domenica 31 maggio 2009

Un esercizio per il Chi Kung e l'esplosione dell'energia

Parti con gli occhi chiusi.

Lascia dondolare il peso del corpo tra la punta dei piedi ed i talloni, nel modo più fluido possibile.

Diminuisci pian piano l'oscillazione fino a che raggiungi una sensazione di equilibrio e di radicamento dei piedi.

Dopo prova a dondolare la zona che sta tra la testa e le anche.

Diminuisci l'oscillazione fino a che raggiungi una di bilanciamento lungo la tua colonna vertebrale.

Dividi mentalmente il corpo in due parti: la testa (diretta verso il cielo) e le gambe (che dovrebbero affondare nella terra).

Crea una sfera con le mani davanti all'ombelico.

Muovi avanti e indietro (distanziando e avvicinando) i palmi.

Porta un pugno davanti al plesso solare e preparati a tirarlo. Non contrarre i muscoli.

Lascia l'altro braccio in basso, sul fianco, con la mano parallela al pavimento, affinché spinga verso il basso (Gum Sao).

Utilizza il respiro per dirigere la tua intenzione:

1. Inspira e lascia fluire la tua energia dalla terra, attraverso le gambe, fino all'area del Dan Tien.

2. Trattieni il respiro, concentrandoti sul Dan Tien.

3. Espira, lasciando partire l'energia dal Dan Tien fino al pugno.

4. Attendi (prima di riprendere fiato) che il tuo pugno sia completamente esteso. Dopo riportalo al suo stadio iniziale.

Apri gli occhi ed esegui il pugno con la nuova consapevolezza.

Ripeti l'esercizio cambiando le braccia.

Buon lavoro!

(Dedicato all'amico che mi ha chiesto il senso della respirazione in 4 tempi)

sabato 30 maggio 2009

In quale posizione bisogna allenare le forme?

Nella maggior parte dei sistemi di Wing Chun, per esempio nel lineage del GGM Yip Man, l'unica posizione di base in cui eseguire la Siu Nim Tau è la Yee Gee Kim Yeung Ma. Nel Siu Lam Weng Chun, al contrario, abbiamo anche la posizione Kee Long Ma per eseguire la Siu Nim Tau, così come le altre forme.

La Yee Gee Kim Yeung Ma è usata per costruire, allenare e fortificare la nostra posizione di base, il cavallo e la muscolatura (potente e flessibile), nonché per la corretta formazione e gestione della posizione e della stabilità. La Kee Long Ma, invece, è usata per insegnare allo studente a trasmettere energia e ad eseguire i movimenti con vigore, utilizzando la potenza e l'elasticità delle anche e della colonna vertebrale.

Fate sì che la vostra formazione sia ottima: studiate ed allenatevi!

PS: ricordo ai miei ragazzi, con cui si discuteva degli animali di Shaolin, che i principali sono 5: drago, tigre, serpente, leopardo e gru...

(Nella foto: un "certo" signor Bruce Lee esegue la Siu Nim Tau (un Tan Sau, per esattezza) nella Kee Long Ma...

venerdì 29 maggio 2009

Distanze di combattimento e Kiu Sau

Nel combattimento possiamo distinguere varie distanze di lotta. Potremmo parlare anche di cinque distanze, ma quelle principali sono tre. Nel Siu Lam Weng Chun distinguiamo tre fasi di combattimento: c'è una fase di contatto a distanza lunga (Heaven), una media (Man) ed una corta (Earth).

Per fare un paragone con altri lineage di Wing Chun, la fase Man è quella che assomiglia di più alla distanza in cui si esegue il Chi Sau. La fase Man, però, può andare ben oltre il Chi Sau (che possiamo a sua volta dividere nelle tre distanze, a seconda del contatto) fatto con il contatto sui polsi, essendo spesso e volentieri allenato da una distanza di Clinch, per intenderci. Da lì si possono allenare sia tecniche che princìpi propri dello stile.

All'interno del sistema è presente anche la piattaforma del Poon Sau (che può essere tradotto come "braccia che ruotano e si piegano"), sviluppata sul Poon Kiu. Il Kiu Sau che definiamo Poon può essere spiegato come la strategia di piegare ed abbassare le braccia dell'avversario. Probabilmente ci sarà pure una spiegazione migliore, ma passatemi questa...

Nel Siu Lam Weng Chun i praticanti si allenano sempre nelle posizioni che poi saranno utili durante i combattimenti. Questo lo differenzia non poco da quei lineage che fanno allenare posizioni da studio ed adatte per il potenziamento del Qi ("il soffio vitale"), facendole passare per posizioni da combattimento... Anche il footwork (passi, posizioni dei piedi, principi di movimento delle gambe) e la gestione del peso, così come il controllo del corpo, vengono studiate per esser applicate al combattimento libero.

Le fasi, come dovrebbe essere ormai chiaro, non sono mai isolate, perché si passa continuamente da una fase all'altra, accorciando ed allungando la distanza, a seconda dell'abilità del lottatore, che mette in campo le sue armi migliori (ciascuno le sue). A livello didattico, è bene che i principianti si allenino su una determinata distanza, ma questo non può durare più di qualche mese. Bisogna impare a gestire tutte le distanze, per arrivare alla comprensione del confine veramente labile tra l'una e l'altra, durante i combattimenti.

Durante l'allenamento dei Kiu Sau, specialmente in un contesto non collaborativo, capita di dover rompere il ponte, di togliere il contatto con l'avversario, per colpire o per allungare la distanza. Significa che si può indietreggiare? Certo che sì! Lo scrivo per evidenziare la differenza rispetto a certi insegnanti che ti dicono che non si indietreggia mai nel Wing Chun...ma che siete tutti Caterpillar che andate sempre e solo avanti o di lato?!

giovedì 28 maggio 2009

La formula per la massima efficienza

La formula che segue rappresenta la massima efficienza nel combattimento, essendo basata sull’anatomia umana e non su forme o tecniche.

Una linea centrale, due linee di difesa (dalla distanza del pupazzo di legno), tre punti di riferimento in altezza (anche alla distanza), quattro cancelli (considerati dal Dan Tien in poi), cinque linee (in larghezza), sei cancelli (da questo punto di vista è rispettato il principio delle altezze e della destra e sinistra), sette princìpi.

