Vorrei introdurre la diàtriba sul nostro stile, se esso sia "interno" o "esterno", visto che in molti se lo chiedono e me lo chiedono. Per fare una prima divisione netta, tagliata con l'accetta e per questo forse poco utile al caso, possiamo considerare come "esterni" gli stili che basano la loro efficacia sull'uso dell'energia biomeccanica, mentre "interni" sarebbero gli stili che basano tutto sull'energia interna, il Chi in cinese.
A scanso di equivoci, voglio subito fugare un possibile abbaglio. Il
Chi - "energia interna" - e il
Chi - "appiccicoso" - di Chi Sao hanno due ideogrammi diversi. L'ideogramma che compone il termine "Chi Sao", ovviamente, non è l'ideogramma che sta per "appiccicoso"... Ovvio che poi in ogni tecnica dovrebbe essere presente il
Chi inteso come energia interna. Ma, mi raccomando, non confondete i due termini traslitterati
Chi.
C'è chi nel tempo ha maturato il proprio stile come interno e chi lo ha maturato come esterno. Alcuni hanno sviluppato la componente esterna, tecnico e biomeccanica. Altri hanno lavorato su quanto è relativo al cosiddetto "soffio vitale" o
Chi.
Quando incontrai per la prima volta Sergio Iadarola, notai una nuova forma d'energia, rispetto ai miei studi precedenti. Le braccia vibravano, le gambe pure, nonché la colonna vertebrale. Un vero portento. Io non so dirvi se fosse un'energia interna o se fosse uno sviluppo di tensioni tendinee, ma mi fece una certa impressione...così come me ne fece Massimo Fiorentini, all'epoca suo allievo diretto e caposcuola per l'Italia.
La
Siu Nim Tau, per esempio, viene anche eseguita come esercizio del
Chi: potrebbe essere portato come prova dello sviluppo del nostro stile come stile interno. Ma è possibile eseguirla con movimenti esclusivamente esterni, a riprova che potrebbe essere visto come estile esterno. Il fatto che molti movimenti vengano eseguiti lenti durante l'esecuzione della forma, per esmpio il terzo
set, o anche che si prediliga non utilizzare la forza, rientra nei canoni degli stili interni, anche se, devo esser sincero, ci sono altri 7
set in cui i movimenti sono veloci, caratteristica dello stile esterno...
Ora, se consideriamo l'evoluzione dell'allenamento, man mano che si procede nello studio del sistema, c'è da notare che si arriva ad utilizzare inevitabilmente concetti di stili esterni, ma anche quelli degli stili interni. Come classificare, ad esempio, l'uso dell'
uomo di legno, delle spade co
rte o del palo lungo? Mi pare innegabile che presentino caratteristiche esterne, ma anche interne.
Per farla breve, io penso che occorra andare oltre le solite visioni di interno ed esterno. Ritengo giusto andare alla radice del movimento, studiando le catene muscolari e l'estensione tendinea, nonché l'utilizzo dell'apparato osteo-scheletrico. Nel frattempo, credo sia anche necessario acquisire una buona tecnica di respirazione, che possa avvicinarci all'uso del
Chi in sé. Allenare un movimento esterno è sicuramente più facile di allenare un movimento interno. Comprendere lo stesso da un punto di vista morbido, dell'annullamento dei propri impulsi (in modo da non far capire all'altro la propria intenzione) e del controllo dell'avversario è molto più complicato e richiede molto più tempo.
Vorrei ribadire un concetto essenziale: lo stile interno è quello in cui chi si allena si concentra sulle sensazioni interne dei suoi movimenti. Tutta l'attenzione è incentrata sulle sensazioni e sulla percezione dei movimenti all'avversario. Mi pare scontato dire che nel
Chi Sau, per esempio, ma anche nel
Lat Sau ci siano due componenti essenziali: una buona postura dovuta all'allenamento "esterno", con tutta una serie di tecniche, ma anche un'energia tutta interna, che ci permette di "sentire", cioè di prevedere il movimento dell'avversario.
