lunedì 24 settembre 2012

Nascita di una Guerriera

Mi scuso con tutti i lettori ed amici se in queste ultime settimane sono stato poco presente, ma ho avuto un gran da fare con l'arrivo della mia piccola Guerriera. Ieri, alle 6:10, è nata la mia Beatrice, che ha dimostrato da subito di essere forte, coraggiosa e valorosa. Mi spiace non poter dedicare molto tempo al blog, ma come capirete, Lei viene prima di tutto il resto. A rileggerci presto!

女兒出生

lunedì 10 settembre 2012

Il Kung Fu a Roma

Oggi inizia il nuovo anno di allenamenti alla palestra della Romanina, Via Francesco Di Benedetto, 414, a Roma. Alle 17:30 ci sarà una presentazione informale del corso di Shaolin Hek Ki Boen Kun Tao per bambini ed adolescenti, in attesa dell'evento ufficiale, in cui sarà data a tutti la possibilità di provare il sistema, anche ai genitori! Alle 21:30 prenderà il via il corso di Wing Chun Kyun - Boxe Cinese, sotto l'egida dell'Ente di Promozione Sportiva C.S.A.In., con la consueta presentazione ed il benvenuto ai nuovi arrivati.


Da quest'anno i miei corsi daranno modo di accedere ad esami per passaggio di livello. Già, avete letto bene, i livelli. Ho finalmente deciso di formalizzare il percorso didattico, adesso che ho la possibilità di rilasciare attestati ufficiali che abbiano valore legale in Italia, cosa che il 99% delle associazioni e federazione varie non fanno. 

Ogni livello sarà rilasciato dallo C.S.A.In., non da una associazione o un'altra. Ricordatevi che ogni livello, grado o cintura di una associazione o federazione ha valore nella stessa, ma non all'esterno. Questo ingenera la maggior parte dei problemi quando si transita da una all'altra, non essendoci titoli equipollenti. Ancora più difficile il percorso di riconoscimento del  titolo di "insegnante", se è stato dato "solo" dalle suddette...

A breve pubblicherò il percorso didattico che ho formalizzato, in modo tale che tutti sapranno cosa dovranno studiare per passare gli esami. Non nascondo che questo passo mi stia portando via parecchie energie, ma è mia ferma volontà quella di dare a tutti gli Allievi la possibilità di conoscere il percorso didattico in modo chiaro, preciso e dettagliato. 

Questo diventerà il polo del Kung Fu a Roma, ve lo assicuro, perché sto mettendo tutte le mie energie e le mie capacità a disposizione del progetto di formazione di una Scuola seria, professionale e, soprattutto, professionalizzante. Sarò lieto di incontrare tutti gli aspiranti Insegnanti che avranno voglia di crescere insieme a me nell'alveo della Tradizione, senza dimenticarsi che viviamo nel 2012. Buon inizio anno a tutti!

Kung Fu Roma


giovedì 6 settembre 2012

Equilibrare il dolore

Oggi ospito un articolo dell'ottimo amico Fabio Rossetti, che non scriveva da qualche tempo. Stavolta ci fa riflettere sul dolore e sulla sensazione che questo genera in ognuno di noi. Mi pare sempre molto utile questo modo di lavorare e di condividere le proprie sensazioni, proprio perché ci inducono a parlarne, a riflettere e discuterne tra noi. Sono sempre benvenuti testi di questo genere. Grazie ancora a Fabio! Buona lettura!

