mercoledì 16 gennaio 2013

GM Lin Xiang Fuk a Roma!

Carissimi Allievi, Amici, Lettori,
i invito a partecipare al seminario pubblico sui (十八罗汉散式) Cap Pwee Lo Han San Sik dell'Hek Ki Boen Kun Tao, tenuto direttamente dal Gran Maestro Lin Xiang Fuk, a Roma, nella mia Scuola, alla Romanina, il 26 gennaio 2013, dalle 14:00 alle 18:30.

 Durante il seminario il Gran Maestro vi permetterà di accedere alle conoscenze più profonde del sistema Hek Ki Boen, ponendo l'attenzione sulle applicazioni e sulle strategie di combattimento. 

 Verrete introdotti alla forma 18 LoHan (十八罗汉) ed ai San Sik (散式), cioè la viva applicazione del sistema basato sulla Massima Efficienza, occupando il tempo, diventando lo spazio e rilasciando energia di impulso. 

 Per praticare i 18 Lohan San Sik è necessario conoscere la Formula in 18 punti dell’Hek Ki Boen, che verrà spiegata nel dettaglio: 
 1. Teoria delle Cinque Linee 
 2. Tre Punti di Riferimento, basati sui Dan Tian 
 3. Ottimo Posizionamento del Corpo; Posizione Superiore ed Inferiore 
 4. Struttura Triangolare Tridimensionale 
 5. “Wheel Bearing Body” 
 6. Forma Cap Pwee Lo Han dell’Hek Ki Boen.

Per chi non fosse proprio addentrato nel sistema, spiego un paio di cose. Partiamo dalla differenza tra San Sik (散式), San Sau (散手) e San Da (散打) 散 [sàn] significa rompere, distribuire o dissipare. 式 [shì] viene utilizzato per rendere l'idea di forma o, genericamente, l'aspetto rituale. Insieme, San Sik, può esser reso come "forma di rottura", facendo riferimento al bagaglio tecnico che viene insegnato per combattere.

散手 - San Sau - è usato spesso al posto di San Sik, non ha una grande differenza di significato. Entrambe costituiscono delle piccolo forme, una sorta di tecniche tipo "1-2" del pugilato (per esempio Taan Da o Paak Da), una combinazione di movimenti, come potrebbe essere una sezione di una forma. 


Il sistema dei San Sik non ha una routine molto lunga, come può essere quella di una forma intera, ma ha tutta una serie di sequenze formalizzate in modo progressivo, adatte al combattimento, che poi è l'idea sottesa al 散打 - San Da -, cioè alle tecniche di percussione e rottura, il vero e proprio combattimento. Si tratta, in sostanza, del modo in cui tutti i praticanti rendono il concetto di Boxe Cinese

Per quanto concerne le altre materie del seminario, abbiamo la Teoria delle Cinque Linee, fondamentale per comprendere i concetti di interno e esterno nelle tecniche. Non solo, attraverso questa teoria generale, abbiamo modo di insegnare sin da subito l'esatto posizionamento delle braccia in ciascun movimento. 

Basarsi sui tre Dan Tian, poi, è un altro degli aspetti fondamentali dell'Hek Ki Boen, perché ci dà la linea guida su cui orientarsi durante il combattimento. Abbiamo a che fare con la legge universale del posizionamento verticale della colonna vertebrale di tutti gli stili cinesi che si fondano sui concetti energetici interni.

Sul posizionamento del corpo potrei spendere mille parole, ma, per esser concisi, possiamo capirci benissimo se facciamo tutti riferimento al modo in cui porsi rispetto all'avversario. Il sistema HKB pone l'attenzione su due posizionamenti di massima, che rendiamo come Im Siam e Yang Siam, attraverso i quali dà modo ai praticanti di imparare dal principio il modo in cui lavorare sull'uso del footwork in relazione a quello dell'avversario.

La struttura triangolare tridimensionale rappresenta il disegno geometrico con cui costruiamo il riferimento spaziale di base per non sbagliare le posizioni delle braccia, rispetto a quelle dell'avversario. In pratica, utilizziamo il triangolo per mettere in modo corretto braccia e gambe, non in assoluto, ma in relazione all'avversario.

Sulla forma Cap Pwee Lo Han non dico niente di particolare, perché va assolutamente vista dal vivo per capirne il senso.