Col tempo avremo modo di approfondire ogni singolo punto...


mercoledì 27 maggio 2009

Forma e sostanza

La prima delle dieci saggezze (wisdom) del Tempio di Siu Lam del Sud è rappresentata dal carattere Ying, il quale rappresenta la forma, quindi la meccanica del corpo, le posizioni e il footwork codificato in un sistema.

Molte persone sono bloccate nella forma, la quale ha a che fare con le tecniche, la storia, la filosofia o la salute. Ogni forma ha la una sua proprietà particolare ed ha un suo uso specifico, ma non può essere una gabbia. Non a caso molti praticanti di uno o di un altro stile di Kung Fu non riescono a riconoscere gli stessi principi del proprio stile in altri apparentemente molto diversi dal proprio, ma, nella sostanza, molto simili.

Per esempio, il Wing Tjun e l’Hung Gar Kung Fu sono ora considerati due sistemi di Kung Fu molto differenti, che non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro, ma, se si ritorna abbastanza indietro nel tempo, si può constatare che entrambi i sistemi provengono dalla stessa fonte, il Tempio di Siu Lam del Sud, e che hanno l'abate Chi Sim nel loro albero genealogico, subito dopo l’incendio del tempio. La forma più alta e più originale di Hung Gar sembra molto simile alla nostra Wing Tjun Kuen.

Ricordate che l'arte del combattimento, la salute e la filosofia (i tre tesori) non avevano un nome specifico nel Tempio di Siu Lam del Sud, erano prive di forme stabilite. Solo dopo la distruzione del Tempio alcune persone iniziarono a racchiudere l’arte in un certo numero di forme.

Uno studente di Chi Sim, Hung Hei Kuen, mise il nome della propria famiglia nel sistema e lo stesso divenne Hung Kuen o Hung Gar Kung Fu. Un altro studente di Chi Sim, Wong Wha Bo, non maturò la stessa decisione e così, quando il suo allievo San Gam gli chiese quale fosse il nome dell’arte, gli rispose: "l'arte della sala dell’eterna primavera del Tempio di Siu Lam del Sud". Quindi l'arte divenne nota come Wing Tjun Kuen (Il pugno dell’eterna primavera).

Questo è un abbozzo della storia del Siu Lam Chi Sim Wing Tjun Kuen. La storia del sistema del GGM Yip Man è molto diversa e la tratterò in futuro.

