurre per varie vie che, mentre la forma si preoccupa di ciò che avviene prima, le sezioni si occupano di ciò che viene dopo, in una logica temporale.

Per questo la forma Cham Kiu è la ricerca di un vantaggio posizionale, ma sempre in ottica difensiva e di controllo dell'altrui iniziativa, mantenendo la struttura che abbiamo appreso dalla Siu Nim Tau, aggiungendo  ora una dinamica volta a lasciar colmare il gap. Il Chi Sau, al contrario, si occupa del momento in cui si è chiusa la distanza tra i due opponenti, quando l'avversario (o il partner) cerca di chiudere gli spazi e di sabotare i nostri attacchi, dando luogo a quella sorta di "dialogo delle mani con le mani" che chiamiamo appunto 黐手 [chīshǒu]), mani appiccicose.

Questa riflessione sulla forma mi è stata suggerita, oltre che dalla pratica, anche dalla lettura e visione dei testi di Leung Ting stesso, il quale spesso mostra difese prendendo pose che troviamo in Cham Kiu (azioni mai riproposte nei corsi perché molto banali ed intellettualmente poco interessanti, a differenza dei pugni a catena che vanno a solleticare, attraverso una falsa espressione di aggressività, l'ego dei praticanti e degli aspiranti tali). Il motto virtuale in altre parole è Primo, non prenderle.

Ricordo che cercare il controllo di un'azione avversa non è un'azione puramente passiva di attesa, ma richiede una grande presenza e una disponibilità al movimento immediato e senza esitazioni. Teniamo a mente una massima fondamentale delle antiche arti del (武術) Wǔ Shù (cinese) o Bu Jutsu (giapponese): dedicarsi prima alla protezione di se stessi e solo dopo a battere l'avversario come conseguenza naturale dell'evolversi dell'azione, quando l'avversario, preso dalla voglia di colpire, lascia dei varchi. Non a caso uno dei nostri motti recita: Se vuoi colpire, sarai colpito.

Poiché stiamo imparando a difenderci, qualunque sia la nostra azione, di fronte a un avversario valoroso, la prima cosa è arginarne gli attacchi, cercando di avere un controllo su di essi ed eventualmente prenderne in prestito la forza. Il Chi Sau collegato a questo genere di situazione è più giocato, più lottatorio (che non significa lottare), più discorsivo. Si crea un dialogo dove si cerca di affondare i ponti altrui prima di colpire.

Vero è che se dall'altra parte vi è una pari abilità, le braccia dei contendenti restano appiccicate non come un risultato voluto, ma come il frutto di forze equilibrate in campo, che danno dinamicamente luogo a una sorta di flusso e riflusso delle energie dei contendenti, tanto da far assomigliare l'azione complessiva dei due al muoversi ritmico delle onde del mare, le quali, una volta esaurita la spinta, assorbita dal bagnasciuga, rifluiscono, eventualmente sommandosi alla spinta dell'onda successiva.

Pasquale "Guido" Mazzotta

Continua...

domenica 5 febbraio 2012

Alcuni pensieri su 合氣道 (AiKiDō) e 永春拳

Pasquale Mazzotta ha raccolto il mio invito a scrivere un articolo per esprimere il suo parere sul rapporto ed il confronto tra 合氣道 (AiKiDō) e 永春拳, dopo aver letto sul Forum Arti Marziali alcuni scambi di vedute tra lui ed altri praticanti di queste discipline e quella del 八卦掌 (Bāguàzhǎng). Ne è uscito fuori un lavoro davvero interessante e ricco di informazioni, che vi invito a leggere con attenzione, senza lasciarvi influenzare dalla forma esteriore di questi stili. Grazie al fraterno amico Pasquale per aver raccolto l'invito. 

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Mi è capitato in questi giorni di partecipare ad una discussione relativa al Fondatore dell'Aikidō ("la Via per armonizzare il Qi"), Ō Sensei (Gran Maestro) Morihei Ueshiba (植芝盛平), in cui si rifletteva sulla possibilità che lo stesso abbia ricevuto un'influenza da parte degli stili cinesi, segnatamente del Bāguàzhǎng (il Palmo degli Otto Trigrammi).

Tra le considerazioni che ho fatto al riguardo, vi è stata quella relativa alle similitudini di pratica tra lo stile cinese che pratico, il Pugilato dell'Eterna Primavera (永春拳), l'Aikidō e, aggiungerei, la Grande Scuola d'Oriente (大東流) - Daitō-Ryū - del Gran Maestro Sokaku Takeda, cui l'Aikidō deve molto. A molti l'accostamento fa sorridere ed è chiaro che i paragoni possono essere anche soggettivi e basati su esperienze personali.

Tuttavia le cose cambiano se, invece di farci ingannare dalle forme, il cui valore è semplicemente didattico per il corpo, ci rivolgiamo alla sostanza. Questa riposa nella domanda che ci dobbiamo porre: "quali sono le abilità 'da curriculum' che deve acquisire la persona che pratica il tale stile?". A prima vista potrebbe sembrare che l'Aikidō sia l'Arte delle leve articolari, mentre la Via dell'Eterna Primavera sia quella dello striking.