Scontato dire che molto appartiene al campo della biomeccanica (come posizionare il gomito, a quale altezza colpire, quale muscolo utilizzare, etc.), ma io ci vedo anche una buona dose di concentrazione interna. Non è un caso, infatti, che il nostro
Wing Chun risenta dello stato d'animo con cui lo si pratica. Fateci caso. Persone che si allenano da tempo, sebbene si mettano correttamente in postura o utilizzino la tecnica nel miglior modo possibile, non riescono a trasmettere energia nel modo adeguato. Per me la ragione è da ricercare nella mancanza di questa energia interna, di cui sto cercando di parlare, con tutte le difficoltà legate ad un blog.
Se il nostro fosse solo uno stile esterno, alleneremmo esclusivamente le tecniche, potenziandole, rendendole sempre più pulite e veloci. Io ritengo invece che sia uno stile che ha conservato entrambe gli aspetti. Non a caso, nel
Chi Sau libero, oltre ad una corretta gestione posturale ed alla conocenza di tecniche, incide molto l'energia che si è in grado di esprime e la concentrazione con cui si affronta il combattimento. Fate caso allo sguardo di chi vi sta di fronte, a come si pone nel pre-combattimento... Noi alleniamo sì una posizione corretta, ma anche una sensazione corretta, ovvero una corretta sensibilità che ci possa permettere la previsione dei movimenti dell'avversario.
Un altro esempio di cui possiamo parlare, visto che è l'oggetto dei miei ultimi studi, è il pugno. Io trovo che il pugno base del
Wing Chun sia interno quanto esterno. Allo stile interno appartiene legittimamente perché si dà la priorità alla muscolatura profonda, responsabile dei movimenti "automatici" - o "a molla" -, e dalla cosiddetta forza tendinea ("uate il gomito!", quante volte l'abbiamo sentito dire?). Ma appartiene di buon grado anche allo stile esterno, in quanto utilizza la massa muscolare e la catena posteriore, coinvolte in ogni singolo pugno, partendo dallo scaricamento del peso a terra (piedi) e, passando per le gambe, arriva fino ai dorsali ed al tricipite. Un inciso: l'ipertrofia del bicipite può diminuire la velocità del pugno, anche se spesso è accompagnata da una muscolatura antagonista adeguata; cercate di non utilizzare i muscoli agonisti (bicipite-spalla-pettorale), chiusa parentesi.
Se riflettiamo sull'essenza del lavoro energetico interno, notiamo come esso sia fondamentale per un corretto lavoro esterno, ragion per cui, a mio modesto parere, il
Wing Chun debba essere considerato uno stile completo, per il suo esaltare sia caratteristiche interne che esterne. Tra le attività interne che hanno rilevanza su quelle esterne, posso annoverare: la regolarizzazione della respirazione, un particolare atteggiamento mentale calmo e sicuro di sé, la flessibilità dei movimenti, etc.
Andiamo ancora un po' più a fondo nello specifico. Sapete che abbiamo otto elementi di sviluppo interno ed esterno, nel nostro principio. Sono degli
step, dei passaggi obbligati, dei percorsi che ogni praticante di
Wing Chun deve seguire. Quattro riguardano lo sviluppo esterno, quattro quello interno. In questo caso per "esterno" si intende ciò che è fisicamente visibile, tecnico. Per "interno" si intende ciò che non è fisico o tecnico, ma mentale, interiore, invisibile. In questo concetto è contemplato il
Chi.
I quattro elementi dello sviluppo esterno sono tecnica, potenza, timing, angolazione. Il primo elemento che un praticante dovrebbe studiare è la tecnica, come semplice gesto atletico. La tecnica da sola però non è efficace in combattimento. Serve un altro elemento, che però può essere aggiunto solo se il gesto tecnico è corretto. Una volta acquisito il gesto tecnico si può prendere in esame il secondo elemento: la tecnica può essere supportata da forza/energia/potenza che dir si voglia. Tecnica e potenza però ancora non bastano per rendere efficace il gesto. Serve il terzo elemento, che può essere preso in esame solo dopo che gli altri 2 sono stati acquisiti: il
timing.