Liberati della forza del tuo avversario I

Se la nostra forza è una sorta di materia che dall'interno viene proiettata all'esterno, la forza dell'avversario tende a compiere l'inverso, a entrare in noi, nella nostra colonna vertebrale, nel nostro centro. Dunque, queste due forze vanno in direzioni opposte, la mia da dentro a fuori, l'altra da fuori a dentro.
Per liberare intendiamo "evitare che questa sia dentro l'organismo"; sarà quindi necessario impedire l'ingresso della forza dell'avversario senza smettere di proiettare la propria (per non violare il primo principio della forza). Tuttavia, se le due forze si incontrassero in modo frontale difficilmente potremmo applicare il primo principio: è come se una persona volesse uscire da una stanza e l'altra volesse entrare; se entrambe cercassero di farlo contemporaneamente e in modo frontale probabilmente nessuno dei due riuscirebbe nel suo intento, continuerebbero solo a spingersi, utilizzando la forza grezza - che noi vogliamo quantomeno raffinare -. Quindi è necessario che la forza dell'avversario non entri senza che ciò sia conseguenza di uno scontro frontale tra le forze.
Le possibilità quindi sono due:
1. La forza dell'avversario non entra, ma non incontra la mia forza (creo il vuoto);
2. La forza dell'avversario non entra, incontra la mia forza, proiettata all'esterno con un angolo diverso da quello dell'attacco.
L'esistenza stessa del terzo principio ("se la forza dell'avversario è maggiore, cedi") lascia presupporre che l'incontro possa benissimo avere luogo, dunque sono entrambe possibili. La prima ipotesi si verificherà quando il mio corpo non sarà allineato rispetto alla forza dell'avversario (vedi il footwork), mentre la seconda quando si riuscirà a deflettere la forza dell'avversario proiettando la propria con un angolo diverso, senza che le due si scontrino frontalmente (vedi il cuneo o la piramide e le tecniche yang).
"Liberati della forza del tuo avversario" per me significa non rimanere schiacciato, non andare ad applicare la forza contro la forza, ma usare la propria dove non c'è quella dell'avversario, cercando, ovviamente, di trovare un varco. Liberarsi della propria forza però, come abbiamo già detto giorni fa, non significa essere "mosci" o cedevoli in ogni caso. La liberazione deve avvenire attraverso principi e concetti precisi. Un conto è liberarsene non curandosi troppo di che fine fa questa forza, un altro è liberarsene mantenendo un controllo e riuscendo ad utilizzarla a nostro vantaggio.
Per alcuni il principio di cui stiamo parlando significa "portar fuori" l'energia dell'avversario, mentre per altri vuol dire "non essere davanti all'avversario". Molti descrivono il Chi Sao come una tecnica attraverso la quale il più abile dei due crea il vuoto sulla spinta dell'avversario, una sorta di "smaterializzazione" prima dell'attacco... Angoli ben disposti e pressioni ben ripartite conducono "fuori" la forza dell'avversario. Il problema è che il nostro livello di conoscenza e di applicazione spesso non è adeguato e crea appigli cui l'avversario tende ad attaccarsi, lasciando il modo di trovare un varco nella nostra sfera.
In alcuni lineage si ritiene che per liberarsi della forza avversaria sia necessaria una rotazione completa del busto - vecchi ricordi... -, cosa che permetterebbe l'uscita della forza avversaria dalla linea verticale (e, di conseguenza, dalla linea centrale). Ebbene, alla luce della mia esperienza, non posso che "mettere da parte" - uso un'eufemismo - questa teoria, che tanti danni ha provocato nella stabilità dei praticanti, che eseguivano la rotazione di 90° senza alcun radicamento al suolo. Ruotare il busto su una sola gamba, se non in casi eccezionali e con i dovuti accorgimenti, equivale a lasciarsi scaraventare da chiunque conosca un minimo di concetti di pliometria!
Torniamo a noi. Nel momento in cui intendete liberarvi delle altre forze esterne, ricordatevi di non avvicinare troppo i gomiti al corpo, perché rischiate di rimanere schiacciati. Questo è un altro brutto ricordo che in molti si portano dietro, ma è anche un altro dei bagagli - o zavorra? - da buttare in mare. Significa che le braccia non devono cedere all'indietro? Ovviamente no, ma è importante che l'angolo del gomito, tra avanbraccio e bicipite (per intendersi), non superi la soglia minima dei 90°, dopo la quale solo gomitate o shock di altro tipo possono salvare la pelle.
Partiamo dal presupposto che per apprendere la meccanica dello scaricamento del peso o, meglio, per liberarsi della forza dell'avversario dobbiamo dapprima capire cosa significhi effettivamente liberarsi della propria forza e da tutte quelle reazioni istintive che portano contrazioni muscolari in una situazione dove avvengono delle sollecitazioni sulle nostre braccia o sul nostro corpo in generale. Solo dopo aver compreso il primo concetto legato alla forza possiamo capire il secondo.
Liberarsi della forza dell'avversario è un modo effettivo di concepire come sfruttare (liberandosene) le linee di forza che il nostro avversario imprime (attaccandoci) a nostro completo vantaggio. Attraverso una struttura costruita in maniera corretta, le nostre braccia riusciranno a percepire tutti i flussi e linee di forza dell'avversario, scaricando tutta l'energia avversaria verso il terreno, attraverso tutto il corpo, per poter poi contrattaccare in maniera dinamica, nel momento in cui la sua forza, da noi scaricata, è pari a zero (ribaltando quindi la situazione a nostro completo favore ed applicando il quarto principio della forza). Se posso permettermi di consigliare una cosa pratica, vi suggerisco di scaricare inizialmente la forza avversaria in diagonale rispetto al corpo: se l'attacco è verso il braccio destro, scaricate il peso (e la forza) sul tallone sinistro e viceversa per un attacco a sinistra. Tramite questo esercizio di base, potrete allenarvi a scaricare le forze in entrata. L'esercizio può esser fatto anche con spinte direttamente sul corpo o sulle braccia.
Questo principio, ci svela un'altra particolarità del sistema, quella di non opporre mai resistenza (composta da forza grezza) all'avversario. Liberarsi della forza del proprio avversario significa appropriarsi della sua stessa forza per poterla poi sfruttare a nostro vantaggio nel combattimento. La forza del nostro avversario non deve rappresentare un ostacolo per la nostra azione. Anche solo con la Siu Nim Tao siamo in grado di sviluppare i principi che ci consentono di convogliare nel nostro corpo la forza dell'avversario, di accumularla e di trasformarla in energia esplosiva nel momento in cui entriamo in azione per attaccare.
L'applicazione del principio che stiamo trattando è un importante elemento di distinzione tra i vari lineage, essendo strettamente correlato al modo con cui si assorbe l'energia avversaria. Ricevuta l'energia dell'avversario, un pugno o altro, noi utilizziamo i nostri principi e le varie strategie (Kiu Sao) per prendere il primo contatto (pugni, etc.), creando il nostro ponte (Kiu) e cercando di affossare il suo (Cham Kiu). Da qui si aprono vari scenari. Alcune volte è sufficiente scaricare il peso su un piede, altre applicare una piccola rotazione del busto, altre ancora un passo. Allontanati, in qualche modo, dal punto di pressione - "sgonfiati" -, con il baricentro abbassato ed arretrato, possiamo decidere cosa fare. Ma per oggi mi fermo qui, perché stiamo trattando il secondo principio. Per liberarsi della forza avversaria, non dobbiamo smettere di avere pressione verso chi ci attacca (punti di contatto, linee di forza, etc.), come ci spiegano tanti istruttori di altri lineage, ponendo solo "forza in avanti" - non si sa dove -. Semmai dobbiamo rimanere appiccicati al punto di contatto e dobbiamo fare in modo di non far entrare la spinta o l'attacco dell'avversario nella nostra struttura, altrimenti rischiamo di perdere l'equilibrio e, di conseguenza, di non riuscire a togliere di mezzo la sua forza. La stabilità è fondamentale, non dimentichiamocelo!

Perché utilizziamo anche il termine Siu Lam?

Siu Lam Weng Chun Kuen...perché utilizziamo "Siu Lam" accanto a Weng Chun? Dove sta la correlazione?

Purtroppo molti artisti marziali hanno dimenticato l'insegnamento principale dell'allenamento di Shaolin (o Siu Lam): esso serve a far stare ogni individuo in armonia con la realtà che lo circonda, come con se stesso. L'arte che viene insegnata come Siu Lam Weng Chun Kuen, come ogni altra arte marziale proveniente da Siu Lam, consiste di tre parti, definite solitamente "i tre tesori di Shaolin": l'essenza filosofica dello Zen, la salute psico-fisica e le abilità strettamente marziali.

Lo Zen (o Chan) aiuta l'individuo a focalizzare il proprio spirito sulla rimozione dell’illusione (strappare il velo della finzione) e sulla scoperta della realtà. I princìpi che vengono assimilati attraverso questa filosofia permettono all'individuo di entrare in armonia con se stesso e con ciò che lo circonda.

Quando si parla di salute bisogna intenderla come salute interiore (mentale) ed esteriore (fisica) che si ottengono dalla pratica dell'arte.

Le abilità marziali sono legate ai metodi di allenamento al combattimento a mani nude e con armi di ogni tipo, sviluppati e praticati nell'arco dei secoli. Il Siu Lam Weng Chun Kuen è uno dei sistemi più avanzati provenienti dal Tempio di Siu Lam del Sud. I monaci di Shaolin hanno sviluppato questi metodi di combattimento come estensione dei loro studi filosofici, non a caso all'interno del sistema si parla di princìpi, concetti e strategie.

