Ospito con il consueto piacere l'ultimo articolo dell'amico Fabio Rossetti, che ringrazio, come sempre, per gli spunti che ci regala per riflettere. Buona lettura!
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L’arte marziale nelle sue forme insegna a veicolare energia, vale a dire muoverla nel senso yin e yang (ricevere, far circolare, trasmettere).
La parola “energia” riguarda, nella dicitura specifica cinese, le manifestazioni dello jing, del qi e dello shen e dei loro poteri, cioè le caratteristiche energetiche di questi “campi”: il Li, forza, il Qi, energia, lo Yi, intenzione. “Energia”, quindi, in vari sensi e sfumature; si usa la parola “manifestazioni”,” espressioni”, poiché i cinesi parlano di un’unica energia che si manifesta in vari modi in base a precise caratteristiche e funzioni che assume.
Per essere efficaci in combattimento occorre praticare per essere in grado di esprimere forza, energia ed intenzione nello stesso tempo.
Per esempio: sul piano prettamente fisico, quindi del Li, chi sa trasmettere energia non pensa alla durezza della superficie da colpire, quanto a trasferire energia cinetica all’interno, che, propagandosi, genera una vibrazione distruttiva. L’acqua che forma il nostro corpo espande e trasmette questa vibrazione, come un'onda.
L’energia quando penetra è micidiale, da ciò scaturisce il principio del non farsi colpire, diventando dei bersagli difficili da centrare oppure, se colpiti, si impara a scaricarla velocemente a terra o nell’aria attraverso varie modalità, oppure si deflette, disperdendola.
L’effetto squilibrante (distruttivo) si realizza quando si raggiunge con la pratica una capacità di trasferire energia cinetica in maniera sufficiente.
Una persona che pratica arti marziali deve avere comunque una struttura solida, insieme alla sua fluidità, che gli viene dallo scorrere dell’energia nei vari sensi sopra riportati, dalle sue abilità tecniche in chiave operativa, dalla sua comprensione sintetica, pratica ed intuitiva dei principi marziali: l’unione dello yin con lo yang come nel simbolo del Tao.
Molte risposte a ciò si trovano nei principi, basta studiarli per bene e praticarli.
Ad esempio quando spesso, sia sportivamente che per strada, due si “gonfiano come zampogne”, in realtà non si fanno danni rilevanti, tranne qualche raro caso fortuito, proprio perché si è incapaci di trasmettere energia nel vero senso della parola.
Nei movimenti si disperde e si blocca energia a quantità abnormi, arrivando i colpi ad energie minime, anche perché inconsciamente i colpi sono frenati.
Allora botte per svariato tempo, tagli, sbucciature, un dente scheggiato, qualche doloretto, ma quando uno solo dei colpi sferrati assume per un attimo la caratteristica reale di un vero colpo, sia come forza, sia come energia, sia come intenzione, l’effetto è devastante, ovunque si sia colpiti.
Nel combattimento non interessa rompere o dimostrare, quanto evitare oppure neutralizzare, in tutti i suoi significati.
Quindi ci serve equilibrio nelle forme e nei metodi di pratica, studiati e raffinati in modo tale che con un esercizio si praticano contemporaneamente vari aspetti, in modo chiaramente progressivo, facendo sì che la pratica abbia un senso.
Fabio Rossetti