domenica 24 maggio 2009

Liberati della tua forza I

"Liberati della tua forza" risulta essere una delle armi vincenti per affrontare il Chi Sao ("mani appiccicose", uno degli esercizi propri dello stile), ma non solo. Approfondiamo l'argomento.

Anzitutto, partiamo dalla considerazione che
l'energia non è la forza. L'energia è un concetto interiore che si può esprimere esteriormente anche senza l'utilizzo della forza, anzi, spesso e volentieri è proprio l'assenza di forza a donare l'energia necessaria e sufficiente per affrontare un combattimento. Quando costruiamo un ponte (Kiu) tra noi e l'avversario, creiamo una pressione energetica. Quando la forza prende il sopravvento sulla pressione si dà uno stimolo all'avversario, che avrà maggiori possibilità di liberarsi di noi e della nostra forza. Ecco perché bisogna sempre togliere la forza durante il contatto, ma creare la giusta tensione tendinea e muscolare, che ci permetta di controllare e gestire sia il nostro equilibrio, sia le forze avversarie in entrata.

Ora, in molti si chiedono se il punto di contatto-pressione debba essere quello in cui si concentra l'energia. La risposta ovvia dovrebbe essere "assolutamente sì, in assenza di forza", ma risulterebbe di difficile comprensione. Ecco, allora, che dobbiamo analizzare la questione senza frasi fatte, per permettere la comprensione di questo principio di straordinaria importanza.
Liberarsi della propria forza signica non dare stimoli all'avversario, creare il vuoto. Nel punto di contatto deve concentrarsi l'energia, cioè l'attenzione interna del praticante, non certo la forza. Contrapporre forza a forza equivale ad escludere la possibilità di azione da entrambe le parti. Allora, come si reagisce ad uno stimolo su un punto di contatto? Si elimina la forza, si crea un equilibrio di energia, si risponde con un attacco Yang o con un attacco Yin - avete letto bene, un attacco Yin! - e poi si ritorna in una posizione di equilibrio.

Liberarsi della forza non signifa essere debole o "svuotarsi" (quante volte l'avremo sentita questa parola?!) ad ogni attacco, come viene mal interpretato altrove, ma, più correttamente, impedire alla propria forza muscolare di bloccare la fluidità dell'energia, convigliandola in un solo punto. Ecco, questo mi sembra importante da sottolineare. Ciò significa che la forza va utilizzata nella giusta maniera ovvero attraverso linee di forza poste su angoli specifici, ma all'interno di un lavoro posturale, alla ricerca dell'equilibrio, della stabilità e dell'elasticità del movimento, altrimenti sarebbe inutile praticare la nostra stupenda arte marziale.

Credo che questo principio di cui parliamo sin dai primi giorni nella palestre sia importante per sottolineare il concetto di "fluire", di "fluidità", di "armonia". Ricordiamoci sempre che il nostro obiettivo è quello di diventare "acqua", la sostanza che scorre dolcemente o impetuosamente, con la sua carica esplosiva e devastante, sia nella sua componente, la goccia (che scava la roccia), sia nella sua interezza, che distrugge e travolge.

Non dobbiamo permettere che le nostre reazioni istintive e piene di forza ci facciano bloccare. È p
ur vero che dobbiamo usare i muscoli, ma in modo adeguato, verso delle direzioni e delle linee di forza ben precise, che ci rendano in grado di cambiare le stesse linee, mantenendo la pressione costante, evitando i buchi, tenendo vivi i ponti che abbiamo instaurato ed affondando quelli costruiti dall'avversario. Solo in questo modo possiamo fluire. Ecco perché utilizziamo in maniera preponderante la catena muscolare posteriore dei dorsali, dei tricipiti e degli stabilizzatori della spalla, con particolare attenzione a non utilizzare eccessivamente bicipiti, pettorali e spalle. Ora, però, è anche importante liberarci dalla teoria troppo "muscolare", perché rischia di essere controproducente per il praticante. Non vi fossilizzate mai su un muscolo o su un altro. Abbiate una visione olistica, totale, del corpo.

Approfondiamo un momento la questione legata alla forza, alla pressione e alla sensibilità. Partiamo dal presupposto che, secondo la mia esperienza, solo durante lo studio del
Chi Sao si comprende, si affina e si percepisce realmente ed adeguatamente. Nel Chi Sao possiamo approfondire il significato di forza, pressione, stabilità e sensibilità, morbidezza e flessibilità.