In sostanza, utilizzare il termine Siu Lam corrisponde a tracciare un filo diretto con i nostri antenati, per specificare che il nostro Weng Chun non è l'arte marziale per eccellenza, ma parte integrale di una bagaglio culturale (filosofico, marziale e sapienziale) molto più ampio, che va scoperto, conosciuto a fondo e diffuso.

martedì 26 maggio 2009

Il Kung Fu è tanto spirituale e mentale che fisico

Il Kung Fu è tanto spirituale e mentale che fisico.

Per questo, un buon modo di praticarlo sarebbe quello di alzarsi tutte le mattine, fare una buona colazione e poi eseguire almeno una delle forme che si conoscono. Ovviamente, chi conosce la Wing Tjun Kuen può fare “solo” quella, visto che è completa e abbastanza lunga.

I modi di eseguire le forme, come dico sempre ai miei ragazzi, sono tre:

1. In modo marziale, per potenziare la proprie capacità tecniche;
2. In modo elastico, per aumentare le capacità di muscoli e tendini;
3. In modo rilassato, per la salute del proprio corpo.


Chi pratica il Siu Lam (o Chi Sim) Wing Tjun Kung Fu non disdegna la meditazione e l’utilizzo di mantra provenienti dal Tempio di Shaolin del Sud, per poter accrescere la propria spiritualità.

Attraverso la meditazione e l’esecuzione delle forme, si aumenta la propria energia. Per mezzo del Wing Tjun si può ritrovare anche la serenità perduta, l’equilibrio e, perché no, la saggezza.

I principi base del "trapping"

Intrappolare, catturare, fare prigioniero...questo è il senso del verbo inglese to trap. Nel Wing Chun viene utilizzato molto, ovviamente in area anglofona in maniera preponderante, soprattutto per l'uso che ne fece un certo Bruce Lee (sul suo nome originale sarà interessante scrivere qualcosina in seguito)...

I principi di base del trapping nel Wing Chun sono 5:

1) Afferrare (ad es. Lap Sao o Kam Na Sao) e colpire;
2) Agganciare (ad es. Kau Sao o Huen Got Sao) e colpire. Questo controllo del braccio avversario avviene senza afferrarlo saldamente con le dita (come si fa con il Lap Sao, ad es.). Non a caso il Kau Sao viene tradotto con "mano/braccio che scava";
3) Schiaffeggiare o creare uno shock (ad es. Pak Sao) e colpire;
4) Premere (ad es. Gum Sao) e colpire;
5) Serrare (tutti i movimenti che servono a bloccare l'arto avversario tra il nostro braccio e il corpo) e colpire.

Un codice etico in ogni Kwoon

Ormai è un bel po' che ci penso...in ogni scuola (Kwoon) va esposto un codice etico da rispettare. Un regolamento impone all'allievo delle norme minime, che sono più relative all'educazione che all'etica marziale. Io, invece, sto proprio pensando ad un vero e proprio codice etico per tutti i praticanti di Kung Fu.

Sto pensando a dichiarazioni di intenti di questo tipo...

Non è importante a quale associazione o federazione sei iscritto. L'importante è il lavoro duro su te stesso.

Chi, praticando Wing Chun, suda solo d'estate, quando ci sono 35 gradi, non ha capito granché di quello che stiamo facendo. Quando la mente si concentra, il corpo si concentra. Non si può uscire dal Kwoon con la maglietta asciutta.

Chi rifugge lo sparring non ha capito che il Wing Chun è anche un sistema di combattimento. I tesori di Siu Lam sono tre, conserviamoli tutti.

Chi non è mai andato a casa con i lividi, graffi o ferite di qualche genere non ha mai sperimentato le tecniche e quindi non sa cosa possa essere un combattimento realistico.

Amo chi si allena duramente per raggiungere un obiettivo.

Amo chi studia poche tecniche a lezione e poi passa il resto del tempo a sudare applicandole.

Amare il Wing Chun non significa essere un fanatico ottuso! Non è l'arte mariale suprema, perché non ne esiste una.

Credo nei principi del Wing Chun, perché nelle esperienze reali mi aiutano ad affrontare i problemi.

Aggiungiamone altri insieme...

lunedì 25 maggio 2009

Liberati della tua forza II

Sicuramente l'uso del termine "liberati" presuppone l'esistenza di un vincolo, di un impedimento, di una costrizione. Forse questo vincolo è rappresentato dalla forza - se vogliamo "rozza", "rigida" e "statica" -, che impedisce il fluire dell'energia, consentendo all'avversario di "aggrapparsi" ad essa, trovando un valido appiglio nel combattimento. Probabilmente, il fatto di vivere in questo tipo di società implica anche tutta una serie di acquisizioni negative, come, per esempio, l'utilizzo della forza per la risoluzione delle contraddizioni. Liberarsi della propria forza è anche un passaggio filosofico che implica il dimenticare se stessi ovvero estraniarsi dall'azione in sé. Sicuramente avrete notato come i migliori Maestri utilizzino meno forza rispetto agli allievi, proprio perché sono arrivati a questa consapevolezza: solo la presenza di energia genera la reazione fluida e flessibile, mentre la forza, al contrario, genera staticità e discontinuità.

Per controllare l'attacco dell'avversario non dobbiamo opporre resistenza muscolare e di potenza, ma essere morbidi e sinuosi, come il serpente. Dobbiamo imparare a muoverci caso per caso, secondo la sensibilità che acquisiamo con l'allenamento, da una parte, e con la consapevolezza che la nostra forza è solo un impedimento.

La metafora dell'acqua è fondamentale per capire il concetto espresso. Una volta divenuti acqua, ogni piccola insenatura verrà riempita dalla nostra energia, non rimarrà spazio per il vuoto e, nel caso si incontri una buona struttura dell'avversario, si creerà un equilibrio stabile, ci ritroveremo a inondare i suoi difetti o ad essere ben incollati alla sua stabilità, cercando di toglierla. Non a caso "se la strada non è libera incollati al tuo avversario", recita un altro motto legato alla strategia del combattimento.

Liberarsi della propria forza significa anche far scomparire la contrazione muscolare dovuta al nervosismo, alla rabbia, allo stress della vita quotidiana. Ecco che un principio della forza può avere una lettura filosofica ed esistenziale, che ci aiuta ad abbandonare lo stato mentale di disequilbrio per proiettarci in uno stato di assorbimento, di ricezione e di percezione delle forze esterne, alle quali saremo in grado di rispondere. Un corpo rilassato segue una mente rilassata. Un corpo libero segue una mente libera.

