martedì 11 gennaio 2011

Ridimensionare il Wing Chun per valorizzarlo

Alcune volte mi viene chiesto il motivo per cui continuo ad utilizzare parecchio del mio tempo per scrivere e portare avanti questo blog. Me lo chiedo pure io! Ahahah... Scherzo, ovviamente, perché un motivo c'è e voglio spiegarlo a chi legge ciò che scrivo (detto tra noi, sono state superate le 51 mila visite), magari da poco tempo, non conoscendomi dal vivo. Cercai di spiegare il motivo della nascita di questo spazio virtuale, chiarendo subito il punto focale: "questo diario di bordo virtuale rappresenta una vera e propria raccolta di appunti, perché penso che il mondo che ruota attorno al Kung Fu - in special modo al Wing Chun - sia davvero in cattive condizioni, sia dal punto di vista conoscitivo, sia da quello economico".

Mi cito nuovamente, per tornare a sottolineare il senso del mio lavoro: "io penso che ci sia assoluto bisogno di abbattere il sistema mercantile che sta dietro a quest'arte marziale. [...] Qual è il mio obiettivo principale? Tentare di arginare il settarismo, che è la morte di questo sistema!", scrissi all'ora. Lo penso ancora di più oggi, anche se non ho raggiunto i risultati che mi ero prefisso, cioè di creare una rete di collaboratori per mettere in piedi un sito internet ed una rivista specializzati, per affrontare anche dal punto di vista teorico la nostra Arte Marziale.

Ad oggi, ritengo necessario ridimensionare il Wing Chun, perché è stato eccessivamente esaltato da troppe persone, facendone quasi l'Arte Marziale Suprema (?!), senza mai dimostrare con i fatti che lo fosse. Non parliamo, poi, di ciò che viene pubblicato in rete sotto il nome Wing Chun, perché ho più volte puntato il dito su questa manìa di protagonismo che ha portato la nostra Arte Marziale alla rovina. Non è un caso che per aprire un corso in una palestra, se i gestori conoscono ciò che viene spacciato per Wing Chun, ti creano parecchi problemi, fino a quando sei costretto a dimostrare le tue capacità... Io li capisco perfettamente, alla luce dei fatti.

Di solito, i soggetti che praticano una disciplina non capiscono bene sin dall'inizio cosa fanno. Spesso passano anni prima di comprendere cosa si sta allenando, con precisione. Per questo è bene continuare a chiarire di cosa si tratta quando si pubblicizza il Wing Chun. Però, come in tutte le cose, la coscienza di sé viene spesso acquisita tramite ciò che gli altri ti dicono, perché abbiamo sempre bisogno di uno specchio che rifletta la nostra immagine.

Lì non si può, poi, intervenire, dicendo che si è particolarmente diversi. Purtroppo il giudizio esterno, di chi ti vede, è insindacabile, perché è la percezione che si è data di se stessi. A quel punto, allora, bisogna porsi delle domande serie su ciò che si pratica. Questo è uno dei motivi che hanno condizionato la mia scelta di allenare il Wing Chun in modo via via diverso da quando inziai a studiarlo.


Sicuramente le critiche degli amici che praticano Sport Da Combattimento, così come quelle di chi si cimenta nei circuiti più spinti delle Arti Marziali Miste, hanno portato i loro frutti. Non è un caso, infatti, che il mio allenamento vede un 50% di lavoro tradizionale - armi, manichino, forme, Chi Sau, Lat Sau - e un altro 50% di lavoro con colpitori, esecuzione di circuiti, etc. L'unica cosa che continua a lasciarmi perplesso è il ring.

Non so se una preparazione specifica per affrontare un combattimento sul ring sia l'unica cosa che mi spinge a non considerarlo fra le mie aspirazioni. Alcuni pensano si tratti di semplice e genuina paura, ma non credo che sia questo il punto. Il problema principale, forse, è la mancanza di una tradizione consolidata di combattimenti sportivi e, quindi, di una schiera di Maestri di Wing Chun preparati per questa opzione.

Sicuramente incide anche il lavoro, che spesso non permette di affrontare i contesti sportivi, perché questi abbisognano di un tipo di allenamento sostanzioso anche dal punto di vista atletico, che non tutti si possono permettere. Non sarebbe bello, poi, presentarsi il giorno successivo all'incontro al lavoro con il naso rotto, il sopracciglio tagliato o con il viso gonfio... In effetti mi sono sempre chiesto come facciano a vivere gli agonisti degli Sport Da Combattimento alle prime armi. Ci sono premi così bassi in palio che proprio non capisco come facciano a campare.

Eppure, la ragione principale non sta nelle cose appena dette. Per me il Wing Chun rimane una grande passione, che prende la maggior parte della mia giornata, il pensiero fisso da quando mi sveglio a quando vado a dormire, ma, soprattutto, un'Arte Marziale dalla tradizione centenaria - o millenaria, a seconda se lo si consideri o meno uno stile di Siu Lam -, con un codice di condotta che va sempre rispettato. 

Salire su un ring o entrare in una gabbia significa giocare al massacro con un'altra persona. Per quale motivo? Nessuno di quelli che mi vengono in mente corrispondono al Mou Dak, 武德, all'etica marziale. Ai più suonerà come una scusa, a pochi come il richiamo ad una tradizione da seppellire, ma, forse, e sottolineo forse, nella testa di qualcuno ci sarà maggiore chiarezza, perché si tratta del proteggere e del perseguire un codice d’onore.