Premesso che il 擒拿 - Kham Nah - (afferrare e controllare) è parte integrante di qualche (molti o pochi fate vobis) stile cinese, sicuramente si tratta di uno dei pilastri della nostra Famiglia di Wing Chun Kyun, di cui facciamo largo uso. Si è sempre polemizzato sul fatto che il Wing Chun fosse un'Arte molto statica; il che potrebbe esser vero se andassimo ad osservare come in alcuni casi viene praticato, anche se degli esercizi statici hanno comunque senso, sia per l'Aikidō o per il Daitō-Ryū, che per il Wing Chun, per la creazione - o meglio comprensione - della struttura corporea "centrata", laddove non si abusi di questo tipo di studi come pratica ritualistica a se stante, portando a delle aberrazioni dal punto di vista pratico della pratica stessa.

Lo stesso accade con l'Aikidō quando si crede di poter avere in ginocchio la stessa dinamicità che si ha in piedi, quando il Fondatore, in ginocchio, cercava soprattutto i corretti equilibri. Vale pari pari per il Wing Chun, quando la pratica statica del Poon Sau, il rollare delle braccia, viene "ritualizzata" e decontestualizzata da tutto il resto del "sistema" ed è in molti casi l'unica parte ad essere celebrata - parlando di riti - anche piuttosto male.

Penso di poter dire che le tecniche di Kam Na richiedano comunque un po' più spazio da coprire con il footwork e le rotazioni, dunque tempi più dilatati e movimenti tendenzialmente più ampi, quindi con un look più aikidoistico (naturalmente non l'Aikidō ritualistico moderno, ma quello dove tutto si risolveva in 2 o 3 passi massimo, schiacciando il compagno verso il basso), ma questo vuole anche dire che durante la pratica del Wing Chun ci si muove.

Taoismo e Buddhismo, dal cui sostrato culturale il Wing Chun proviene, insegnano il continuo adattamento e l'impermanenza della realtà, per questo non potremmo mai star fermi durante la nostra pratica, neppure quando si lavorano gli esercizi statici: la rigidità e l'essere fermi sono propri della persona morta!

Non è un caso che quando ho visto per la prima volta, nel 2005 a Roma, SiFu Andreas Hoffmann, Maestro di Dai Duk Lan Weng Chun, sono rimasto stupìto, non perché facesse qualcosa di straordinariamente stupefacente per me (per gli altri sì, perché erano i tempi di..."nel Wing Chun si va solo avanti", ragionamento ottuso per 1000 motivi), ma per via del fatto che, finalmente, si muoveva in modo più naturale e circolare, così come ho sempre pensato che doveva essere, dato che l'uomo non è un robot e non è assimilabile a un meccanismo rigido.

Inoltre, il movimento circolare, soprattutto in una situazione di pericolo, è simbolo di libertà di spirito e di mancanza di tensioni paralizzanti. Stesso discorso può esser fatto per come il Maestro Hoffmann si muoveva con le gambe, che mi ricordava qualcosa che nell'Aikidō già si faceva, anche se, in genere, a un livello non molto alto, dipendendo peraltro dalle Scuole).

Certamente il Dai Duk Lan Weng Chun del Maestro Hoffmann comprende anche aspetti personali nell'evoluzione della disciplina e viene privilegiata una fase lottatoria, quando nel classico Wing Chun cinese lo striking è più enfatizzato (nel bene e nel male), pur essendo presente anche il Kam Na e, di conseguenza, i movimenti tendono a essere più stretti; la cosa, degenerando, ha probabilmente portato a vedere quel Wing Chun superstatico fatto di soli movimenti stretti delle braccia, tutti stereotipati. Si tratta di scelte personali dipendenti anche dalla propria indole.

Dall'altra parte l'Aikidō moderno è andato sempre più verso l'Aiki Jū Jutsu - 合気柔術 - puro, forse per la sconfitta del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale che ha avuto il suo peso, dato che per lo più la pratica esplicitamente marziale, vista come nazionalista, era proibita dagli americani; ciò, forse, tra le altre cose, ha indotto Ueshiba ad un orientamento sempre più pacifista e non violento.

Usare solo la forza dell'avversario per sconfiggerlo significava anche impartire un insegnamento morale di non volontà di sopraffazione, ma può darsi anche che fosse semplicemente troppo vecchio per fare il duro, chissà... Da un certo punto in poi, solo pochi allievi dell'Ō Sensei hanno potuto ricevere l'intero curriculum, cioè la capacità di usare la pura e semplice energia dell'avversario. "Usa la forza del tuo avversario" avrebbe detto SiJo Leung Ting o anche, non casualmente, Jigorō Kanō, seguendo il principio di Yawara.

L'intero curriculum comprendeva tutta l'Arte di Ō Sensei, anche la padronanza del colpo, cosa recepita diversamente nei vari lineage dell'Aikidō moderno, che faceva già parte del Daitō-Ryū No Jutsu. Chiedo scusa in questo frangente se non ho la correttezza espositiva che l'argomento merita, ma un contributo di gente in gamba che voglia condividere esperienze al riguardo è sempre bene accetto su questo Blog e dunque...fatevi avanti!

Certamente il Wing Chun, come l'Aikidō, non è uno stile tecnico, almeno non nel senso che si dà spesso a tale parola. Dato che si scava nella teoria del movimento e nella qualità, piuttosto che nella sua apparenza esterna, queste qualità possono essere utilizzate nella lotta come nello striking, a patto naturalmente di averle capite. Vale secondo me l'assunto che uno stile morbido o duro/morbido, che si basi anche su assunti come "Non c'è avversario" o "Chi cede s'impone" - cosa che richiede pure un lavoro sulla propria psiche assetata di vittorie - se non capito, funziona poco o nulla, mentre uno stile aggressivo e basato sulla volontà di imporsi, magari piu muscolare (in assenza di un termine migliore passatemi questo), fa di base una figura comunque migliore, se non altro di più facile riscontro.