L'ergia che si crea nella stabilità non è rigida, perché il corpo non è mai fermo. Il movimento è la chiave per la stabilità, anche se è un movimento interno. Ma ricordiamo pure che non si può essere stabili nel movimento se non se trova e non si sa essere stabili nella fase statica. Questo è un punto dirimente rispetto ad altri lineage. Se non testiamo la nostra capacità da fermi, non potremo passare ad analizzarla in movimento. Non passando per questo step, rischiamo di creare movimenti senza stabilità, ricercando solo la velocità di spostamento - esterno -, non dando spazio alla ricerca della stabilità posturale - interno -.

Nel fare Chi Sao, per esempio, bisogna mantenere sempre l'equilibrio generale, dato dalla distribuzione del peso, dall'angolazione, dalla posizione degli arti, dalle pressioni, etc. L'equilibrio generale deve mantenersi per tutta la durata dei movimenti. Però, fateci caso, il Chi Sao viene utilizzato nel momento in cui l'allievo ha preso coscienza della stabilità, perché senza questa, non sarebbe possibile durare un secondo di fronte ad un'altra persona. Ecco perché ne facciamo il cardine dello studio dei primi anni di apprendimento!

Andiamo ad analizzare lo scaricamento a terra della forza.

Partiamo dal presupposto che un corpo scarica naturalmente la forza a terra, sia che si muova sia che stia fermo, perchè è la struttura del corpo che porta le forze a scaricarsi - vedi i discorsi intorno alla colonna vertebrale fatti in altri articoli -. Nel momento in cui si rivolge la propria forza all'avversario (ad esempio "assorbendo" con un braccio e colpendo con l'altro) si scarica forza a terra, perché il movimento rotatorio può avvenire solo se c'è una buona stabilità. Lo scaricare a terra ha proprio il senso del radicamento, di cui abbiamo già parlato. Il radicamento è la sensazione di essere in equilibrio che si prova quando si assorbe la forza avversaria o quando si crea stabilità in assenza di forze (visibili).

Nel momento in cui impariamo a scaricare a terra l'energia entrante, grazie all'utilizzo delle corrette angolazioni, al cambio di peso su una gamba o sull'altra, al sistema osseo, articolare e tendineo-muscolare, ecco che possiamo accedere agli esercizi in movimento dedicati al combattimento. Non sto qui a spiegare come ci si libera della propria forza attraverso l'uso delle componenti appena descritte, ma vorrei solo richiamare alla mente il fatto che ogni esercizio posturale serve proprio a questo, ad imparare a liberarsi delle tensioni muscolari e della propria forza in generale, donando a terra ciò che non occorre. Vedremo successivamente come donare al cielo ciò che riprendiamo da terra.

Questo principio, in sostanza, è fondamentale, poiché solo attraverso lo sviluppo di esso è possibile rendere applicabili i tre principi successivi. Liberarsi della propria forza significa fare in modo che essa non rappresenti un ostacolo tra noi e il nostro avversario. Diventa fondamentale rendere la propria muscolatura flessibile e rilassata, in modo tale da sviluppare un'energia tale da essere paragonabile a quella di un'onda d'acqua. Tutto questo è possibile svilupparlo attraverso lo studio e la pratica della prima forma Siu Nim Tao, per iniziare.

Parte precedente

domenica 24 maggio 2009

Liberati della tua forza I

"Liberati della tua forza" risulta essere una delle armi vincenti per affrontare il Chi Sao ("mani appiccicose", uno degli esercizi propri dello stile), ma non solo. Approfondiamo l'argomento.

Anzitutto, partiamo dalla considerazione che
l'energia non è la forza. L'energia è un concetto interiore che si può esprimere esteriormente anche senza l'utilizzo della forza, anzi, spesso e volentieri è proprio l'assenza di forza a donare l'energia necessaria e sufficiente per affrontare un combattimento. Quando costruiamo un ponte (Kiu) tra noi e l'avversario, creiamo una pressione energetica. Quando la forza prende il sopravvento sulla pressione si dà uno stimolo all'avversario, che avrà maggiori possibilità di liberarsi di noi e della nostra forza. Ecco perché bisogna sempre togliere la forza durante il contatto, ma creare la giusta tensione tendinea e muscolare, che ci permetta di controllare e gestire sia il nostro equilibrio, sia le forze avversarie in entrata.

Ora, in molti si chiedono se il punto di contatto-pressione debba essere quello in cui si concentra l'energia. La risposta ovvia dovrebbe essere "assolutamente sì, in assenza di forza", ma risulterebbe di difficile comprensione. Ecco, allora, che dobbiamo analizzare la questione senza frasi fatte, per permettere la comprensione di questo principio di straordinaria importanza.
Liberarsi della propria forza signica non dare stimoli all'avversario, creare il vuoto. Nel punto di contatto deve concentrarsi l'energia, cioè l'attenzione interna del praticante, non certo la forza. Contrapporre forza a forza equivale ad escludere la possibilità di azione da entrambe le parti. Allora, come si reagisce ad uno stimolo su un punto di contatto? Si elimina la forza, si crea un equilibrio di energia, si risponde con un attacco Yang o con un attacco Yin - avete letto bene, un attacco Yin! - e poi si ritorna in una posizione di equilibrio.

Liberarsi della forza non signifa essere debole o "svuotarsi" (quante volte l'avremo sentita questa parola?!) ad ogni attacco, come viene mal interpretato altrove, ma, più correttamente, impedire alla propria forza muscolare di bloccare la fluidità dell'energia, convigliandola in un solo punto. Ecco, questo mi sembra importante da sottolineare. Ciò significa che la forza va utilizzata nella giusta maniera ovvero attraverso linee di forza poste su angoli specifici, ma all'interno di un lavoro posturale, alla ricerca dell'equilibrio, della stabilità e dell'elasticità del movimento, altrimenti sarebbe inutile praticare la nostra stupenda arte marziale.