Un ultimo appunto sul Wheel Bearing Body, cioè la capacità di separare il corpo in tre sezioni, per permetterne la rotazione, come se ci fossero dei cuscinetti. Lo utilizziamo per dissociare i movimenti delle braccia da quelli delle gambe, oltre ad un ulteriore rotazione del busto, anch'essa separata dal resto.

Per informazioni e prenotazioni, scrivete una mail a info@hekkiboen.it o chiamatemi al 3283421682. Vi aspetto!

domenica 13 gennaio 2013

L’espressione dell’energia: dettagli tecnico/pratici

L'amico Fabio Rossetti ha scritto un altro interessante post, che condivide con tutta la nostra comunità marziale. Leggetelo con cura. Un grazie sentito da parte mia, per la continua collaborazione, che rinsalda un'amicizia forte e sincera. 

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Riguardo al post sull'articolo Espressione dell’Energia, richiedente dettagli tecnico pratici, esprimo questi aspetti generali di risposta con una premessa: chi lascia un post in anonimo scrivesse gentilmente il proprio nome e cognome anche alla fine, almeno per educazione e rispetto di coloro che lo fanno, visto che il blog è pubblico e coloro che scrivono si presentano in prima persona. A volte è anche una disattenzione il non presentarsi, quindi siamo più presenti nonché gentili e cordiali gli uni verso gli altri.

 I dettagli che sono stati richiesti sono proprio quello che con la pratica si impara, da chi insegna ed anche dalle proprie intuizioni e riflessioni. Cerco di esprimermi bene ed in modo comprensibile con termini generali, visto che la stessa risposta può essere formulata in modo diverso secondo chi legge, dipendendo dalle conoscenze, dalla pratica e dalla comprensione del lettore.

 Prendo riferimento dal piano fisico e quindi della forza cinetica: tecnicamente nelle arti marziali vengono insegnati i vari modi per assorbire, far circolare ed emettere forza cinetica. La forza cinetica può essere rilasciata con un'origine che risiede nel proprio corpo e/o assorbita da quella emanata da chi si affronta senza dimenticare il lato di circolazione: ciò lo si trova nei principi dell'energia e del movimento del Wing Chun, ma è un patrimonio comune alle arti marziali. 

 I movimenti geometrici nello spazio, vale a dire le tecniche, sono un ottimizzare questo aspetto e per questo anche il come stare in una posizione è una tecnica di per sé. Ottimizzare vuol dire che nell'ambito del combattimento occorre creare movimenti con certe caratteristiche al fine di uscirne illesi e neutralizzare chi si affronta: il massimo è non subire danni, come tendenza alla perfezione. L’aspetto tecnico è chiaramente supportato da altri principi che sono di natura strategica e tattica, tra i quali il primo è sempre quello di evitare di combattere scontrandosi fisicamente. Da ciò scaturisce che occorre praticare sia con un occhio di sintesi che uno occhio di dettaglio, proprio perché l’unione di questi due rende migliore la pratica; per questo motivo è importante, ad esempio, l’applicazione modulata ( il famoso termine noto come “sparring” ) che cresce di difficoltà sempre più, al fine di cercare di aderire alla realtà di uno scontro. 

 Ogni stile o metodo marziale ha le tecniche ed il modo di eseguirle che considera utili ed idonee per il combattimento, che chiaramente si sono sviluppate in base all'insieme delle caratteristiche del combattimento di dove si è sviluppato: se facciamo una ricerca sulle armi, ci accorgiamo che il modo di forgiarle ed usarle differisce, ma esse si adattano a quel tipo di modo di combattere in quella zona in quel periodo. Che poi ci sia la tendenza a perfezionare gli strumenti per creare un qualcosa valido sempre ed ovunque è quello che spinge le Arti Marziali ad evolvere. 

 Va da sé che un Guerriero Marziale è versatile, vale a dire che è a suo agio con tutte le tecniche: per questo serve un certo tempo ed una preparazione valida. Nella pratica, colui che insegna deve necessariamente far comprendere sia teoricamente che praticamente il perché si eseguono quel tipo di tecniche, con la caratteristica che il teorico ed il pratico siano unite in maniera coerente. Inoltre non serve seguire ciecamente, anzi occorre avere una mente sveglia, farsi delle domande e testare se quello che si apprende è valido oppure no, oppure in parte, se va migliorato, arricchito, sfumato. 