Per qualcuno può dare più soddisfazione sfondare una porta che girare una maniglia e in qualche modo l'aver sudato è la prova di aver fatto bene, dimenticando che anche tentare di girare la maniglia, nel caso di cui stiamo parlando, richiede comunque ore e ore di sudore e di sforzi per vincere noi stessi e la nostra tendenza a voler forzare le cose. Questo è un concetto assolutamente non in linea con la pratica corretta di certi insegnamenti tra i quali appunto "Non c'è combattimento, non c'è avversario, non c'è ego". La ricerca di una perfezione della comprensione del corpo e della mente in un certo senso può essere un limite dunque, ma, a ben vedere, lo è anche una ricerca basata sul puro risultato empirico, per certi versi.

Ora, ci sono molti motivi per cui ritengo che l'uso dell'energia o, meglio, del motore nell'Aikidō e nel Wing Chun sia lo stesso. Naturalmente baso questa affermazione sulla mia esperienza personale. Tuttavia, se andiamo indietro al Daitō-Ryū, vediamo che tutt'oggi ci sono molte peculiarità che in ben poche scuole di Aikidō sono trasmesse.
Senza raccontare l'intero episodio, ho avuto modo di fare un allenamento con Sung Gyun Cho, amico e insegnante di Aiki (di quasi tutto quello che scrivo per quanto riguarda Aiki e storia delle discipline giapponesi, filmati evidenti a parte, la vera fonte è lui) in quel di Roma, relativamente poco tempo fa. Mi ha fatto vedere l'uso del corpo cui è pervenuto, che è un concetto molto simile a quello della Biu Ji (標指), se non altro per come concepito nella nostra Scuola. Di più è solo un fatto moderno che l'Aikidō sia un'Arte di mero controllo, benché anche la capacità di controllare sia molto importante, dal momento che il colpire ne fa parte integrante, come molte foto del Fondatore e dei suoi primi allievi dimostrano.

I concetti di seichushin - 中心線 - e quello di linea mediana centrale si compenetrano: la forza che viene dal centro del corpo, dal suo asse verticale. Così la forza proveniente dal gomito (肘部力量) - Hiriki no Yosei - di cui parla Gozo Shioda (塩田 剛三) in relazione all'Aikidō ante guerra, più martial oriented; Shioda, del resto, si vede nei video su YouTube sparare le dita (sì, perché la forza deve arrivare sino alla punta delle dita!), facendo del braccio una lama, utilizzabile anche per colpire con i classici movimenti a taglio dell'Aikidō) a mo' di pallottola nella gola dell'avversario, cosa che appartiene alle applicazioni dei concetti di Biu Ji e il gomito è basso.

Altro inciso, Shioda parla dell'azione delle ginocchia e del contatto corretto col terreno e mostra come bloccare un avversario sovrapponendo il proprio piede a quello dell'opponente, concentrando la sua pesantezza redistribuendo i pesi nel corpo e non spingendo meramente coi muscoli della gamba: anche questo si vede nei video. Anche Leung Ting lo mostra come applicazione del manichino e del Chi Guek. L'energia è diretta anche dalla vita (in Aikidō si parla, a Iwama, di Kenka Goshi, di variazione d'anca), esattamente come nel Wing Chun e nelle Arti Marziali cinesi che non consistono nel mero movimento delle braccia, ma nella padronanza, tra le altre cose, dei Dan T'ian. Osservate al riguardo il seguente video: http://www.youtube.com/watch?v=KNS9h7WLeXc .

Idem per il concetto di triangolo (leggi anche cuneo, tra le altre applicazioni del concetto), che è esteso anche alle eventuali armi che vengono tenute in mano, cosa che nel Wing Chun vale nel confronto a mani nude come armato (non coincide col tenere sempre le mani a cuneo davanti a sé, naturalmente). Il triangolo è simbolo dell'uomo e focalizza la sua intenzione nello spazio.

Qui di seguito vediamo l'applicazione del concetto di cuneo, utilizzando la pesantezza per creare squilibri posturali nel partner, in un esercizio basato anche sulla comunicazione con il compagno stesso e sull'ascolto del suo feedback, non meramente spingendo, ma estendendo il Qi e, dunque, l'intenzione: http://www.youtube.com/watch?v=0F8-4enGGMo.

Quando l'esercizio è eseguito in libertà da ambo i praticanti, si ha una sorta di Poon Sau in posizione inginocchiata. A proposito, per chi non lo sapesse, il concetto di aderire e rimanere incollati esiste, con maggiore o minore approfondimento, nelle scuole di Aiki (d'altra parte, in Armonia, è naturale stare in contatto con il compagno, attorcigliando i rispettivi Qi o Ki Musubi l'uno con l'altro e anche lo stesso Musashi, temibile spadaccino giapponese, utilizzava esercizi di concordanza del Ki come appoggio nella pratica e nella comprensione dell' arte), come in alcune branche del Karate di Okinawa (Muchimi= aderire) derivanti dalla Gru Bianca.