Credo che questo principio di cui parliamo sin dai primi giorni nella palestre sia importante per sottolineare il concetto di "fluire", di "fluidità", di "armonia". Ricordiamoci sempre che il nostro obiettivo è quello di diventare "acqua", la sostanza che scorre dolcemente o impetuosamente, con la sua carica esplosiva e devastante, sia nella sua componente, la goccia (che scava la roccia), sia nella sua interezza, che distrugge e travolge.

Non dobbiamo permettere che le nostre reazioni istintive e piene di forza ci facciano bloccare. È p
ur vero che dobbiamo usare i muscoli, ma in modo adeguato, verso delle direzioni e delle linee di forza ben precise, che ci rendano in grado di cambiare le stesse linee, mantenendo la pressione costante, evitando i buchi, tenendo vivi i ponti che abbiamo instaurato ed affondando quelli costruiti dall'avversario. Solo in questo modo possiamo fluire. Ecco perché utilizziamo in maniera preponderante la catena muscolare posteriore dei dorsali, dei tricipiti e degli stabilizzatori della spalla, con particolare attenzione a non utilizzare eccessivamente bicipiti, pettorali e spalle. Ora, però, è anche importante liberarci dalla teoria troppo "muscolare", perché rischia di essere controproducente per il praticante. Non vi fossilizzate mai su un muscolo o su un altro. Abbiate una visione olistica, totale, del corpo.

Approfondiamo un momento la questione legata alla forza, alla pressione e alla sensibilità. Partiamo dal presupposto che, secondo la mia esperienza, solo durante lo studio del
Chi Sao si comprende, si affina e si percepisce realmente ed adeguatamente. Nel Chi Sao possiamo approfondire il significato di forza, pressione, stabilità e sensibilità, morbidezza e flessibilità.

Con il termine forza (Li) io intendo l'utilizzo della muscolatura, che permette di sviluppare l'esplosività verso l'avversario, appena si presenta l'occasione, ovvero la quantità di energia sprigionata con un colpo. Ovviamente la forza è allenabile oltre l'Arte in sé, anche mediante l'utilizzo di pesi, esercizi fisici e mirati alla crescita muscolare. Molti ritengono errato usare il termine "forza", perché pensano che la potenza dei colpi debba essere solo di natura tendinea. Io, invece, penso che la muscolatura debba essere usata nella giusta misura: la forza deve essere il risultato della tensione dinamica della muscolatura che viene liberata quando scompare l'ostacolo, oppure quando prendiamo un angolo favorevole. La tensione è indotta in parte da noi (la pressione), in parte dall'avversario, che con il suo attacco carica le nostre "molle". Solo col movimento del corpo si può formare un attacco completo e non solo di natura muscolare.

Con
pressione, invece, intendo l'energia costante sviluppata verso l'avversario, che permette di rimanere in equilibrio e di sbilanciare chi abbiamo davanti. La pressione non utilizza movimenti muscolari di potenza, ma con il solo fluire dell'energia sprigionata dalla corretta postura e dal giusto utilizzo della colonna vertebrale - nonché dall'allungamento tendineo -, aiutandosi con il corretto uso degli angoli di attacco, permette di mantenere una costante energia, che crea un'aurea intorno al praticante, come se fosse immerso in una sfera. La pressione nasce spesso dal corretto utilizzo del gomito e dell'incastro dell'articolazione scapolo-omerale, ma non solo. Non complico ulteriormente il punto, altrimenti rischiamo di entrare in un campo minato.

Con
sensibilità, infine, intendo la capacità di sviluppare una risposta fluida e flessibile agli impulsi emanati dall'avversario, senza mai lasciar da parte gli altri due concetti di forza e pressione. Probabilmente il concetto di sensibilità è quello più frainteso (o dibattuto, dipende dai punti di vista) dai praticanti di Wing Chun di tutti i lineage. Secondo me non deve esistere una sensibilità consapevole. La nostra azione non deve essere il risultato di un processo logico (input-elaborazione-output), ma il frutto di reazioni spontanee di una struttura muscolo-scheletrica abituata ad operare secondo certi principi. Per non appesantire troppo la questione, diciamo che la sensibilità non deve essere un "programma" (processo logico) che gira nel nostro computer (cervello), bensì il "sistema operativo" (struttura). Ad ogni modo credo che l'idea di sensibilità epidermica sia una conclusione cui si è arrivati per cercar di far capire il concetto ai giovani praticanti Wing Chun, ma che li abbia portati ad un erroe grossolano. In breve, ritengo che la sensibilità "a pelle" sia una sciocchezza: come conferma, vi chiedo di provare a fare Chi Sao con le braccia bagnate dal sudore. Lì scompare ogni capacità semplicemente tattile ed entrano in gioco solo le capacità del vostro sistema. Bisogna capire quello che avviene 'ascoltando' l'aumento o la diminuzione delle tensioni muscolari e, in base ai cambiamenti, avere la capacità di lavorare sugli angoli di attacco, modificando le articolazioni in maniera corretta. Dal duro - non rigido -, spesso, nasce il morbido - non debole -. Da qui, un principio che non tratto qui, ora.

Continua...

sabato 23 maggio 2009

Un dizionario per la pratica...