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 Il dolore è la componente fisica principale sulla quale si giocano molte cose, al quale si possono agganciare la paura, il controllo, la dominazione, il comando, il terrore, la sofferenza interiore. Il dolore è una vibrazione d’energia a livello fisico, che scatena blocco, rabbia, incoscienza, reazione violenta, panico: il dolore nasce da un blocco di energia e da una trasmissione d’energia concentrata e potente, creando uno shock

 La risultante interazione fisico, astrale, mentale, crea delle corrispondenze di reazioni che sono naturali,  meccaniche. L’importante è che occorre gestire il dolore, fino ad arrivare al risultato che esso non deve influenzarci, pur essendone coscienti e sentendolo, poiché comunque serve per una serie di cose, in un modo trasformatorio che conduce all’equilibrio, all’armonia. Questo non vuol dire cercarlo come un flagellante, poiché il praticante intelligente sa che è un aspetto che fa parte del percorso, quindi uno strumento, un passaggio temporaneo, un mezzo e non sicuramente il fine e il centro della pratica. 

 Chi si addestra progressivamente lavora per raggiungere precisi obiettivi: 
  1. il primo consiste nel non avere paura e timore del dolore, cioè non entrare in vibrazione emotiva bloccante, che fa perdere la presenza e la concentrazione;
  2. il secondo consiste nell'accettare il dolore quando arriva e non reagire d’impulso emotivo, quindi studiarlo ed assorbirlo per poi scaricarlo;ù
  3. il terzo consiste nel sopportarlo, quindi la soglia aumenta, non quella del sentire il dolore, quanto quella che fa mantenere la presenza e quindi la centratura. 

 Subire un colpo porta dolore, ma è sempre energia che arriva e imparare a gestirla, ad equilibrarla con coscienza, dona delle possibilità. Chi desidera essere un Guerriero, fa sì che si metta nella condizione tranquilla di accettare, comprendere e mantenersi presente e centrato sempre. Il suo centro è l’armonia. Quindi è chiaro che con la pratica la resistenza al dolore aumenta, seppure lo si sente bene: inoltre la spiccata sensibilità acquisita lo fa sentire in tutta la sua interezza, ma con la preparazione avente come base la determinazione e la tranquillità, creano una gestione dell’energia che consente di resistere mentre si agisce.

 Spesso si vedono molte persone che alla minima percezione di dolore per un colpo fanno una scena degna di un film di alto calibro, da chi, essendo egoico, si fa rodere perché è stato toccato a chi fa lo stuntman rimbalzando come una palla. Consiglio vivamente di cambiare atteggiamento, poiché la pratica marziale è ben altro e non insegna quelle scene patetiche e ridicole. Ripeto di nuovo che ciò non vuol dire essere al contrario, cioè quelli che invece pare debbano sentire dolore e incentrare la pratica su questo. L’intelligenza del praticante e di chi insegna è nell'equilibrio che conduce all’armonia. 

 Il corpo, che ha una sua intelligenza, reagisce subito al dolore e con la pratica lo si educa a reagire con coscienza; infatti per ciò che riguarda il ripristinare l’equilibrio scosso dal dolore, ogni nostra cellula corporea, che è dotata di intelligenza, fa una cosa semplice ed efficace: impara. 

 Questo poiché il lavoro cosciente sul corpo fisico fa passare a livello istintivo delle cose che poi automaticamente si attivano. L’aspirante Guerriero imparerà, cercandoli, i modi e le terapie anche per guarire e per intervenire rapidamente. Dove non riesce va da un guaritore. 

 Shiro Saigo in un suo passo sulle arti marziali recita la condizione del Guerriero: 
Il vero Bushi mantiene il suo state mentale davanti a qualsiasi avvenimento, non prova timore e turbamento davanti all’attacco di una lama scintillante e, per quanta grande possa essere la sua sofferenza, non trema per l’acqua e per il fuoco, si mantiene impassibile davanti alle difficoltà e ai peggiori affronti e non s’inorgoglisce per la più brillante delle sue azioni. La ragione del suo potere risiede nel fatto che egli ha saputo capire la vera natura dell’ Arte Marziale
  Il dolore non deve mai essere una catena, un peso, una limitazione, altrimenti non sarà mai possibile esprimersi al 100%. Per combattere liberamente dentro di noi, in noi non ci deve essere l’esitazione, ma la determinazione. 