I concetti di estendere il Ki ed estendere l'intenzione sono identici e non hanno niente a che fare con l'uso della muscolatura cui generalmente siamo abituati: a questo servono i cosiddetti ki testing nell'Aikidō, che non sono semplici trucchi, ma esercizi base, basati sulla fisica e sulla struttura del corpo, per cominciare a sentire un qualcosa che va riversato nella tecnica, non trucchi da baraccone per arruolare gruppi di Credenti, senza alcun rapporto con le "normali" tecniche. Si tratta dei vari esercizi del corpo insollevabile sia in posizione eretta che distesa, del braccio non piegabile, della posizione inamovibile, giusto per citare i più comuni. Date un'occhiata anche a questo video: http://www.youtube.com/watch?v=3B2PMwdD2cc.
Ovviamente la dimostrazione che segue è molto esemplificativa e non rende conto del perché un praticante debba saper fare queste cose. In fondo un attacco non si svolge mica come nel video. Qui è la mistificazione degli esercizi classici, infatti, ma la lezione che ne dobbiamo trarre è che un corpo con rigidità anche piccole è un corpo su cui la forza dell'altro può avere presa: http://www.youtube.com/watch?v=ZzbzPNFKtuQ.

Abbiamo parlato sinora del triangolo in una sola delle sue applicazioni, ma anche quadrato e cerchio (in parte se n'è fatto cenno), tipici simboli dell'Aikidō di Ō Sensei, fanno bella mostra di sé anche nel Wing Chun. Il quadrato, simbolo della stabilità, deve essere presente in ogni posizione ed è quindi fondamentale sia per il controllo della nostra struttura, sia per il controllo della struttura del compagno: è collegato al radicamento ed alla forza di gravità.

In realtà triangolo, quadrato e cerchio sono sempre presenti in contemporanea nell'applicazione delle tecniche e hanno valenza sia in termini fisici che psicologici, perché si tratta di archètipi che hanno trovato luce in varie culture anche lontane fra loro per risvegliare determinate qualità nella persona.

In fondo, l'obbietivo di queste discipline è l'essere umano integrato e consapevole, prima ancora che la creazione di un guerriero. Essere uomo è di per sé essere guerriero.Non facciamoci ingannare dalle forme, ma andiamo oltre per individuare la sostanza, noi stessi.

Pasquale Mazzotta

lunedì 16 gennaio 2012

Storia del 永春拳: facciamo il punto (Sesta Parte)

Continua l'affascinante ricerca condotta da Pasquale Mazzotta, dopo l'introduzione, la seconda, la terza, la quarta e la quinta parte. Buona lettura!
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Con la distruzione del tempio di Fukien Ng Cheung si recò a Fat Shan (la Montagna di Buddha) in una provincia cantonese nel Sud della Cina, dove cercò di continuare le attività delle società segrete. Grazie alle sue abilità e conoscenze riuscì ad organizzare l’Associazione del Fiore Meraviglioso (precursore della Hung Suen Opera o "Opera della Giunca Rossa",  nome pubblico che nascondeva la Hung Fa Wui, "Società del Fiore Rosso") e, dopo essersi occupato dell'addestramento delle società segrete nel sistema 永春, Cheung Ng scomparve, per nascondersi dalla persecuzione della Dinastia Qing, andando a rifugiarsi da alcuni parenti, i Chan (nella cui genealogia troviamo anche “Hung Gan" Chan Biu), cui insegnò per oltre 10 anni il sistema Hung Fa Yi, preservato per 4 generazioni nella famiglia, prima di essere insegnato agli esterni.
I Chan non furono mai coinvolti direttamente, se non come finanziatori, nelle società segrete, mantenendo un basso profilo al riguardo. L'ultimo della quarta generazone della famiglia Chan ad apprendere l'Arte e a tramandarla (secondo quanto riporta la tradizione dell'Hung Fa Yi) fu un lontano nipote, un leader della ribellione, Hung Gan ("Bandana Rossa") Chan Biu, iniziatore del lineage Hung Suen (uno dei pochi sistemi di 永春 a comprendere il Chi Geuk tra i suoi esercizi). Negli archivi Qing come nella ricerca storica sulle società segrete cinesi, una persona che risponde a questo nome è ricordata come uno dei Leader della Società Tien Dei (Cielo e Terra). In seguito fu preso e ucciso dalle autorità Qing.

Ad ogni modo sempre nei racconti di Pan Nam e dell’ Hung Suen, Cheung Ng insegnò il suo Gong Fu agli attori delle Giunche Rosse, i quali erano tra l'altro spesso conosciuti con nomi d'arte legati ai ruoli personificati piuttosto che per le loro vere identità segrete, anche se nel caso di Cheung Ng, il soprannome di Taan Sau ("Mano che disperde") rendeva giustizia anche alla sua elevata abilità di combattimento.

Questa compagnia navigava per tutto il Sud della Cina e quindi poteva trasportare e arruolare molti ribelli lungo tutto il territorio in cui agiva . Essa inoltre utilizzava i trucchi e costumi di scena per nascondere i ribelli, i movimenti del corpo e le prove dello spettacolo servivano per nascondere gli allenamenti. Presso la Giunca Rossa quindi si addestrarono molti che poi divennero dei grandi Maestri del 永春 tra cui: Wong Wah Bo e Leung Yee Tai (questi due furono poi insegnanti di Leung Jan), Leng Lan Kwai, Fa Jee Ming, Gao, Lo Chung, Lai Fook Shun, Do Ngan Shun, Dai Fa Min ("Faccia Dipinta", in quanto attore) San Kam, Sun Fook Chun, Lo Man Gong, “Hung Gun” Chan Biu, Dai Dong Fung.