Sto lavorando da qualche mese alla redazione di un glossario completo ed esauriente di tutti i termini cinesi (in dialetto cantonese) che dovremmo conoscere. Sto cercando di limarlo e di adattarlo per una comprensione anche intuitiva di ciò che si legge. Mi piacerebbe anche corredarlo di foto, in modo da farne un piccolo manualetto che non mi pare che esista né in commercio né sul web - tranne qualche lodevole iniziativa che potete facilmente trovare -.
Mi piacerebbe sapere dagli eventuali interessati quali sono le richieste più frequenti in merito alla conoscenza dei nomi tecnici, dei principi e delle parole che vengono comunemente utilizzate. Cosa vorreste sapere da una dizionario minimo di Wing Chun, per inderci?
La sistematizzazione del piccolo dizionario deve comportare anche un ordinamento. Per ora ho optato per un ordinamento tematico. Per esempio, "tecniche di braccia", "principi", etc. Vorrei poter razionalizzare ancora di più il piccolo volumetto, ma non credo che sia utile il semplice ordinamento alfabetico. Vedrò a lavoro completato se sarà utile o meno metterlo alla fine.
Come fare, però, con le innumerevoli traslitterazioni e romanizzazioni? Mah, io penso che sia giusto romanizzare i vocaboli così come li usiamo tra di noi, in palestra e durante gli allenamenti. Ad esempio, utilizzo sempre Cham Sao e non Jam Sao, Jum Sao o Sau. Che significa? Significa che sarà bene chiarire sin dal principio che i nomi utilizzati sono tutti corretti e tutti allo stesso tempo sbagliati, perché tentano di romanizzare un ideogramma, dopo averne sentito la pronuncia in cinese (nelle varianti mandarino e cantonese, quest'ultima più usata nell'ambiente del Wing Chun). Un'opera ardua, ma con l'aiuto di varie persone sto tentando di venirne a capo.
A chi è dedicato questo volumetto? Ai miei ragazzi ovvero a tutti quelli che quotidianamente si allenano insieme a me, a tutti quelli che non vogliono solo leggere le informazioni sui libri o tramite i dvd, ma che lavorano duramente per ottenere abilità speciali (veri e propri praticanti di Kung Fu, insomma).
Nella rete? Penso che nella rete inserirò qualcosa, ma non credo che pubblicherò tutto il lavoro, perché non credo che tutti si meritino di avere questi strumenti a disposizione. Certe cose bisogna guadagnarsele...
In passato ho pubblicato sul sito del mi0 Sifu Stefano una probabile storia delle origini del Wing Chun, ma oggi, alla luce delle mie piccole ricerche, non penso che la scriverei nello stesso modo, perché ho avuto modo di accedere ad altre fonti, di altri lineage e in pochissimi mi hanno confermato quella storia (meglio, leggenda). Sarà bello condividere un po' di questo materiale con gli amici del blog.
Per ora, che dirvi? Si continua a lavorare duramente...

PS: un saluto ed un abbraccio a tutti i fratelli di Wing Chun che condividono con me l'amore per la natura, l'allenamento e l'amicizia.

venerdì 22 maggio 2009

Chi sono - Aggiornato il 20/05/2012


Alcuni amici che hanno dato un'occhiata al blog mi hanno chiesto di mettere qualcosa in più si di me e sulla mia esperienza marziale. Effettivamente un bel "Chi sono" andava proprio scritto!

I miei studi nel campo delle discipline orientali nascono (quasi per caso) con lo studio di tematiche legate alla cultura cinese ed indoeuropea in generale. Passando attraverso le letture dei classici della letteratura cinese (prima) e giapponese (poi), per merito di un amico fraterno sono venuto a sapere che esisteva questa strana arte marziale, che nessuno conosceva: il Wing Tsun. 

Era il 1998 e si trattava dell'organizzazione italiana WTOI (Wing Tsun Organizzazione Italia), legata alla IWTO (Internazional Wing Tsun Organization) del GM Leung Ting, tramite la EWTO (European Wing Tsun Organization) del GM Keith R. Kernspecht. Il primo insegnante che conobbi e con cui iniziai a praticare con poca assiduità fu SiFu Michael Fries, un vero mostro sacro di quest'arte marziale, almeno per quanto riguarda Roma, l'Italia e la Germania. 

Durante il '99, non ho mai saputo per quale motivo, la Scuola (vicino alla metro Subaugusta) passò in mano a SiHing Roberto De Rossi, un insegnante di primo livello tecnico (WTOI). Nel  settembre del 1999 iniziai a frequentare più seriamente, infatti il mio primo tesserino riporta quella data come ingresso nell'organizzazione. Le cose non andarono come speravo, perché non riuscivo a fare grandi passi in avanti. 

Si sentiva la mancanza di SiFu Fries - che veniva sempre più raramente - e di un approccio olistico all'arte marziale. Così, un po' per fortuna, un po' per la caparbietà che ci misi per trovare un buon insegnante, trovai, insieme all'amico Damaso, SiHing Stefano Lucaferri (II grado tecnico della WTOI) in una palestra di Morena (Roma). Era il 2001. Ricominciai a studiare da capo, soprattutto perché non avevo la benché minima idea di cosa fosse l'utilizzo del corpo. Grazie all'iniziale passione di Stefano sono riuscito ad acquisire quelle conoscenze di base che mi hanno portato a concentrare gran parte delle mie giornate proprio nell'allenamento e nello studio del Wing Chun.
 
Nell'aprile del 2004 sono entrato ufficialmente nell'IWKA (International WingTjun KungFu Association) di SiFu Sergio Pascal Iadarola, allora già settimo grado "practician" (non credo ci sia una buona traduzione italiana per il termine, diciamo che si intende il praticante esperto, il Maestro che pratica), sotto la supervisione di SiFu Gianluca Romano. Che dire? Al primo stage cui partecipai con il gruppo di Roma di Stefano presi una marea di bòtte. SiFu Sergio era già potentissimo, velocissimo e precisissimo! 

Si aprì un vero mondo, perché SiFu Sergio e tutti i suoi insegnanti (all'epoca c'erano SiFu Massimo Fiorentini, SiFu Gianluca Romano, SiFu Cesario Di Domenico, etc.) erano davvero preparatissimi, nonché di una precisione nelle spiegazioni che nella precedente esperienza nemmeno mi sognavo! All'interno della nuova organizzazione ho avuto modo di conoscere non solo i programmi e le tecniche di braccia, di gambe, di gomiti e di ginocchia, ma l'uso e la gestione del corpo, dedicandomi per più di un anno allo studio della postura e della flessibilità corporea, come mai avevo fatto prima, rinunciando a prendere "gradi" e ad avanzare con i programmi. Del resto, senza l'uso del corpo, le tecniche a cosa servirebbero?! 

 Dal 2006 ho approfondito alcune parti del sistema con SiFu Franco Giannone di Novara (5° livello Master dell'IWKA), ma sempre insieme al mio Insegnante, fino al 2008. Nel 2009 ho rotto con il mio Insegnante e con gran parte dell'ambiente malsano del Wing Chun, sia per motivi tecnici, sia per questioni etiche. Dal 2008 ho iniziato ad insegnare con vero piacere! Certe volte si hanno più soddisfazioni quando trasmetti qualcosa, rispetto a quando lo impari... 