Se io faccio la tecnica giusta, con la giusta potenza, ma sbaglio il tempo, ciò sarà inefficace ai fini del combattimento. Ma ancora non basta. A chiudere tutto c'è il quarto elemento: la giusta angolazione (intesa nel senso più ampio del termine). Se faccio la tecnica giusta, con la giusta potenza, il giusto
timing, ma sbaglio gli angoli, non sarò "efficace" (e per efficacia non intendo "andare al bersaglio", ma rispettare i principi del sistema). Però ora accade qualcosa di strano: se faccio la tecnica, con la giusta potenza, il giusto timing e la giusta angolazione, migliorerò anche la tecnica (e il cerchio si chiude), che mi porterà ad usare meglio la potenza, etc.
Gli elementi interni, invece, non sono "fisicamente" visibili all'esterno, ma vanno ad agire sulla sfera mentale/emozionale del praticante. Essi sono: vuoto, immobilità, radicamento, flessibilità. Il primo elemento è il vuoto mentale, che, però, serve ai fini dello studio del vuoto fisico (ecco che tutto torna): fondamentale! Noi siamo come delle lavagne su cui vorremmo scrivere durante la pratica. Se la lavagna è già piena (paure, pensieri, lavoro, ragazze, etc.), lo spazio su cui scrivere è poco.
Come prima cosa, dobbiamo quindi ripulire il più possibile la nostra "lavagna". Solo se siamo vuoti, possiamo passare al secondo elemento, l'immobilità. Per riuscire a stare perfettamente immobili, bisogna per forza di cose essere calmi. Riuscireste a far star ferma una persona in uno stato di panico o di ira? L'immobilità è la chiave che conduce al terzo elemento: il radicamento. Il radicamento ci è utile per migliorare il nostro equilibrio e, specialmente, a rendere più profonda la nostra respirazione. Avete mai notato come cambia la vostra respirazione in base al vostro stato d'animo? Il radicamento potrebbe essere anche tradotto come "affondamento", ma non so se potrebbe rendere l'idea nella stessa maniera.
Detto questo, per "radicamento" bisogna intendere l'intenzione mentale di portare tutto verso il basso. Mi risulta difficile spiegare questa sensazione, cui si arriva dopo anni di pratica. Bisogna pensare che tutto dentro di noi gravi verso il basso, come insegna anche la legge di gravità - ed anche qui, ancora una volta, interno ed esterno si compenetrano -, che in basso ci sia maggior peso e che la nostra respirazione, le nostre idee, tutta la nostra mente vada verso il basso: che "affondi". Non è un caso che, per quel che riguarda l'esterno, abbiamo in mente l'idea di "affondarei gomiti", tenerli bassi, quando non vengono sollecitati. Se siamo arrivati a questo punto e siamo riusciti a svuotare la mente, siamo in grado di rimanere perfettamente immobili e radicati, possiamo avere accesso al quarto elemento: la flessibilità/elasticità. Morbidezza è un termine di difficile spiegazione e a volte "elasticità" rende meglio, ma flessibilità è il migliore, secondo me.
Forse la si dovrebbe chiamare "elasticità morbida". Non ha nulla a che fare con la morbidezza/elasticità tecnica che normalmente si studia, ma è un atteggiamento mentale, anche se, capiamoci, esso ha piena attinenza e ricaduta sulla morbidezza/elasticità fisica! Questa è la condizione che ci permette di avere una consapevolezza tale da poter leggere immediatamente la situazione e adattarsi alla stessa. Ad esempio, quante volte di fronte ad un problema difficile vi siete detti: "ok, calmiamoci" e poi avete trovato la strada giusta per risolverlo? Bene, questa è la flessibilità mentale.
Anche qui, però accade la stessa cosa dei quattro elementi esterni: se riesco ad essere vuoto, immobile, radicato ed elastico/morbido, sarò in grado di essere ancora più vuoto, che mi permetterà di raggiungere un'immobilità superiore, che aumenterà il mio radicamento, che mi farà essere ancora più elastico...e così via in un circolo virtuoso. Si può facilmente capire che gli elementi di sviuppo interno non toccano la tecnica direttamente, ma la influenzano comunque pesantemente "dall'interno", appunto, non essendo assolutamente una cosa slegata. Spero che tutti capiscano che gli elementi di sviluppo interno non si possono solo applicare all'arte marziale, ma a qualsiasi cosa, in maniera particolare al nostro stile di vita.