Sempre per inciso, nei viaggi l'Opera toccava tra le altre città come Guangzhou e Fatshan (qui appresero Fung Siu Ching, Leung Jan, Fok Bo Chuen, Lok Lan Koon). In realtà, diversamente da quanto ci riferiscono Pan Nam e l’Hung Suen, è alquanto difficile che l’addestramento di questi personaggi fosse da imputare a Taan Sau Ng, dato che questi attori vissero quasi 100 anni dopo; è più probabile che nel mezzo vi fossero altre generazioni.

Interessante notare la possibilità che il nome 永春 sia anche derivato da quello di un piccolo paesino sul mare nel Sudest della Cina, famoso per essere anche la patria del Bak Hok, in cui si buttava l'acqua dei fiumi solcata da commercianti, pescatori, attori della Giunca Rossa ai tempi di Leung Yee Tei (l'uso del palo nel 永春 ricorda in effetti il movimento del rematore), che magari da quel paesino poteva provenire (la Gru Bianca della Contea di 永春, il flessibile e pratico sistema Shaolin praticato e forse migliorato dalla monaca...).

Facendo un passo indietro, il curriculum dell'Hung Fa Yi comprende, oltre alle solite 3 forme a mani nude, la Fa Kuen, comune anche al 永春 della famiglia Chu, e di conseguenza al Dai Duk Lan Weng Chun. Normalmente, a torto o a ragione, l'Hung Fa Yi viene considerato la versione più rozza e sintetica del 永春 da insegnare rapidamente a un grosso numero di ribelli, mentre si fa risalire, più o meno correttamente, all'abate Jee Shin, una versione più "morbida e completa". Infine, nel 1855, con la messa al bando dell'Opera Cantonese e delle Giunche Rosse, il 永春 cominciò a diffondersi tra il pubblico, attraverso Famiglie.

Leung Lan Kwai, Wong Wah Bo (si dice anche che Wong Wah Bo fosse studente di Leung Lan Kwai) e Leung Yee Tai (il quale è detto essere stato allievo di Jee Shin) appresero sulle Giunche Rosse e si allenarono molto tempo insieme (secondo alcune voci Wong Wah Bo e Leung Yee Tei avrebbero fatto uno scambio di conoscenze, e sarebbe da allora che il Palo è diventata un’arma del 永春), adattando anche la pratica del bastone di Shaolin come appreso da Jee Shin ad un bastone più lungo usato per disincagliare le barche; fu così che nacque il Bastone da 6 punti e mezzo. Probabile che risalga a questo periodo la creazione delle forme oggi conosciute, partendo dalle San Sik preesistenti e dai lavori al wooden dummy e coi coltelli, come anche il raffinamento del Close Combat per combattere su piccole barche e in ambienti ristretti.

Dai Fa Min Kam (secondo alcuni anche lui studente di Jee Shin) insegnò anche a Lok Lan Koon e a suo nipote che a sua volta insegnò a Lai Yip Chi futuro maestro di Pan Nam, il quale conservò nello stile gli esercizi di Qi Gong che gli furono insegnati e apprese un 永春 più vicino alle forme Shaolin antiche, oltre ad aver avuto, lo ricordiamo, come suo primo maestro, Chiu Chao, allievo insieme al fratello Chiu Wan (che dopo seguì Yip Man) di Chan Yu Min, figlio di Chan Wah Shun e compagno di Yip Man. Pan Nam prima di interessarsi al Cheung Bo Weng Chun tramite Sum Nung intorno al 1940 e poi Chiu Chao e Lai Hip Chi (penultimo allievo di Chan Wah Shun) e ancora Lui Yu Chai, un anziano nipote di Lok Lan Koon (studente di "Faccia Dipinta"), Yip Man e Pak Cheung (grande allievo di Fung Siu Ching e forse, secondo alcuni, zio materno di Leung Ting, che fu anche allievo di Leung Sheung e che andò al Dai Duk Lan per chiedere in prestito un Wooden Dummy per prenderne le misure e farne uno uguale per la scuola di Yip Man), praticò Hung Gar.

lunedì 28 novembre 2011

Chinese Boxing - Wing Chun Kyun - in Prague (Praha)

I'm very proud to announce that my ToDai (Student) and Friend Pasquale "Guido" Mazzotta began to teach in Prague (Praha). He represents me in this city and is the only one that I authorized to teach in my name until now. He can teach you what I teached him and can help you to improve your skills with the Wing Chun Kyun system. I'll be in Prague few times a year to help him to spread the Art in the city. Guido continues to study with me, but he has all basics to be able to train seriously and improve him and you. He also studied other lineage of Wing Chun, continuing to research and train for improve his skills. If anyone would like to got further information may contact Guido on Facebook (here) or by email (here) or going on this website.


mercoledì 22 giugno 2011

Storia del 永春拳: facciamo il punto (Terza Parte)

Continua l'affascinante ricerca condotta da Pasquale Mazzotta, dopo l'introduzione e la seconda parte. Buona lettura!