Il Wing Chun si pratica per ottenere livelli più elevati di consapevolezza di sé e di ciò che interagisce con noi. Oltretutto il nostro codice ci impone lo Jin Bao (禁暴), il trattenersi dalla violenza, quando non è necessaria. Fino ai giorni nostri, lo studio dell’arte del combattimento è stato oggetto di osservanza delle cinque virtù fondamentali Wu Chang (五常) indicate dal Confucianesimo: Ren (仁), la benevolenza, l’umanità e la bontà; Yi (义), la giustizia, la rettitudine e l’equità; Li (礼), l’ordine, le regole di condotta e l’ideale; Zhi (智), la saggezza, l’intelligenza e l’ingegno; Xin (信), la verità, il tener fede alla parola data, la sincerità e la coerenza. Queste virtù regolano sia i rapporti all’interno del Kwoon (la Scuola) sia il comportamento del praticante in seno alla società e costituiscono una caratteristica per poter proseguire il proprio cammino nelle Arti Marziali Tradizionali.

Se queste sono le nostre norme, allora tutto appare più chiaro. Il codice non va lasciato da parte. Possiamo valorizzare la nostra Arte Marziale solo rispettandone la tradizione, non tanto dell'allenamento o delle tecniche, ma, cosa ben più profonda, utilizzandola solo in situazioni di vero pericolo e non per vincere premi, per avere riconoscimenti o fama.

Ciò non esclude che l'ammirazione ed il rispetto per chi si cimenta nei circuiti di combattimento sportivo rimangano immutati, perché il coraggio che serve a chi sale su un ring o entra in una gabbia è indubbiamente da elogiare. Però non si chieda di provare ciò che si studia in un contesto come quello. Non si tratta di andare a vedere se un Paak Sau è funzionale quanto un Jab o se un Diretto è migliore di un pugno verticale lanciato... Sono cose che a me non interessano, perché la funzionalità va sperimentata nel quotidiano allenamento in palestra, con più persone possibili, del proprio stile o di altri. Concorriamo tutti nel ridimensionare il Wing Chun, sono d'accordo, ma per valorizzarlo, non per metterci una pietra sopra!

6 commenti:

Unknown ha detto...

Questo è il post più bello che ho visto finora, oltre che un accorato appello affinchè si ritorni davvero all'origine dell'arte marziale, emarginando tutto l'apparato commerciale che oggi c'è dietro.

Sul discorso del combattimento nel ring ho letto molto anche in tanti forum, io ribadisco sempre che la differenza la fa il praticante e non l'arte marziale/sdc di turno, non ce n'è una migliore in assoluto.
Altrettanto importante è però il confronto anche e forse sopratutto con chi fa solo SDC, i quali a loro volta possono trovare importanti riferimenti o spunti da chi pratica AM tradizionali, questo è il vero spirito marziale, non accusarsi a vicenda di vigliaccheria o ignoranza o chissa che altro, come troppo spesso si vede fare, specie nei sopra citati forum.

In questo universo malato e pieno di buchi neri che inghiottono soldi e passione di tanti praticanti, mi fa estremamente piacere vedere che c'è ancora chi nell'arte marziale tradizionale ci crede, così come nei suoi valori, e va in cerca della verità e della conoscenza di se stesso. Mi dispiace solo di non poter frequentare il tuo corso, continua così!
un abbraccio da un altro appassionato praticante, Matteo.

Anonimo ha detto...

Concordo ..Un analisi..di un marzialista tradizionale
Il rifiuto..del ring ..proviene dalla consapèvolezza che allenare..l'uno..toglierebbe tempo alla tecnica a mani nude ...che è il sale e tiene viva..L'Arte.
Questo non avviene in oriente o comunque per i pochi professionisti..presenti in Italia che riescono a praticare tradizionale(forma ,mani nude ,armi,esercizi di qi gong ecc) &
combattimento (sanda ,lei tai etc)
Il tempo è alla base ..del succo che ogni bravo insegnante..deve versare ai suoi allievi..(10 ore settimanali quando si è fortunati)
Fabio Sbarbaro

Unknown ha detto...

Caro Matteo,
è una gioia leggere commenti del genere, perché mi danno la carica per continuare a scrivere.
Grazie davvero.
Un saluto,
Riccardo

Unknown ha detto...

Bellissimo articolo che condivido in pieno. Per la mia sensibilità non potrei mai salire su un ring ed ammazzare di pugni, calci e gomitate un'altra persona, un fratello, un ragazzo come me che non ha fatto niente di male. Combattere per difendersi o interrompere un sopruso è una cosa, disintegrare (o farsi disintegrare da) una persona per una coppa o del denaro la trovo una cosa deprimente, tristissima, poi dipende da cosa uno vuole nella vita (più o meno consapevolmente, perché molti usano il ring come un luogo di rivalsa sociale, un posto in cui affermare il proprio ego per chissà quale complesso irrisolto...)
In ogni caso non trovo sensato il discorso di chi sostiene che "se non funziona all'UFC, allora è una stronzata inutile", ma qui è in gioco la concezione globale di "arte marziale" che ciascuno ha, e se ne potrebbe parlare all'infinito...
Complimenti Ric!

Unknown ha detto...

Un grosso ringraziamento al Maestro Fabio Sbarbaro per l'intervento!
Un caro saluto

Unknown ha detto...

Grazie Alessandro, onorato di ricevere commenti del genere!