Con il termine forza (Li) io intendo l'utilizzo della muscolatura, che permette di sviluppare l'esplosività verso l'avversario, appena si presenta l'occasione, ovvero la quantità di energia sprigionata con un colpo. Ovviamente la forza è allenabile oltre l'Arte in sé, anche mediante l'utilizzo di pesi, esercizi fisici e mirati alla crescita muscolare. Molti ritengono errato usare il termine "forza", perché pensano che la potenza dei colpi debba essere solo di natura tendinea. Io, invece, penso che la muscolatura debba essere usata nella giusta misura: la forza deve essere il risultato della tensione dinamica della muscolatura che viene liberata quando scompare l'ostacolo, oppure quando prendiamo un angolo favorevole. La tensione è indotta in parte da noi (la pressione), in parte dall'avversario, che con il suo attacco carica le nostre "molle". Solo col movimento del corpo si può formare un attacco completo e non solo di natura muscolare.

Con
pressione, invece, intendo l'energia costante sviluppata verso l'avversario, che permette di rimanere in equilibrio e di sbilanciare chi abbiamo davanti. La pressione non utilizza movimenti muscolari di potenza, ma con il solo fluire dell'energia sprigionata dalla corretta postura e dal giusto utilizzo della colonna vertebrale - nonché dall'allungamento tendineo -, aiutandosi con il corretto uso degli angoli di attacco, permette di mantenere una costante energia, che crea un'aurea intorno al praticante, come se fosse immerso in una sfera. La pressione nasce spesso dal corretto utilizzo del gomito e dell'incastro dell'articolazione scapolo-omerale, ma non solo. Non complico ulteriormente il punto, altrimenti rischiamo di entrare in un campo minato.

Con
sensibilità, infine, intendo la capacità di sviluppare una risposta fluida e flessibile agli impulsi emanati dall'avversario, senza mai lasciar da parte gli altri due concetti di forza e pressione. Probabilmente il concetto di sensibilità è quello più frainteso (o dibattuto, dipende dai punti di vista) dai praticanti di Wing Chun di tutti i lineage. Secondo me non deve esistere una sensibilità consapevole. La nostra azione non deve essere il risultato di un processo logico (input-elaborazione-output), ma il frutto di reazioni spontanee di una struttura muscolo-scheletrica abituata ad operare secondo certi principi. Per non appesantire troppo la questione, diciamo che la sensibilità non deve essere un "programma" (processo logico) che gira nel nostro computer (cervello), bensì il "sistema operativo" (struttura). Ad ogni modo credo che l'idea di sensibilità epidermica sia una conclusione cui si è arrivati per cercar di far capire il concetto ai giovani praticanti Wing Chun, ma che li abbia portati ad un erroe grossolano. In breve, ritengo che la sensibilità "a pelle" sia una sciocchezza: come conferma, vi chiedo di provare a fare Chi Sao con le braccia bagnate dal sudore. Lì scompare ogni capacità semplicemente tattile ed entrano in gioco solo le capacità del vostro sistema. Bisogna capire quello che avviene 'ascoltando' l'aumento o la diminuzione delle tensioni muscolari e, in base ai cambiamenti, avere la capacità di lavorare sugli angoli di attacco, modificando le articolazioni in maniera corretta. Dal duro - non rigido -, spesso, nasce il morbido - non debole -. Da qui, un principio che non tratto qui, ora.

Continua...

2 commenti:

Massimiliano ha detto...

Complimenti, per il Suo linguaggio semplice e chiaro. E' la prima volta che trovo queste argomentazioni nella mia lingua madre. Complimenti di nuovo. Ha mai pensato di raccogliere tutte queste informazioni e scrivere un piccolo libro?

Unknown ha detto...

Grazie mille, troppo buono!
Sì, effettivamente penso da tempo di raccogliere tutti gli appunti che ho scritto in dieci anni, ma non so se troverebbe spazio nel "mercato delle arti marziali". Non che mi interessi, ma se non è una "merce" di valore per le case editrici, non me lo pubblicherebbero...
Chissà, forse in pdf, in futuro... ;-)

Grazie ancora e continui a seguire il blog!