Se la nostra forza è una sorta di materia che dall'interno viene proiettata all'esterno, la forza dell'avversario tende a compiere l'inverso, a entrare in noi, nella nostra colonna vertebrale, nel nostro centro. Dunque, queste due forze vanno in direzioni opposte, la mia da dentro a fuori, l'altra da fuori a dentro.
Per
liberare intendiamo "evitare che questa sia dentro l'organismo"; sarà quindi necessario impedire l'ingresso della forza dell'avversario senza smettere di proiettare la propria (per non violare
il primo principio della forza). Tuttavia, se le due forze si incontrassero in modo frontale difficilmente potremmo applicare il primo principio: è come se una persona volesse uscire da una stanza e l'altra volesse entrare; se entrambe cercassero di farlo contemporaneamente e in modo frontale probabilmente nessuno dei due riuscirebbe nel suo intento, continuerebbero solo a spingersi, utilizzando la forza grezza - che noi vogliamo quantomeno raffinare -. Quindi è necessario che la forza dell'avversario non entri senza che ciò sia conseguenza di uno scontro frontale tra le forze.
Le possibilità quindi sono due:
1. La forza dell'avversario non entra, ma non incontra la mia forza (creo il vuoto);
2. La forza dell'avversario non entra, incontra la mia forza, proiettata all'esterno con un angolo diverso da quello dell'attacco.
L'esistenza stessa del terzo principio ("
se la forza dell'avversario è maggiore, cedi") lascia presupporre che l'incontro possa benissimo avere luogo, dunque sono entrambe possibili. La prima ipotesi si verificherà quando il mio corpo non sarà allineato rispetto alla forza dell'avversario (vedi il
footwork), mentre la seconda quando si riuscirà a deflettere la forza dell'avversario proiettando la propria con un angolo diverso, senza che le due si scontrino frontalmente (vedi il
cuneo o la
piramide e le tecniche
yang).
"
Liberati della forza del tuo avversario" per me significa non rimanere schiacciato, non andare ad applicare la forza contro la forza, ma usare la propria dove non c'è quella dell'avversario, cercando, ovviamente, di trovare un varco. Liberarsi della propria forza però,
come abbiamo già detto giorni fa, non significa essere "mosci" o cedevoli in ogni caso. La liberazione deve avvenire attraverso principi e concetti precisi. Un conto è liberarsene non curandosi troppo di che fine fa questa forza, un altro è liberarsene mantenendo un controllo e riuscendo ad utilizzarla a nostro vantaggio.
Per alcuni il principio di cui stiamo parlando
significa "portar fuori" l'energia dell'avversario, mentre per altri vuol dire "non essere davanti all'avversario". Molti descrivono il
Chi Sao come una tecnica attraverso la quale il più abile dei due crea il vuoto sulla spinta dell'avversario, una sorta di "smaterializzazione" prima dell'attacco... Angoli ben disposti e pressioni ben ripartite conducono "fuori" la forza dell'avversario. Il problema è che il nostro livello di conoscenza e di applicazione spesso non è adeguato e crea appigli cui l'avversario tende ad attaccarsi, lasciando il modo di trovare un varco nella nostra
sfera.
In alcuni
lineage si ritiene che per liberarsi della forza avversaria sia necessaria una rotazione completa del busto - vecchi ricordi... -, cosa che permetterebbe l'uscita della forza avversaria dalla
linea verticale (e, di conseguenza, dalla
linea centrale). Ebbene, alla luce della mia esperienza, non posso che "mettere da parte" - uso un'eufemismo - questa teoria, che tanti danni ha provocato nella stabilità dei praticanti, che eseguivano la rotazione di 90° senza alcun radicamento al suolo. Ruotare il busto su una sola gamba, se non in casi eccezionali e con i dovuti accorgimenti, equivale a lasciarsi scaraventare da chiunque conosca un minimo di concetti di
pliometria!