 Chi ha incarnato il detto che si può morire da un momento all'altro, è in uno stato di profonda consapevolezza della vita e della morte, quindi niente lo influenza, niente crea interferenze. Essere disposti a morire, a pagare il prezzo più alto, libera spontaneamente da esitazioni e da blocchi, compreso il dolore e la paura del dolore. 

 Può essere fatto in modo cosciente e incosciente: è preferibile sempre la coscienza, ma quando la motivazione dipende da una azione necessaria per rendere un servizio fondamentale e necessario per il bene degli altri, allora il Guerriero diventa azione pura e libera

 Fabio Rossetti

domenica 2 settembre 2012

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sabato 1 settembre 2012

Le Forme ed il senso della progressione nel Wing Chun - Seconda parte

Continuano le riflessioni del nostro buon Pasquale "Guido" Mazzotta, che stanno riscuotendo parecchio successo nella comunità italiana del Wing Chun. Questo mi rende particolarmente felice, perché significa che stiamo seminando bene e che la cultura del nostro sistema si sta diffondendo. L'articolo che segue fa il paio con i due che scrissi tempo addietro, che trovate qui e qui. Ringrazio anche tutti gli amici ed i lettori che ci stanno inondando di email di ringraziamento per gli articoli che presentiamo qui sul blog: è un piacere! Adesso vi lascio alla lettura dell'articolo sulla forma Biu Ji, senza dilungarmi ulteriormente. 

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標指 [biāozhǐ] - Biu Ji - Lanciare le dita (come frecce)

Terza e ultima forma a mani nude del sistema Yip Man/Leung Ting, la 標指 [biāozhǐ] - Biu Ji - si focalizza, come si può dedurre già dal nome, sulla capacità di emettere una forza che giunga fino alla punta delle dita o, meglio, che venga generata dalle dita stesse. Molto spesso si commette l'errore di considerare Biu Ji solo l'omonimo "colpo" (vedi Biu Jee Sau標指手), che rappresenta solo la più intuitiva applicazione di questa capacità. 

In realtà nella progressione dell'apprendimento, Biu Ji rappresenta uno degli scalini, nello specifico quello relativo alla capacità di trasferire l'energia dalla punta delle dita, al di là della tecnica utilizzata. Questa abilità dovrebbe essere visibile nell'esecuzione della forma, che non consiste tanto (o, almeno, non solo) nell'apprendimento di nuove tecniche, ma, una volta compreso come costruire ed affondare i ponti nelle precedenti forme, la Biu Ji ben eseguita mostra e permette di allenare l'abilità del lanciare le dita (e tutti i movimenti in generale) come fossero frecce. 

Prendiamo il caso specifico della rotazione delle braccia, 滾手[gǔnshǒu] - Kwan Sau -, in cui si alternano Taan Sau e Bong Sau, movimento che appare nascostamente sin dalla Siu Nim Tau nella versione di SiJo Leung Ting, ricompare nella Cham Kiu, ma mostra la sua maturazione nella Biu Ji proprio all'insegna del Faat Ging (發勁 [fājìn]), di cui sopra. Lo stesso movimento cambia prospettiva ed utilizzo nella forma del GGM Yip Man al manichino di legno, Muk Yan Jong (木人樁), dove assume un connotato Terra, che ci aiuta a mantenere intatta la struttura quando ci muoviamo (...ma questa è un'altra storia!).

Tornando al Faat Ging (發勁 [fājìn]), è inutile ribadire che questa capacità non può essere assimilata se non partendo dalle basi costruite e consolidate in precedenza. In altri termini, lanciare la freccia è possibile solo se siamo stati capaci di costruire un arco, ma, soprattutto, se siamo stati in grado di tenderlo, nella fase di studio precedente.