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C’è da far notare la forte similitudine che collega la storia di Yim Wing Chun con quella di Fong Qi Niang, settima figlia di Fong Chung, la (forse) altrettanto mitica (o forse no, visto che il suo nome e il suo essere insegnante di Gru Bianca della Contea di Wing Chun insieme a suo marito è registrato negli archivi governativi della Contea stessa...) fondatrice (partendo dal sistema di Siu Lam dei 18 Lohan, i Discepoli di Buddha) del sistema di Gru Bianca della Contea di Wing Chun (questo stile pare sia stato in seguito incorporato nel Ng Cho Kuen, o Boxe dei Cinque Antenati), di cui si fa menzione persino nel Bubishi, la bibbia del Karate di Okinawa: probabilmente questa storia fu mutuata per permettere al clan del Wing Chun di risalire alle sue origini e, secondo fonti vicine a questa, Ng Mui sarebbe stata la quarta generazione dello stile della Gru Bianca, colei che ammodernò il sistema raffinandolo attraverso l’uso del 勁 - Ging - morbido, colei che insegnò questo stile a Miu Shin, la quale lo fuse con il suo Pugno del Serpente, dando i natali a quello che è oggi conosciuto come 永春拳. Ma di Ng Mui/Fong Qi Niang, come di Yim Wing Chun e Miu Shin non abbiamo alcuna prova storica. E’ altresì vero che molti stili di 永春 - forse un po' troppi per essere plausibili - nel Sud Est asiatico si richiamano a Ng Mui (Scuola Ng Mui a Singapore e in Malesia, Ng Mui Fa Kuen nel Fukien...entrambi simili al 白鶴永春 - Wing Chun Bak Hok -; ancora lo Ng Ying Kuen, sottostile dell’Hung Kuen) e a Fong Qi Niang (l’Hakutsuru Ken di Okinawa e altri stili sempre nella zona della Malesia, Singapore, Taiwan e così via).

Aggiungiamo che era proibito ad una monaca vivere e allenarsi in un ambiente maschile come Shaolin dove vigeva le legge del celibato; era proibito viverci per lo scampato Prete Taoista Pak Mei (anche se allenarsi nello Shaolin non vuol dire vivere nel Tempio, tanto più se dire di provenire da Shaolin era, a detta di alcuni como vedremo, solo un codice per capire gli orientamenti politici. . . ).

Infine la leggenda vuole che durante il suo rifugio Ng Mui abbia conosciuto Yim Yee, proprietario del negozio dove lei faceva i suoi acquisti (anche lui precedentemente Allievo, secondo alcuni, del tempio di Shàolín) e la figlia Yim Wing Chun (Segreto Canto della Primavera). La bellezza della ragazza attirava, però, l’attenzione di un malvivente locale di nome “Tigre” Wong, che voleva ad ogni costo sposare la fanciulla, al punto tale di terrorizzare sia lei che il padre (vale a questo punto la pena di far notare che in altri lineage si tramanda la leggenda del combattimento tra 至善 (Ji Sihn) e  “Tigre” Wong, il quale voleva estorcere denaro all’Opera in cambio di “protezione”). 

Ne parlarono a Ng Mui, che nel frattempo era diventata una loro amica. La Monaca decise quindi di insegnare alla giovane le sue tecniche di lotta, affinché fosse in grado di difendersi. Yim Wing Chun si allenò duramente, giorno e notte, fino a quando non si sentì pronta ad affrontare Wong in un combattimento, dal successo del quale sarebbe dipesa la sua libertà. Così fu e Ng Mui poté continuare ad insegnare alla bella Yim Wing Chun le varie tecniche e, percependo la grandezza della sua Allieva, secondo una delle versioni della leggenda, decise di dare il suo nome a quel metodo che si andava sempre più delineando (secondo alcuni è qui che si comincia a distinguere il 詠春 di Ng Mui dal 永春 di Ji Sihn). Ma la domanda da porsi è: perchè una Monaca sfuggita alla morte avrebbe poi dovuto insegnare il più avanzato metodo di combattimento allora concepito a una giovane ragazza con problemi romantici e per giunta senza collegamenti con la rivoluzione?. Questa cosa infatti avrebbe messo a rischio la vita di Yim Wing Chun e avrebbe portato la morte a lei e ai membri della famiglia per mano degli Ufficiali Qing. In effetti Yim Wing Chun e suo padre Yim Yee, viventi ai piedi del monte Tai Leung, erano probabilmente anch'essi nelle fila dell'洪門 - Hung Mun -.

Yim Wing Chun fu sfidata da molti Maestri, ma nessuno mai riuscì a sconfiggerla, al punto che lei stessa giurò che avrebbe sposato chi sarebbe stato capace di batterla. Un giorno si presentò a lei 梁博儔 - Leung Bok Chau -, che aveva appreso il 功夫 - Gōng Fu - dall’Abate Ji Sihn, si innamorò di lui e in un combattimento finse di essere facilmente sconfitta, così da poterlo sposare. Seguendo altre versioni della leggenda, Yim Wing Chun sposò Leung Bok Chau, originario del Canton e mercante di sale, una merce molto rara tra le montagne cinesi, in seguito a un accordo tra famiglie risalente alla sua infanzia nel Fukien.

Dopo il matrimonio la ragazza rivelò la verità su Ng Mui al marito e lo sconfisse in combattimento, mostrandogli la grandezza dello stile di Ng Mui. Leung Bok Chau fu sorpreso dalla grandezza dello stile, volle che la moglie gli insegnasse le varie tecniche che insieme perfezionarono ed ampliarono. Leung Bok Chau introdusse nello stile l’uso delle armi, il Bastone Lungo dai Sei Punti e Mezzo (Luk Dim Boon) ed i Coltelli a Farfalla - 蝴蝶刀 (Wu Dip Dou) - (dal quale sarà presa la forma 八斬刀 - Baat Jaam Dou -), che aveva appreso dal suo maestro Ji Shin.