 Nel Wing Chun, ad esempio, quello che è la matrice comune che lega le varie famiglie, scuole, singoli, sono i principi, seppur detti in forme diverse. Spesso le incoerenze venivano colmate con spiegazioni e dimostrazioni che risultavano efficaci per una forte mancanza di informazioni, per la fiducia cieca, per la mancanza di studio, con escamotages verbali, per la mancanza di vedere altri aspetti, fino a che il gioco si è rotto e si sono svelati troppi buchi. Uno di questi è stato proprio l’aspetto di rendere le tecniche capaci di emanare, assorbire e far circolare la forza cinetica, nel vero senso marziale e non nel senso farlocco di come la propinavano. 

 Infatti per fare bene le tecniche e poi testarle in chiave operativa, occorre in primis conoscere il corpo e come funziona, per questo le Arti Marziali di provenienza cinese hanno la base imprescindibile che è quella Arte nonché Scienza nota col nome di Qi Qong: il metodo cinese per imparare a conoscere ed usare il corpo. Aggiungo per chi non ha sufficienti conoscenze in merito, che la conoscenza e l’uso del corpo è una delle componenti del Qi Qong. Nel blog potete leggere l’articolo di Roberto Capponi in merito al Qi Qong Taoista nonché molti libri in merito sono facilmente reperibili ed in commercio. L’arte marziale cinese è Qi Qong adattato al combattimento avente chiaramente aspetti peculiari per quel tipo di funzione operativa. 

 Il Wing Chun è un’idea più vicina al simbolo del Tao rispetto alle altre arti marziali cinesi, poiché ne rappresenta la sintesi, ma di questo ognuno potrà documentarsi e studiare per accertarsi se è così o meno. Ma questo non vuol dire che le altre fanno schifo o siano inefficaci, anzi: un aikidoka vero è efficace tanto quanto uno che fa Wing Chun, così come un karateka vero, così come uno che pratica muai thai, tai chi chuan o comunque un qualunque stile che rimanga nell’ottica del combattimento marziale reale. 

 Quindi attenzione, perché parlo degli strumenti, non di chi lo usa. Quello che conta è l’essere umano e non lo strumento, per quanto abbia una sua importanza anche rilevante. Ricordo inoltre che si parte senza strumenti, poi si impara ad usarli, poi non servono più. 

 Ritornando sull’esempio sopracitato: il Wing Chun è stato insegnato per troppo tempo e da quasi tutti senza la base del Qi Qong nei termini sopra indicati, per questo non si era in grado di applicarlo realmente. Negli sport come sono concepiti nel mondo occidentale, compresi quelli da combattimento, il corpo viene allenato con un modello diverso dal Qi Qong, basato e concentrato sulla capacità muscolare e sulle prestazioni di questi. 

Il Wing Chun venne insegnato in molti ambiti con questo modello, cercando di sopperire alla mancanza del Qi Qong, ma i risultati sono stati sempre limitati e a volte controproducenti. Su questo si è creato un circolo vizioso, con troppi che hanno lucrato, che hanno creato su di sé falsi miti e storie avente il solo scopo di farsi soldi e primeggiare, creato degli atteggiamenti mentali assolutamente egoici negli allievi. Si è creata una catena di persone incompetenti, seppur una parte in buona fede. 

Per fortuna ci sono stati anche coloro che si sono fatti delle domande ed infatti il vecchio sistema si è sfasciato abbastanza, con mio sommo piacere. Spero si disintegri come una supernova. E’ stato desolante osservare e vivere un aspetto spiacevole, che si è sviluppato come naturale conseguenza di un insegnamento mediocre, ingannevole e disonesto: la perdita di fiducia ed il naturale dubbio ed eccessiva prudenza di chi vuole praticare, nonché il fatto che molti praticanti motivati e seri sono diventati erranti oppure hanno smesso di praticare. Sarebbe bello potersi affidare tranquillamente a maestri od istruttori, ma per adesso questo è più che raro, come risultato spontaneo delle negatività che positivamente sono venute a galla, e da ciò tutti cercano garanzie, stanno sul chi va là, e hanno paura di essere fregati. Si chiama squilibrio e ciò non va bene.  

Inoltre osservare come tutti si tengono stretti stretti le loro conoscenze, in modi più o meno velati ci sia sempre il negativizzare altri stili, l’esistenza di molte scuole che hanno un’impronta di setta elitaria, fa sì che oramai sembra assistere alla politica italiana e non alle arti marziali, basate su spirito di servizio, fratellanza e unione di conoscenze, ed anche questo non va bene. L’Italia è come un supermercato disorganizzato, con offerte promozionali, sconti, abbindolamenti. 