Ad ogni modo, il 2009 non è stato proprio piacevole, nonostante la gioia di avere ragazzi in gamba insieme a me, sia perché ho scoperto cose che davvero non avrei voluto sapere (ancora una volta capisco che non si finisce mai di conoscere abbastanza le persone), sia perché ho avuto un'avventura spiacevole con un gruppetto di persone con cui lavoravo. Non ne parlo, perché è una ferita ancora aperta. 

Ho lavorato in alcuni seminari per gradi tecnici con SiFu Pietro D'Alesio di Aversa (Sesto Grado Pratico nell'Yip Man Wing Tjun dell'IWKA, nonché fondatore dell'Italian Wing Chun Federation) e con SiFu Lucio Riccio (Quinto GP) allievi del Gran Maestro Sergio Iadarola. Ho avuto l'occasione di lavorare direttamente anche con SiFu Sergio, nel marzo del 2009, ma non ho avuto fondi a sufficienza per potermi pagare le lezioni ad Amsterdam, a parte il fatto che non condividevo e tuttora non mi piace il suo modo di fare, sia personale che marziale. 

 Dall'aprile 2009 al luglio 2010 ho studiato stabilmente con SiFu Massimo Fiorentini (fondatore dell'associazione IDPA), sia per approfondire il sistema di SiJo Leung Ting (senza le mediazioni europee...), sia per studiare alcune cose del Weng Chun Kung Fu insegnato da SiGung Andreas Hoffmann. Ho militato fino all'ottobre 2010 nell'IDPA, dalla quale sono uscito per divergenze di varia natura con il Presidente. 

Il 22 maggio 2010 sono stato insignito dell'onorevole titolo di Maestro di Kung Fu dallo C.S.A.In., Ente di Promozione Sportiva riconosciuto dal C.O.N.I..



Ho partecipato a lezioni o seminari di SiFu Nunzio Nastasi, SiFu SiFu Riccardo Vacirca, SiFu Franco Giannone, SiFu Sergio Iadarola, SiFu Andreas Hoffmann, SiFu Roberto Blandino, SiFu Vito Armenise, SiFu Yuri Morelli, SiFu Paolo Russo, SiFu Paolo Girone, SiFu Enrico Palmentieri, SiFu Fabrizio Sisto, traendo da ognuno insegnamenti importanti. Ringrazio tutti per avermi lasciato qualcosa, chi più chi meno. 

Ora sto continuando ad allenare tutto quello che ho imparato finora, con ragazzi molto volenterosi e con un piccolo gruppo di praticanti esperti, per poter continuare questa avventura decennale. Dal novembre 2011 sono Allievo diretto (quinta generazione) del Gran Maestro Lin Xiang Fuk, della famiglia Hek Ki Boen, della quale sono onorato di far parte e di rappresentare in Italia. Nel gennaio 2013 ho fatto il mio Bai Shi al Maestro Lin, che mi ha accettato nella cerchia dei suoi Discepoli. Dal successivo febbraio, ho deciso di intraprendere il sentiero del professionismo, insegnando ai miei Allievi full time. 

Da maggio 2012 ricopro la carica di Responsabile Regionale Kung Fu dello C.S.A.In., con la fiducia concessami dal Presidente Regionale, Marcello Pace, che non finirò mai di ringraziare, e mi adopero per la costruzione di un settore sportivo all'interno dell'Ente, che possa portare maggiore professionalità, rigore e benessere all'interno del variegato mondo del Kung Fu.

Benvenuto!

Benvenuto, caro visitatore!
Se sei approdato in questo isolotto della rete significa che: 1. sei un appassionato di Wing Chun e ci sei capitato tramite una ricerca sul web; 2. sei un mio amico e mi stai facendo una cortesia; 3. sei capitato qui per caso e ti stai domandando cosa ci faccia tu qui...
In ogni caso, caro visitatore, sei appena arrivato sul mio blog, appena aperto.
Questo diario di bordo virtuale rappresenta una vera e propria raccolta di appunti, perché penso che il mondo che ruota attorno al Kung Fu - in special modo al Wing Chun - sia davvero in cattive condizioni, sia dal punto di vista conoscitivo, sia da quello economico. Che intendo dire? Te lo spiego subito.
Dopo anni di pratica in una o due grandi federazioni internazionali, anche in Italia c'è stato un boom di fuoriuscitismo, di fondazione di nuove Scuole, di interpretazioni personali dell'arte marziale e, soprattutto, di insegnanti improvvisati, magari con curriculum totalmente inventati, tanto per fare un po' di scena con gli ignari allievi. A me questo stato di cose fa veramente paura, soprattutto perché si stanno perdendo tutti e tre i tesori che ci sono giunti dal Tempio di Siu Lam (o Shaolin).
L'improvvisazione ha provocato una perdita sempre più consistente di concetti e principi, dando spazio solo ad esercizi ripetuti mille volte, ma privi di senso.
Non parliamo del punto di vista economico! Il Wing Chun è stato trasformato in un'arte marziale per soli ricchi! Se non sei un ricco figlio di papà puoi scordarti di raggiungere le vette della conoscenza di questo sistema. Ogni cosa deve essere pagata, è un vero schifo!
Ora, il lettore più interessato si starà domandando: "e allora? Che si fa?". Bene, io penso che ci sia assoluto bisogno di abbattere il sistema mercantile che sta dietro a quest'arte marziale. Come? Anzitutto creando dei corsi seri in palestra, con una didattica precisa, con una disciplina ferrea e con programmi ben strutturati, affinché gli allievi riescano a percorrere la strada della conoscenza senza dover ricorrere alle lezioni private.
Secondo poi, penso che sia giusto continuare sempre a mettersi alla prova, anche quando si insegna. Se l'insegnante disdegna lo sparring, allora c'è qualcosa che non va.
Il discorso è lungo ed avremo modo di affrontarlo insieme, in modo da tentare di lanciare un segnale a tutta la rete, a tutti gli insegnanti ed a tutti i praticanti di Wing Chun.
Qual è il mio obiettivo principale? Tentare di arginare il settarismo, che è la morte di questo sistema!