Quando Leung Bok Chau insegnò in seguito lo stile al parente Leung Lan Kwai, di Fatshan, lo chiamò col nome della moglie (ma per quanto si sa potrebbe esserci stato anche un errore di trascrizione, scrivendo ad esempio 詠 al posto di 永…). Gli insegnamenti furono poi trasmessi a Wong Wah Bo, da lui a Leung Yee Tei e da questo a Leung Jan che portò lo stile alla sua massima perfezione, in particolar modo lavorando la forma Biu Ji. Da lui a Chan Wah Shun, che ebbe solo cinque studenti: Ng Siu Lo, Ng Chung So, Chan Yu Min, Lui Yu Jai e Ip Man.

martedì 21 giugno 2011

Storia del 永春拳: facciamo il punto (Seconda Parte)

Continua l'affascinante ricerca condotta da Pasquale Mazzotta, dopo l'introduzione. Buona lettura!

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La tradizione affida la nascita del 永春拳 all'opera della monaca buddhista 五梅大師 - Hng Muih Daaih Si - (Monaca Anziana dei Cinuqe petali di Pruno), probabilmente chiamata così in riferimento ai leggendari Cinque Antenati (in realtà il numero sarà stato alquanto diverso) scampati alla distruzione del Tempio nel Fukien. Ip Man fa riferimento al Tempio sul Sung Shan, nello Henan, forse erroneamente, ma potrebbe essere nel giusto, se accettassimo l’ipotesi di “Taan Sau” Cheung Ng. Si potrebbe trattare di un omaggio ad un concetto fondamentale legato al metodo dei passi utilizzato nello stile della Gru Bianca della Contea di 永春 - Wing Chun - così come nel Wing Chun di Shàolín

Alcuni ritengono di aver individuato la figura di Ng Mui nella quarta figlia del Generale Ming, Lui Sei Leung. Di fatto non si può dire se sia veramente esistita una monaca con questo nome, ma personalmente ne dubito, riscontrando in questo nome più che altro un valore simbolico. Al più si potrebbe credere che fosse il nome di una confraternita di Shàolín (in realtà questo ragionamento vale per molti personaggi compresi i famosi Cinque Antenati, della cui esistenza si iniziò a parlare nel periodo di occupazione manciù, quando il popolo cinese aveva bisogno di credere in eroi leggendari per mantenere la speranza, la fiducia e la voglia di lottare), o il nome buddhista di un monaco. 

Questa deduzione mi sembra anche avvalorata dal fatto che prima allieva di questa monaca sarebbe stata 春- Yim Wing Chun - (il Segreto Canto della Primavera o Segreto del racconto poetico della Primavera, dove 春 - Cantare la Primavera - significa combattere per il ritorno della Dinastia Ming al potere, mentre la parola - 嚴 - Segreto fa riferimento alla natura segreta delle attività sovversive e alla segretezza delle tecniche di combattimento che si praticavano nella 永春堂 - Wing Chun Tong -, la Sala dell'Eterna Primavera, il luogo d'allenamento interna al Monastero ormai bruciato; da notare che secondo alcuni non esistette mai nel Tempio di Song Shan, nel Nord, una sala con questo nome, che sembrerebbe dunque riferirsi ad un altro Tempio, quello mitico nel Fukien).

Fu comunque nella quarta generazione del 红花义詠 - Hung Fa Yi Wing Chun - (derivante da Cheung Ng* e da quanto fu in seguito trasmesso sulle 红船 - Hung Syun- Giunche Rosse) che si cominciò a trasmettere il mito di Ng Mui, sopravvissuta all'incendio di Shàolín, e di Yim Wing Chun, sua giovane apprendista. Probabilmente tutto quello che si racconta nella leggenda (cosi come tramandata dallo stesso Iip Man) ha un valore simbolico. D'altra parte, dice la leggenda, durante la fuga, a seguito dell'incendio dal Monastero di Siu Lam, la Monaca si sarebbe rifugiata presso il 白鶴寺 - Bak Hok Ji -, Tempio della Gru Bianca (il quale dovrebbe essere tendenzialmente taoista, per quanto può valere in un'epoca in cui la libertà nella ricerca spirituale era prassi comune, ammesso che di questo si parli) sulla montagna Tai Leung Shan (all'epoca chiamata anche Chai Ha), collocata alla frontiera tra le province Szechwan e Yunnan, nella provincia del Guangdong.

Potrebbe essere importante in questa sede far notare che quest'area è abbastanza interna rispetto al mare della Cina del Sud. E' anche interessante notare al riguardo l'assonanza di Chai Ha, con il มวยไทยไชยา - Muay Thai Chaiya -, uno stile di boxe thailandese di origine cinese, molto diverso dallo stile tipico siamese e proveniente, secondo Leung Ting, proprio da questa zona. In effetti ci sono state delle migrazioni dallla Cina verso Vietnam, Cambogia, Malesia, Indonesia e Siam; in alcuni di questi Paesi ci sono dichiaratamente degli stili di 永春, ma la cosa pare non trovi riscontro presso i Maestri thailandesi. Ironico comunque il fatto che il Muay Chaiya sia scarsamente tenuto in considerazione in Thailandia, dato che i suoi praticanti, differentemente da tutti gli altri marzialisti thailandesi, non partecipano alle competizioni ufficiali e il fatto che sia preservato solo come tesoro d'interesse storico nazionale.