Torniamo a noi. Nel momento in cui intendete liberarvi delle altre forze esterne, ricordatevi di non avvicinare troppo i gomiti al corpo, perché rischiate di rimanere schiacciati. Questo è un altro brutto ricordo che in molti si portano dietro, ma è anche un altro dei bagagli - o zavorra? - da buttare in mare. Significa che le braccia non devono cedere all'indietro? Ovviamente no, ma è importante che l'angolo del gomito, tra avanbraccio e bicipite (per intendersi), non superi la soglia minima dei 90°, dopo la quale solo gomitate o
shock di altro tipo possono salvare la pelle.
Partiamo dal presupposto che per apprendere la meccanica dello scaricamento del peso o, meglio, per liberarsi della forza dell'avversario dobbiamo dapprima capire cosa significhi effettivamente liberarsi della propria forza e da tutte quelle reazioni istintive che portano contrazioni muscolari in una situazione dove avvengono delle sollecitazioni sulle nostre braccia o sul nostro corpo in generale. Solo dopo aver compreso il primo concetto legato alla forza possiamo capire il secondo.
Liberarsi della forza dell'avversario è un modo effettivo di concepire come sfruttare (liberandosene) le linee di forza che il nostro avversario imprime (attaccandoci) a nostro completo vantaggio. Attraverso una struttura costruita in maniera corretta, le nostre braccia riusciranno a percepire tutti i flussi e linee di forza dell'avversario, scaricando tutta l'energia avversaria verso il terreno, attraverso tutto il corpo, per poter poi contrattaccare in maniera dinamica, nel momento in cui la sua forza, da noi scaricata, è pari a zero (ribaltando quindi la situazione a nostro completo favore ed applicando il quarto principio della forza). Se posso permettermi di consigliare una cosa pratica, vi suggerisco di scaricare inizialmente la forza avversaria in diagonale rispetto al corpo: se l'attacco è verso il braccio destro, scaricate il peso (e la forza) sul tallone sinistro e viceversa per un attacco a sinistra. Tramite questo esercizio di base, potrete allenarvi a scaricare le forze in entrata. L'esercizio può esser fatto anche con spinte direttamente sul corpo o sulle braccia.
Questo principio, ci svela un'altra particolarità del sistema, quella di non opporre mai resistenza (composta da forza grezza) all'avversario. Liberarsi della forza del proprio avversario significa appropriarsi della sua stessa forza per poterla poi sfruttare a nostro vantaggio nel combattimento. La forza del nostro avversario non deve rappresentare un ostacolo per la nostra azione. Anche solo con la Siu Nim Tao siamo in grado di sviluppare i principi che ci consentono di convogliare nel nostro corpo la forza dell'avversario, di accumularla e di trasformarla in energia esplosiva nel momento in cui entriamo in azione per attaccare.
L'applicazione del principio che stiamo trattando è un importante elemento di distinzione tra i vari
lineage, essendo strettamente correlato al modo con cui si assorbe l'energia avversaria. Ricevuta l'energia dell'avversario, un pugno o altro, noi utilizziamo i nostri principi e le varie strategie (
Kiu Sao) per prendere il primo contatto (pugni, etc.), creando il nostro ponte (
Kiu) e cercando di affossare il suo (
Cham Kiu). Da qui si aprono vari scenari. Alcune volte è sufficiente scaricare il peso su un piede, altre applicare una piccola rotazione del busto, altre ancora un passo. Allontanati, in qualche modo, dal punto di pressione - "sgonfiati" -, con il baricentro abbassato ed arretrato, possiamo decidere cosa fare. Ma per oggi mi fermo qui, perché stiamo trattando il secondo principio. Per liberarsi della forza avversaria, non dobbiamo smettere di avere pressione verso chi ci attacca (punti di contatto, linee di forza, etc.), come ci spiegano tanti istruttori di altri
lineage, ponendo solo "forza in avanti" - non si sa dove -. Semmai dobbiamo rimanere appiccicati al punto di contatto e dobbiamo fare in modo di non far entrare la spinta o l'attacco dell'avversario nella nostra struttura, altrimenti rischiamo di perdere l'equilibrio e, di conseguenza, di non riuscire a togliere di mezzo la sua forza. La stabilità è fondamentale, non dimentichiamocelo!