 Chi insegna in modo progressivo, dovrebbe tendere a rendere l’allievo migliore sempre, anche perché, quando chi pratica cresce, tutti crescono: se si vuole una scuola valida occorre che non ci siano limitazioni controllate per la paura della perdita della leadership o dei soldi, che sono cose viste e sentite molto spesso. A me è successo di sentirmi dire che il Qi qong non bisognava insegnarlo agli allievi che facevano un corso normale perché chi voleva fare l’istruttore doveva essere superiore sempre: questa si chiama follia, desiderio di supremazia, tendenza al delirio di onnipotenza, ma soprattutto vigliaccheria e disonestà. 

 Quando poi bastava vedere come nel Taichi Quan l’insegnamento del gestire e conoscere il corpo era normalissimo così come in una mia esperienza ad un corso introduttivo sullo Shiatsu! Oppure bastava leggere testi di Qi Qong, di Taichi Chuan per rendersi conto di quanto aspetti base e fondamentali erano completamente nell'ombra oppure non insegnati appositamente. 

 Ho incontrato molti praticanti nell’ambito delle varie scuole, organizzazioni, lineage del Wing Chun, riscontrando la mancanza del Qi Qong . Ciò è cronico anche per molti altri stili cinesi e non, per questo un pugile, ad esempio, ma nessuno lo ammetteva mai, faceva paura: il pugile scarica forza e mena, prende le botte, sta zitto e non è un ricottino delicato come molti che fanno arti marziali cinesi. Ho notato inoltre come gli stessi problemi del mondo del Wing Chun siano identici a quelli delle altre forme dell’Arte Marziale, di provenienza cinese, giapponese e così via: tutte, nessuna esclusa. 

 Da questo è nata, a giusta ragione, la concezione che il Wing Chun non valesse niente e fosse inutile in chiave pratica: veniva insegnata, appositamente o meno, in modo mozzato e monco. Da lì i “famosi” pugni a catena erano farfalline svolazzanti, quando in realtà sono, come ogni tecnica vera, cioè unitiva di geometria e forza, velocissimi e potenti. Così come ogni tipologia di passi nel combattimento sono adattamenti del corpo fluidi nell’azione, mentre insegnati rigidamente rendevano il praticante cementato a terra. 

 Oppure i “famosi” trucchi dei furbacchioni del kung fu, che non si è mai capito cosa siano, se non espedienti di varia natura che dovrebbero colmare incapacità gravi e che funzionano malamente. Per fortuna esistono praticanti che almeno ragionano, che si sono distaccati da quell'insieme di maestri e istruttori versati ad una divulgazione per egoismi personali ed economici, nonché ignoranti. 

 Si sta procedendo a ridare l’anima al Wing Chun, a renderlo vivo e non più sterile e cadaverico come era in precedenza, a far sì che le tecniche siano vie di forza e non semplici contenitori, dando anche una modificata agli atteggiamenti sbagliati, piccoli modi di pensare letali e tutto ciò che di fatto ha reso il panorama marziale italiano una fogna piena di capiscuola ed istruttori senza arte né parte. 

 Quindi quando si impara, presupponendo che l’allievo sia serio e preciso e non un perditempo, dovrebbe semplicemente ricevere progressivamente un’insegnamento teorico e pratico coerente: per esempio se pratico una tecnica di pugno dovrò sapere perché faccio quel movimento, perché la forza cinetica sarà adeguata, perché la sua geometria è valida, e soprattutto dovrò praticare un metodo che consenta di far sì che si possa realizzare l’emanazione, la circolazione e l’assorbimento della forza cinetica in maniera fluida, oltre a tutto il resto chiaramente. 

 Chiedete e cercate il tradizionale, se volete praticare uno stile tradizionale, il resto sono adattamenti grezzi creati con scuse più o meno mascherate per ampliare il mercato. E la scusa che gli occidentali non sono pronti oramai puzza di vecchio. Gli esercizi tradizionali portano a raffinare movimenti grezzi, ma se si continuano a dare esercizi tradizionali “adattati” cioè grezzi, dopo poco ci si ferma e creeranno un ulteriore blocco. 

 Ogni esercizio tradizionale ha vari modi di essere eseguito, ma non va alterato, bensì raffinato. E gli esercizi tradizionali sono quelli che provengono dal modo di gestire il corpo del Qi Qong, ed il Wing Chun e le sue forme non ne possono prescindere. 

 Fabio Rossetti