Tornando alla nostra storia, il 永春 doveva consistere, secondo alcuni, solo di 小念頭 - Siu Nim Tau - (o di 大念頭 -  Daai Nim Tau - o di 永春拳 - Wing Chun Kuen -?) o, forse, non conteneva neppure forme strutturate, ma semplicemente applicazioni basilari ed efficaci, un po' di Chi Sau e una versione primitiva dei doppi coltelli a farfalla (bisogna sempre tenere presente che in un monastero buddhista poteva essere fuori luogo l’insegnamento di tecniche con armi da taglio, ma non è escluso).

Ad ogni modo, secondo la leggenda, ispirata dall’aver assistito ad una lotta tra una Gru e un Serpente ** (la flessuosità e l'avvilupamento che operano le braccia a guisa di serpenti, nonché gli scatti della mano a testa di Serpente, l’equilibrio, l’eleganza e la capacità di deflettere gli attacchi con le ali della Gru), elaborò uno stile morbido, preferendo le doti 陰 - Yīn - di leggerezza, agilità e velocità alla forza ed alla prestanza fisica, con l’obiettivo primario di restituire all’avversario l’energia assorbita nell’attacco: “Se l’avversario attacca, appiccicarsi e assorbire la sua forza per neutralizzare il suo colpo; se l’opponente si ritira, restare appiccicati per inseguire e contrattaccare”. Operò dunque una semplificazione del sistema del Tempio di Shàolín, rendendolo più essenziale ed efficace, ponendo enfasi anche sullo studio della sensibilità tattile e non solo sull’uso della vista, nonché, sembrerebbe, adattandolo alle caratteristiche della donna, più debole e fragile di un uomo. Con questo nuovo stile, persone più deboli potevano tranquillamente neutralizzare anche forti rappresentanti delle Scuole più antiche, “…il molle e il debole vincono il duro e il forte…”.

* Cheung Ng (Zhang Wu) viene chiamato anche Cheung Hin (Zhang Xin). Si tratta dell'unica figura storicamente verificabile (che si trova nelle storie dell'Opera cantonese e di Foshan) associata con i miti della creazione del Wing Chun Kuen. Sappiamo solo che è venuto dal Nord della Cina, ma non da dove, perché ogni Famiglia ne ha tramandata una diversa tradizione. In gioventù partecipò all'Opera di Pechino come cantante e come attore nelle scene marziali (anche nei racconti di Pan Nam, uno dei Maestri della "Kwan Si Opera Company"). La maggior parte dei racconti sulle sue abilità marziali ne fanno un mediocre artista di Siu Lam, praticante di un misto di Kam Gan Jeung (Il Palmo di Buddha), Tong Long Kuen (Lo stile della Mantide), Tai Gik Kuen (Taijiquan) e Ying Jow Pai (Sistema dell'Artiglio dell'Aquila), Allievo di un discepolo della ventiduesima generazione di Shaoli, Yat Chum. In alcuni racconti il suo siprannome è Tan Sao, in riferimento al suo braccio sinistro, poliomelitico, colpito da una parziale paralisi. In altri è detto Tan Sao Ng, per la sua abilità nella tecnica del Tan Sao. Organizzò l'Opera delle Giunche Rosse, dando vita all'Associazione Hung Fa Wui Goon (Hong Hua Hui Guan, l'Unione dei Fiori Rossi) o King Fa Wui Goon (Qiang Hua Hui Guan, l'Unione del Prezioso Fiore di Giada).

** Per altri , tra cui Leung Ting, tra una Gru ed una Volpe o una Scimmia

mercoledì 20 aprile 2011

Free yourself from your opponent's force - Second principle of power

My Friend and Student Pasquale "Guido" Mazzotta translated and adapted another article for his blog's readers. I invite my followers to go on this link to read our work about the first principle of http://siulamboxing.blogspot.com/2011/04/free-yourself-from-your-opponents-force.html. I thank Guido for his hard work to study, train and spread our great Martial Art!

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If our force is a kind of matter that is projected from the inside out, on the other side the opponent's strength tends to follow the opposite way, to enter into us, in our spine, our center. Therefore, these two forces going in opposite directions, mine from the inside out, the other from outside to inside.

By the term "to free", we mean in this case "avoid this force being released into our body"; it will be necessary to prevent the entry of the opponent force while continuing to project our own (to not violate the first law of force).

However, if the two forces collide in a direct way we could hardly apply the first principle: it is as if a person wants to leave a room and the other one wants to enter, if ythey try to do both frontally and at the same time, probably none of them succeed in his goal, just they keep pushing one each other, using the raw strength - that we want to refine at least -. So it is necessary that the opponent's strength does not affect us without this being a result of a confrontation between the forces.

domenica 17 aprile 2011

Free yourself from your own force - First principle of power

My Friend and Student Pasquale "Guido" Mazzotta translated and adapted one of my article for his blog's readers. I invite my followers to go on this link to read our work about the first principle of power: http://siulamboxing.blogspot.com/2011/04/free-yourself-from-your-own-force-1st.html. I thank Guido for his hard work to study, train and spread our great Martial Art!

"Free yourself from your own force" seems to be one of the main points to face Chi Sao ("sticky hands", one of the typical exercises of the style), but not only this. Let' s go deep inside the topic.
First, we have to consider that the energy is not the force. Energy is an internal concept, that can be expressed externally without the use of the force. Often, it' s the absence of force to give us the energy we need to face a fighting. When we create a bridge (Kiu) between us and the opponent, we create also an energetic pressure. When we use the force instead of pressure, we give the opponent a signal, so he will have more opportunities to free himself from us and from our force. That's why we need do not use force during the contact, but instead we need to create the right tendon and muscle tension, in order to control and manage our won balance as well as the incoming forces.

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