Biu Ji è fondamentalmente un concetto offensivo rispetto alla forma precedente in cui cerchiamo e costruiamo il ponte con l'avversario. Propriamente il concetto si può esprimere con il 搭橋 [dāqiáo] - Daap Kiu - unire il ponte, che costituisce un asse portante della nostra pratica. Successivamente alla costruzione, impariamo ad attraversarlo e, se è il caso, affondarlo attraverso la capacità di 沉身 [chénshēn] - Cham San -, affondare il corpo.

Con la  Biu Ji il movimento tende ad espandersi maggiormente, ad andare più in profondità, disinteressandosi dei ponti altrui ed eventualmente travolgendoli come un tornado che non si arresta sull'impatto. Si crea un movimento sicuramente più offensivo, che mira, come dice Leung Ting, a sacrificare 3000 dei miei uomini per abbatterne 10000 [su questo motto ci sono diverse riserve, ma prendiamolo per buono, N.d.R.]. In questo senso in  Biu Ji stiamo imponendo il nostro ritmo di tornado piuttosto che comportarci come l'acqua del mare della Cham Kiu.

Non ci stiamo armonizzando con l'avversario prendendo in prestito la sua forza, ma stiamo tagliando il suo tempo, con la nostra intenzione ed il conseguente ritmo - ciò non significa che necessariamente si debba aumentare la velocità -, ed il suo spazio, diventando propriamente lo spazio. Diventiamo noi stessi, quindi, spazio (in modo assoluto), al di là del momento presente, trascendendolo.

L'intenzione è la cosa fondamentale e se proprio dobbiamo prendere in prestito qualcosa dall'avversario, si tratta del suo vuoto intenzionale o della sua discrepanza tra l'intenzione e il movimento, cosa che ci lascia il via libera per il cosiddetto quinto petalo, visto che siamo ad uno stadio del nostro percorso in cui studiamo i movimenti sul classico disegno a cinque spazi...

In ogni caso, riportando la conversazione a un livello più fisico, più tecnico e più comprensibile, prima si attacca e poi, eventualmente (direi quasi in emergenza, laddove il mio attacco abbia aperto, com'è naturale, dei varchi in cui il mio avversario abilmente sia riuscito a infilarsi) si raccoglie. Ricordiamoci che nel nostro sistema vige la regola del difendersi da un attacco attaccando (以打為消), che nella forma Biu Ji diventa colonna portante! Al contrario in Cham Kiu prima si raccoglie e poi eventualmente si attacca.

Non dobbiamo dimenticare che Biu Ji impone l'idea stessa di attaccare piuttosto che difendere (potremmo dire un'azione di puro striking) e  difendersi da un attacco attaccando (azione di cosiddetto counter-striking).

Quando si parla di cuneo nel Wing Chun è proprio alla Biu Ji che dobbiamo pensare, perché è qui che troviamo esaltato questo concetto, non tanto ai livelli precedenti. Infatti nella terza forma ci si infiltra nell'avversario e vi si scivola dentro (Lao), molto di più che nella fase precedente, dato che il tutto si gioca in un istante.

Ricordo anche che essere offensivi non vuol dire, in termini Wing Chun, essere bramosi di colpire. Anche in un movimento offensivo bisogna comunque essere equanimi e non lasciare che il corpo, lanciato offensivamente, trascini dietro di sé la mente.

Allo stesso modo il footwork della Biu Ji diventa veramente più offensivo. Penso che sia veramente un peccato che i passi del sistema, che mostrano la loro vera essenza e versatilità nello studio della terza forma e del manichino, siano così poco capiti o negletti e messi da parte, in favore di dinamiche prese altrove, quando, per usare le parole di Leung Ting stesso (usate anche dai suoi predecessori) "benché le tecniche di mano siano ingegnose, è nel footwork la vera essenza del sistema". Persino le gambe seguono il concetto di Biu Ji ed è per questo che il footwork tradizionalmente legato alla stessa forma è anch'esso più offensivo e insidioso, rispetto a quello proprio della Cham Kiu.

Pasquale "Guido" Mazzotta